Garth Hudson, il grande artigiano di The Band, il mistico della musica di frontiera | Rolling Stone Italia
L’ultimo ad andarsene

Garth Hudson, il grande artigiano di The Band, il mistico della musica di frontiera

Musicista geniale, autoironico, taciturno, ha rifiutato il luogo comune del rock come musica giovanile per impartire lezioni di storia con gli strumenti e abbattere il confine fra vecchio e nuovo mondo. Un omaggio

Garth Hudson, il grande artigiano di The Band, il mistico della musica di frontiera

Garth Hudson nel 1974

Foto: Michael Putland/Getty Images

Ci sta che Garth Hudson fosse l’ultimo musicista in vita di The Band. Virtuoso dell’organo, è morto martedì scorso a 87 anni di età vicino a Woodstock, a pochi chilometri dal seminterrato di Big Pink dove il suo gruppo e Bob Dylan hanno cambiato il corso della musica popolare jammando in libertà. Era il musicista misterioso della Band, il più avanti con l’età, il taciturno, l’unico che non cantava. Aveva superato i 30 quando nel 1968 è uscito Music from Big Pink. Ci sta, dicevo, perché lui, geniale e autoironico com’era, incarnava lo spirito dei musicisti-artigiani della Band, gente che suonava musica sudista mettendoci lo spirito della frontiera. Di quella bella fratellanza rock Garth Hudson rappresentava la saggezza paterna, il collante che teneva assieme quella fantasia.

Coi suoi cravattini e la barba più lunga del rock, s’accompagnava a una mistica da vecchio che vive sulla montagna, il saggio che viene dai boschi e finsice per puro caso in un gruppo rock. Aveva studiato musica classica e non era sicuro di volerci entrare, in quel gruppo. Ma come racconta nel libro di Barney Hoskyns Across the Great Divide, «per imparare il linguaggio del rock ti tocca anche suonare nei bar».

Era un mezzo mistero anche per gli altri della Band. Concedeva interviste di rado, parlava con le dita che metteva su organo, piano, accordion, strumenti a fiato, qualunque cosa servisse alla canzone. «Non avevo dubbi che all’epoca fosse il musicista rock migliore al mondo», ha detto Robbie Robertson. «Poteva suonare tranquillamente con noi, ma pure con John Coltrane o con la New York Symphony Orchestra».

Uno dei suoi grandi momenti è immortalato in The Last Waltz. Alla fine di It Makes No Difference, la migliore performance di sempre della Band, Robertson suona un assolo tormentato prima di lasciare spazio a Garth e al suo sax soprano, che con la sua serenità chiude il pezzo su una nota di stoica rassegnazione. Solo uno come lui poteva suonare in modo così potente e allo stesso tempo poco appariscente. Sono appena 68 secondi, ma dentro c’è tutto il carico d’emozione di The Last Waltz e della storia della Band.

The Band - It Makes No Difference

Per come vestiva, sembrava un uomo maturo già a 20 anni. Nessun rocker prima di lui ce la metteva tutta per non sembrare giovane. Era persino difficile indovinarne l’età. Rifiutare la divisione tra cultura giovanile e mondo antico era una caratteristica della Band. Nel disco di debutto, accompagnata dalla scritta “parenti stretti”, c’era persino una foto dei musicisti coi genitori, la cosa meno cool che potesse fare una band nel 1968.

Se lo volete sentire al meglio, e scatenato, ascoltate le registrazioni del leggendario tour del 1966 di Bob Dylan accompagnato da The Band, che all’epoca si chiamavano ancora The Hawks. Quando Dylan canta del “fantasma dell’elettricità che ulula nelle ossa del suo viso” sembra quasi descrivere il modo in cui Hudson suona mentre il pubblico, che è scioccato dal fatto che il loro folksinger preferito ha attaccato la spina, urla di andare a casa e di staccare quel frastuono. Il musicista lo zittisce con Ballad of a Thin Man e Hudson è scatenato, si lancia in un botta e risposta con Dylan, trasforma la canzone in un incubo. E quando arriva alla parte che fa “Who is THAT man?”, pare quasi che Dylan si riferisca a lui, al tizio che suona l’organo.

Ballad of a Thin Man (Live at the ABC Theatre, Edinburgh, UK - May 1966)

Vivevano tutti assieme in una casa di Saugerties, upstate New York, che chiamavano Big Pink. Rolling Stone dedicò loro la copertina nell’agosto del 1968, con una foto di Elliott Landy che ne ha definito l’immagine, cinque tizi seduti su una panchina in un parco che danno le spalle alla macchina fotografica e guardano i boschi innevati. Non vediamo che faccia hanno, vediamo solo cappelli e cappotti. Ho fissato quella foto per una vita e ancora non ho capito chi è chi, e forse è proprio questo il punto. Erano fratelli nella musica. Tutti nel mondo del rock volevano far parte della Band, persino Elton John s’è vestito come Garth sulla copertina di Tumbleweed Connection.

Hudson era quello che metteva questo spirito comunitario nella musica. Uno dei suoi momenti che preferisco è quando suona il piano honky-tonk in Rag Mama Rag con Rick Danko al violino, Levon Helm al mandolino, Richard Manuel che si siede alla batteria e Robertson alla chitarra, mentre il produttore John Simon suona la tuba. È musica con la libertà e la vivacità che nessuno dei molti imitatori della Band è riuscito a copiare (per le session di Get Back, ispirate a loro, i Beatles hanno reclutato Billy Preston nella parte di Garth Hudson). Scrivendo della loro partecipazione a Planet Waves di Dylan, Robert Christgau la definiva «musica per gatti randagi».

