Loredana Bertè ci insegna che non è mai troppo tardi, al massimo troppo presto. Ma noi facciamo sempre così: vogliamo a tutti i costi che i nostri artisti preferiti conducano una vita “spericolata”, se non maledetta, salvo poi guardarli con superiorità e moralismo quando lo fanno davvero, commiserandone (e a volte persino deridendone) gli ovvi eccessi, le inevitabile cadute e i momenti no.
Di ho un’idea, questa: che per la sua rinascita fosse fondamentale soprattutto la percezione che noi (grande pubblico) abbiamo di lei come cantante e basta, e dunque sarebbe iniziata quando avremmo smesso di guardarne con morbosità la vita privata, di anteporne il tragico trascorso personale alla musica. E certo, però, per un eventuale suo ritorno sarebbe stato decisivo anche un contributo strettamente musicale: delle canzoni che la rimettessero davvero al centro, ben scritte e inserite nella cornice dei tempi, decisamente più di quelle fuori fuoco inanellate a cavallo fra gli anni zero e i primi dieci.
Bene: oggi possiamo dire che Loredana ce l’ha fatta. Che ha risalito la china, ha resettato il suo percorso dopo stagioni in nero ed è ripartita. Oggi, soprattutto, possiamo dire che a quasi settant’anni Loredana sia di nuovo una popstar come nel 1979, ai tempi di E la luna bussò, solo parecchio aggiornata: ha appena cantato un pezzo con Rovazzi e J-Ax (quella Senza pensieri già designata prossimo tormentone), e l’ha fatto da protagonista, da regina dell’airplay della scorsa estate e di questa (con Tequila e San Miguel) e da una delle MVP dello scorso Sanremo, dove si è presa una standing-ovation.
Chiaro, la risalita è stata in chiaroscuro, ma sempre costellata di tenacia e di una voglia di rimettersi in gioco cruciale per un’artista di lungo corso come lei. Una prima svolta, dopo stagioni di black-out, l’aveva segnata l’antologia Amici non ne ho… ma amiche sì! (2016), oltre alla (tanta) tv. Poi lo scorso anno la rinascita, quella vera e certificata, con la collaborazione coi Boomdabash nel brano Non ti dico no, che le ha riaperto airplay, dancefloor da spiaggia e – di conseguenza – i cuori delle nuove generazioni: questa è la sua vecchia, nuova dimensione. Il pezzo è stato un tormentone di cui ancora sentiamo l’eco, il più passato dalle radio per nove settimane, e il merito è – oltre che della produzione appiccicosissima – proprio della sua voce e della sua interpretazione. Basta vedere cosa ha combinato il gruppo pugliese con Alessandra Amoroso quest’anno, che risultati incredibilmente più banali abbia raggiunto la loro Mambo salentino, per realizzare la portata pop della Nostra.
Il punto è questo: Loredana Berté è una popstar come quarant’anni fa, quando cantava i classiconi E la luna bussò e Non sono una signora, e ad ascoltarla oggi pare passata una vita da allora e, al tempo stesso, neanche un mese. Sembra uscita da un varco spazio-temporale, intatta eppure cambiata, dimenticata, riscoperta, comunque mai davvero sparita. Attuale. In “Non ti dico no”, come nel altre recenti produzioni, non c’è l’ombra di un lifting o di un’operazione nostalgia, né l’idea di trovarsi davanti a una carovana di reduci dal fronte fuori tempo massimo. Al più un vago effetto vintage, comunque cercato prima che voluto, oltre a un’autoironia che le conferisce una credibilità imprescindibile per chi si sguazza in quello stagno. La stessa autoironia che l’ha portata a duettare con Rovazzi e J-Ax nella nuova “Senza pensieri”, dove è entrata – dicevamo – da protagonista.
Al contrario di quando, nel 2017, in Volare Gianni Morandi si prese il posto più per meriti di riconoscibilità che di attualità artistica (e ci sta, visto il tipo dell’operazione), qui gli equilibri sono diversi: a Rovazzi serviva una voce femminile e popolare, e la scelta è ricaduta proprio su di lei. Neanche fosse appena uscita da X Factor, neanche fosse la next big thing italiana.
Ora Loredana Bertè si gode un’altra estate senza riciclaggi, in cui suona a proprio agio sopra produzioni spinte e commerciali pur cantando con la solita cattiveria, senza comunque prendersi eccessivamente sul serio. È un pop leggero quello che mette sul tavolo, senza la pretesa di risultare melodrammatico ma con la grazia di non essere urticante che solo una Signora della musica italiana come lei può permettersi. La stessa che mantiene in piedi il reggae stralunato e incallito di Tequila e San Miguel, l’altra hit (tra l’altro molto avanti alla scorsa Non ti dico no) con cui si fa trovare in giro per i prossimi mesi: scritta da Calcutta e Tommaso Paradiso e prodotta da Takagi & Ketra, dimostra come possa convenire andare a nozze davvero con tutti i nuovi alfieri della radiofonia pop, qualunque sia il loro background. In mezzo – poi – Sanremo, parola d’ordine “versatilità”: perché una popstar sa essere disinvolta su frivolezze come su brani d’autore come l’elegante Cosa ti aspetti da me, scritto su misura per lei da Gaetano Curreri praticamente come una palestra per la sua vociona.
E insomma, è lei la popstar italiana della nostra estate: lei che ha quasi settant’anni e ha passato tante stagioni sotto silenzio per poi, con naturalezza e senza strafare, ritornare attuale come lo era agli inizi degli anni Ottanta: sulle spiagge, nelle radio, nei posti che le competono.