Chiunque sia cresciuto negli anni ’70 o ’80 sa che Kool & the Gang – il cui co-fondatore Ronald ‘Khalis’ Bell è morto mercoledì scorso a 68 anni d’età – erano tanto irresistibili quanto inevitabili. In ogni anno compreso fra il 1979 e il 1984 hanno pubblicato un album premiato con un disco d’oro o di platino, per non parlare delle hit che li hanno lanciati nella Top 40 e hanno impressionato un giovane Mark Ronson.
Proprio mentre lanciava la sua carriera di dj, produttore e polistrumentista in grado di maneggiare soul, funk e hip hop, Ronson scopriva i groove strumentali del gruppo di Bell, specie quelli di inizio anni ’70 che non sono noti tanto quanto i successi cantati da J.T. Taylor. Ronson ha chiamato Rolling Stone per raccontarci dei talenti di Kool & the Gang e della loro importanza per il funk e l’hip hop. (Elias Leight)
Sono cresciuto negli anni ’80. Significa che a 7 anni già possedevo l’album con Ladies Night e Too Hot. Ma è stato solo alle superiori che ho ascoltato il greatest hits di Kool & the Gang e ho scoperto gli strumentali che facevano all’inizio tipo Who’s Gonna Take the Weight e Good Times. Quanto mi piacevano. Nei primi sei dischi non c’era un pezzo brutto, non ce n’era uno che ti veniva da skippare. Il talento musicale, gli arrangiamenti, il feeling, era tutto bello.
Non voglio sminuire il periodo dei grandi successi commerciali, era performance incredibili pure quelle, ma erano le prime cose tipo Chocolate Buttermilk che mi parlavano. I groove erano pazzeschi e gli arrangiamenti sofisticati, ma le registrazioni era belle crude. Non suonavano come i dischi Stax e Atlantic. Avevano qualcosa di sporco.
Ho cominciato a scoprire davvero Kool & the Gang solo quando ho iniziato a fare il dj e ho sentito i loro break e campionamenti in Oh My God di A Tribe Called Quest, nel remix di Scenario e in Pulp It Up di Joe Budden. Loro e i Meters hanno fatto la musica strumentale migliore di sempre.
Quella crudezza che mi piaceva tanto derivava dal fatto che incidevano per un’etichetta indipendente. Non erano ancora esplosi, non erano tirati a lucido come gli Earth, Wind & Fire. Erano anche loro sofisticati, ma mantenevano il carattere grezzo tipico della East Coast. E che dire del Live at P.J.’s, con dentro N.T.? Come si fa a suonare tanto bene tutti assieme?
Non c’è un solo pezzo dei primi Kool & the Gang che, facendo il dj, non ho passato. Mettevo su Hollywood Swinging ovviamente, è uno dei pezzi dance migliori di tutti i tempi. La gente considera Celebration una delle canzoni da matrimonio di popolari di sempre, e bene o male lo è, ma Hollywood Swinging ha dei fiati incredibili, è impossibile non scendere in pista quando la senti. E difatti ha aperto alcuni dei dischi da parte più forti di sempre, Feel so Good di Mase con Puffy o Let Me Clear My Throat di DJ Kool. Pensate alla linea dei fiati di Jungle Boogie, è potente anche se minimale. E poi c’è Too Hot, un altro classico che mettevo su nei dj set. I pezzi più popolari andavano bene ai matrimoni, ma Ladies Night era forte in discoteca.
Quando è arrivato J.T. Taylor sono diventati un’altra band. Poche altre band sono sparite e poi tornate, un esempio sono i Duran Duran. Ma quante hanno reinventato radicalmente il proprio stile? È roba che possono fare solo i Kanye, i Radiohead e i Bowie di questo mondo. E non c’è niente di meglio di queste comeback stories, specialmente quando la nuova musica è tanto buona.
Misurare l’influenza dei Kool & the Gang è un po’ come chiedersi qual è l’influenza dei Beatles sulla musica pop o di Shakespeare sulla letteratura. Descriverla a parole non è possibile. Chiunque abbia suonato funk e fatto il dj ha Kool & the Gang nel dna. Pensate ad esempio all’epoca d’oro dell’hip hop, il mondo in cui Just Blaze ha gonfiato a forza di steroidi il sound di Kool & the Gang in Pump It Up o come i fiati di N.T. animano It Ain’t Hard to Tell di Nas. Kool & the Gang stanno nella stessa categoria di James Brown e Bob James: la loto storia è intrecciata indissolubilmente a quella dell’hip hop.
È stato grazie alla loro musica che ho comunicato a capire qualcosa di arrangiamenti e ritmi, di quel che fa ballare la gente. Mi sono trovato con Bruno [Mars] a sentire assieme Hollywood Swinging chiedendoci come funziona, qual è l’elemento che fa impazzire la gente. Uptown Funk era il nostro tentativo di fare un pezzo senza ritornello: se ce l’avessimo messo non sarebbe più stato un pezzo funk, ma R&B o disco. E sono stati proprio Kool & the Gang a farmi capire come trasformare una frase dei fiati in un ritornello.
Non li ho mai incontrati. Se fosse accaduto, avrei chiesto loro i segreti delle loro canzoni. È quel che faccio sempre quando incontro musicisti leggendari.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.