Col nome di Hawks, lui e i suoi compagni erano stati reclutati come backing band del cantante rocakbilly anni ’50 Ronnie Hawkins. Hudson era cresciuto nell’Ontario in una famiglia di contadini. «Mio padre aveva un sacco di strumenti in giro per casa», diceva nel 1968. «Ho iniziato a suonare il piano attorno ai 5 anni». Avrà pure studiato musica classica, ma è cresciuto col country che il padre ascoltava in radio. «A 12 anni suonavo l’accordion in un gruppo country».

Quand’è entrato negli Hawks, ultimo a farlo, gli è stato dato un extra settimanale per impartire agli altri lezioni di teoria musicale e armonia e facendo incazzare Danko suggerendogli di fare esercizi suonando le scale. È stato lui a plasmarne la musicalità. Dal punto di vista del temperamento e dell’aspetto era unico. «A 24 anni era esattamente come a 50», ha detto Robertson. Nemmeno Hawkins sapeva bene che pensare di un tipo del genere. «Era diverso, non era per niente rock’n’roll, eppure ci stava bene».

Gli Hawks sono passati ad accompagnare Dylan e sono diventati The Band. Se erano «il punto di contatto tra Duke Ellington e Dylan», come diceva Ralph J. Gleason di Rolling Stone, era anche grazie a Hudson. Il suo momento top nei concerti era The Genetic Method, otto minuti “bachiani” di introduzione a Chest Fever. «Il primo a suonare l’organo mettendoci del senso dell’umorismo dai tempi di Fats Waller», diceva Gleason.

Il suo personaggio era unico persino per gli anni ’60. Era «uno dei tizi più strani che abbia conosciuto» per Al Kooper. «Se Harvey Brooks (il bassista delle session di Highway 61 Revisited, ndr) è l’orso grizzly buono del rock, Garth ne è l’orso bruno». Suonando con Dylan ha avuto modo di scatenarsi in Can You Please Crawl Out Your Window e One of Us Must Know, ma pure nelle outtake Number One, She’s Your Lover Now e Seems Like a Freezeout, versione embrionale di Visions of Johanna. Il pezzo che conosciamo è a combustione lenta, ma la versione veloce (e migliore) è una bomba. C’era Hudson dietro al “thin wild mercury sound” di Dylan.

Bob Dylan, The Band - This Wheel's On Fire (Official Audio)

Era anche il nerd della Band, quello che sistemava le apparecchiature per registrare a Big Pink dove il gruppo e Dylan hanno trascorso la Summer of Love suonando assieme. Grazie a lui, il seminterrato è diventato un club dove jammare e registrare su un due piste stereo. «Garth» ricordava Levon Helm «aveva messo uno dei microfoni sopra lo scaldabagno, l’unico problema era la caldaia accesa». Eppure il mondo non ha mai smesso di sentire la musica fatta là sotto da quei tizi strafatti e immersi nei misteri profondi della canzone americana. I nastri uscirono subito sotto forma di bootleg e ufficialmente in parte solo nel 1975 per poi comporre nel 2014 il box set The Complete Basement Tapes.

La Band era un simbolo di amicizia specie tra i musicisti: tutti volevano far parte di una gang come quella. Dopo aver passato del tempo con loro a Woodstock, George Harrison ha cominciato a non sopportare più di prendere ordini dagli altri Beatles e ha quindi messo in piedi la sua Band registrando con Hudson, Robertson, Helm e Danko (tutti insomma tranne Manuel) e Ringo la deliziosa Sunshine Life for Me (Sail Away Raymond). E chi era a vegliare su quell’amicizia? Anzitutto Garth.

Hudson ha poi suonato con artisti più giovani di lui come Wilco, Neko Case, Mercury Rev e ogni volta ha portato la loro musica a un altro livello. È stato sposato per 43 anni con Maud, che è morta nel 2022. Dell’ego se ne fregava, aveva una presenza enigmatica. Negli anni ’80 ha avuto un momento di piccola popolarità su MTV suonando con un gruppo new wave chiamato Call e apparendo nel video di The Walls Came Down. Ovviamente non si cura della videocamera, se ne sta a capo chino a suonare il synth. A vederlo lì, tra un videoclip dei Men Without Hats e uno degli Spandau Ballet, sembrava un tipo ordinario, o forse un alieno venuto da un lontano pianeta.

Ha partecipato a Day of the Dead, il disco-tributo ai Grateful Dead del 2016 messo in piedi da Bryce e Aaron Dessner dei National. Lo si sente in Brokedown Palace che, col senno di poi, sembra una specie di addio. Il suo organo sembra possedere la canzone, come un spirito. E all’ultimo minuto, la trasforma da ninnananna a nenia funebre.

Era l’ultimo membro in vita della Band, la sua morte mette definitivamente fine alla loro storia di fratellanza. Ha rappresentatoun ideale di amicizia, una comunità di lavoratori che vivono assieme, magari litigano, ma creano bellezza grezza. La loro musica era il suono dell’amicizia, con tutti i suoi conflitti e le sue contraddizioni. È rimasta tale anche quando è finito tutto. E se c’era uno che simbolizzava questo spirito comunitario, era proprio Garth, se non altro perché era impossibile immaginarlo fare qualcosa d’altro.

La Band era la sua casa, ecco perché il mondo lo piange: ha rappresentato qualcosa di profondo e antico nello spirito americano. E anche se la sua morte rappresenta la fine della Band, la loro amicizia vive nella musica che hanno fatto, vibrante come sempre, tenuta assieme da Garth Hudson.

Da Rolling Stone US.

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