Frank Zappa una volta disse che scrivere di musica è come ballare di architettura. E aveva ragione. Spiegare Franco Battiato è un po’ la stessa cosa. Mi è sempre piaciuto fare il gioco delle “categorizzazioni bipolari”. A vs B. È più forte di me. Ecco fra i miei tanti “il mondo si divide tra” preferiti c’è sempre stato quello riguardante lui. Il mondo si divide tra chi dice “non capisco Battiato” e chi lo ama. Chi dice di non apprezzarlo, per quanto mi concerne, non è nemmeno di questo mondo. Credo abiti la lontana galassia di Bruttezia o Immondoland.
A ben vedere In Italia abbiamo sempre avuto due “Batt-” di riferimento. Da un lato “-isti”. Popolare, apparentemente facile, democratico. Per tutti. Un po’ come la pizza. Che buona la pizza con la birra. E poi “iato”. Immenso, un po’ aristocratico forse, a tratti naïf, ma molto più pop di quanto si possa pensare. Anche nel suo modo di essere sempre avanti a tutto e tutti. Prima di tutte queste paccottiglie di “piccoli Gigi Sabani”, imitatori prima che ispiratori, convinti di fare avanguardia solo per il fatto di indossare scarpe con zeppe e vestiti da donna, c’era e c’è sempre stato lui. Altro che Margherita cotta al forno a legna.
Franco Battiato è nato esattamente lo stesso giorno, stesso anno di mio papà. Si incontravano ogni anno, puntualmente, a Fiera Arte a Bologna. Il siparietto era che Battiato diceva a mio papà “Professore” e Silvio diceva “No, eh no, il professore è lei”. Si assomigliavano anche un po’. Cosa era Battiato io non (o)so dirlo. Ma farmi cantare a squarciagola su uno Scarabeo 50 senza casco cose che studiavo in quinto ginnasio rimane per me un miracolo letterario. Riuscire a fondere “bruttissimi” synth e splendide chitarre elettriche è invece un miracolo musicale. Battiato ascoltava i Nine Inch Nails mentre aspettava i treni di Tozeur. Non c’è un cazzo da capire. Le aquile non volano a stormi e volano altissime ma le loro ali sono così grandi che se alzi gli occhi e non le vedi allora sei cieco.