Premessa: chi scrive ha tifato Ultimo. Lo ha votato da membro della sala stampa (ci sono testimoni). Ha più volte chiesto al suo ufficio stampa di intervistarlo poiché ha visto in lui un interessante esponente di quel cantautorato classico che langue da troppo tempo.
Svolgimento: chi scrive ha dovuto appurare che l’arte senza umiltà perde.
La polemica sulla vittoria del “ragazzo Mahmood” è ormai materia di discussione per i peggiori bar di Sanremo, ma anche Napoli, Roma, Milano e via discorrendo.
Eviteremo, dunque, di ripercorrere in modo pedissequo l’ormai arcinota vicenda che, solo per riassumerla in breve, è andata così: il ragazzo Ultimo era dato per favorito. Il ragazzo Ultimo è arrivato secondo. Il ragazzo Ultimo si è risentito che nemmeno la strega con Biancaneve. Quindi, si è palesato in sala stampa con le maniche della t-shirt arrotolate all’ascella e ha mandato i giornalisti a fare in quel posto scuro dove non penetra il sole: “avete solo questa settimana per sentirvi importanti e rompete il ca….”.
Il ragazzo Ultimo non si è presentato al consueto appuntamento con Tv sorrisi e canzoni per fare la foto di copertina insieme ai compagni di podio. E nemmeno a Domenica In da zia Mara Venier. Infine, sparito insieme al suo staff dal globo terracqueo per qualche ora, il ragazzo Ultimo è ricomparso al Rosario della sera dell’ottimo Fiorello che, tra il serio e il faceto, ha cercato di spiegargli come gira il mondo.
Ma comunque. La cosa impressionante, ben più della delusione dell’artista sfociata in arroganza, delle polemiche sulle origini del vincitore, delle tesi complottiste sulla vittoria di quest’ultimo (l’ha voluto la sinistra contro Salvini). Ben più –persino- del sistema di voto (20% alla vituperata giuria d’onore, 30% a quelle testa di ca… sta della sala stampa e 50% -invece- al popolino che quando fa vincere Valerio Scanu non va bene, ma qui sì, andava benissimo), ben più di tutto ciò, la cosa che lascia perplessi è l’intervento squadrista dei fan sull’Internet. Roba che nemmeno i Boys san, forse, sarebbero stati capaci di tanta veemenza digitale. Fan come ultrà, insomma, pronti a manganellare chiunque azzardi la minima critica al beniamino intoccabile.
Basta consultare velocemente i commenti a corredo dei post Instagram pubblicati dal settimanale diretto da Aldo Vitali con le copertine del rotocalco per farsi un’idea. In calce alla prima, che vede presenti soltanto Mahmood e i ragazzi de Il volo (menzione d’onore per i tenorini che hanno saputo gestire le pesanti critiche con grande classe) con titolo A Sanremo trionfa Mahmood, secondo Ultimo (che scappa in albergo arrabbiato) e terzo il Volo, commenti tipo “Vergognatevi”, “siete ridicoli”, “merda di giornale”. O, ancora: “fate solo schifo”, “buffoni, mi ci pulisco il culo con il vostro giornale” e via scrivendo in un climax non esattamente costruttivo.
Grida al “Complotto!”, poi, per la seconda cover che vede il vincitore sorridente stringere in mano il premio. “Sapevate in anticipo che avrebbe vinto”, ha azzardato qualcuno. E invece, come spiegato dallo stesso settimanale, “Poco prima fotografiamo tutti i cantanti con il premio in mano per poter raggiungere per tempo tutte le zone d’Italia col numero dedicato a Sanremo già da lunedì”.
Conclusione (multipla): l’insulto rimane, spesso, fine a se stesso in quanto tale. Non serve certo al ragazzo Ultimo per risollevare la sua sorte di secondo. Non ai giornalisti teste di ca…sta che lo hanno penalizzato col loro voto elitario. Non alla musica. Ecco perché l’ira da curva con la quale troppi fan del cantautore hanno espresso il loro disappunto, stona. La dialettica è importante quanto il sale nella pasta, ma non quando diventa il grido prepotente di una massa compatta nell’insultare interlocutori scelti come capro espiatorio di colpe inesistenti (il meccanismo di voto era ben chiaro fin dall’inizio).
E dunque: bisogna saper perdere. Suona banale, ma spiegatelo ai vostri pargoli. Arrivare secondi non vuol dire perdere. I fan del ragazzo Ultimo farebbero (il suo) bene a bersi una camomilla. E il ragazzo Ultimo ad aggiungere un pizzico di umiltà al bagnoschiuma col quale fa il bagno. Ammesso che usi la vasca.