Franco, perché sei morto?
Diciamo, era ormai giunta l’ora dell’uom fatal, come si dice, no?
Ah, ti piace Alessandro Manzoni?
Più come narratore che come poeta.
Ma io ti ho chiesto perché sei morto, non quando.
In effetti, è diverso. Ed è vero in un certo senso l’ho deciso io, accettando serenamente la fine del mio percorso.
Serenamente?
Certamente. Vedi, sono arrivato a quel momento dopo averci lavorato per anni di meditazione sempre più intensa, poi mi sono costruito una situazione di distacco quasi totale dalla materia. Diciamo in anticipo rispetto alla fisica disintegrazione. Devo dire che gli ultimi anni della mia vita terrena sono stati intensi, spiritualmente, finalmente al riparo dall’incubo della coscienza. Chi pensa che io me la passassi male o bene non ha capito niente perché io avevo disconnesso, diciamo, la capacità di scindere… di sembrare una situazione ricorsiva… scindere la facoltà di scindere, come dire separare l’abilità di separare. Diciamo, spirito critico, cioè, intendo, la componente di me che ho in qualche modo sublimato estraendola dall’anima e dal corpo, perciò tutta la conoscenza. La distinzione e la lontananza, diremmo, no?, non sono trapassate con me, le ho lasciate accese, dilaganti.
Ma cosa intendi esattamente per spirito critico?
Nient’altro che la predisposizione al dissenso edificante, che è qualcosa di cui tutti sono forniti ma nel mio caso è molto sviluppata, esercitato a esprimersi senza essere nocivo o distruttivo. Ecco, diciamo che lo spirito critico è stato il motore della mia parabola, l’alimentatore. È grazie a esso che ho fatto tutte le scelte. Ma poi tu lo sai benissimo quello di cui sto parlando, perché ne hai decisamente tanto.
Sì, ho capito. È una percezione del fatto che quella componente del tuo spirito si aggira in questa dimensione, che è quella in cui io l’ho conosciuto, quando era tutt’uno con la tua persona. È quello spirito che ha determinato la tua affermazione, il tuo genio, e ora, rimanendo, rappresenta il tuo lascito. Si manifesta sotto forma di opera, vive dentro la tua opera.
Non esiste genio senza spirito critico.
La prima cosa che mi hai detto quando ci siamo conosciuti nel camerino del Concerto del Primo Maggio, infatti, era una critica ai testi delle mie canzoni.
E cosa ti avevo detto?
Ho ascoltato alcune tue canzoni e trovo molto interessanti i testi, ma mi sembra contengano un po’ troppa critica.
Ed era così? Avevo ragione?
Sì, ma io ti risposi cantandoti Bandiera bianca – “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie” – aggiungendo che avevo avuto degli ottimi modelli. A quel punto tu, che eri in piedi sulla soglia, hai riso e hai detto: “Sai che credo tu abbia ragione?”
Il totalitarismo panico dell’epistemologia elettronica di un parassita contemplativo, che suona il basso al contrario in presa diretta l’imitazione di Patty Pravo come digestivo e la raccolta differenziata per i generi di canzoni cantando gli inni di Stockhausen sopra gli accordi di Albinoni. Le progressioni, che quando salgono devono scendere di quattro toni.
Che meraviglia! Ma cos’è? Aspetta… è una parodia di un possibile testo mancante della Voce del padrone?
Sì, però fatto da te come tributo a me.
Quindi dopo la tua morte.
Esattamente.
Tratto dal numero dal numero dedicato a Franco Battiato di Pantagruel, la rivista letteraria della Nave di Teseo a cura di Eugenio Lio ed Elisabetta Sgarbi.