“Felice anno nuovo a tutti! Siamo vivi insieme”. Fingiamo per un attimo che l’accortezza di non spoilerare i finali di film, serie tv e libri non valga per i volumi fotografici e partiamo dal 31 dicembre, l’ultimo giorno di A Book of Days, dove il pubblico di Patti Smith durante un concerto alza i palmi verso l’obiettivo di una macchina fotografica. Una folla è un bel finale per una che canta (che) People Have the Power. Lo è ancora di più tornando alle prime pagine, in cui Smith spiega la sua devozione nei confronti delle ricorrenze, dei simboli, del ricordo di chi non c’è più. “Siamo vivi insieme”, alla fine del libro, è la seconda parte dell’equazione che inizia nella prefazione con “ogni giorno è prezioso, perché stiamo ancora respirando”.
In A Book of Days la morte è sempre mescolata alla vita, ne fa parte e ne accresce il valore. Spinge a ripercorrere la storia, a combattere l’oblio e a commuoversi davanti al modo in cui la luce si posa sulla “lapide di un poeta amato”. Non è necessariamente amara, ha una sua dolcezza e un suo potere benefico. Anche solo essere vivi è un grande privilegio, da esprimere con poche parole e molta gratitudine: la nuova pubblicazione della cantante è piena d’amore. La rockstar che scrive poesie diventa qui la poetessa che scrive delle sue rockstar, che si tratti di Nelson Mandela, di sua madre o di Jimi Hendrix.
Molte delle foto del volume sono di cimiteri, i luoghi del ricordo per eccellenza. La casa di Chuffilly-Roche, in Francia, dove viveva la famiglia di Rimbaud, uno dei poeti maledetti più amati da Patti Smith, è stata acquistata proprio da lei che scrive di sentirsi la “guardiana dei terreni di Rimbaud”, felice di poterli esplorare liberamente dopo che l’intera tenuta era stata bombardata e poi ricostruita. Una buona parte degli scatti – in questo caso non di Smith – ritrae personaggi del passato che le sono stati d’ispirazione in ambito artistico, musicale, letterario o scientifico. Moltissime sono foto degli storici compagni d’avventura dai quali si è dovuta separare: il pianista del Patti Smith Group Richard Sohl, il fotografo Robert Mapplethorpe, il musicista e marito Fred “Sonic” Smith. A volte sono gli oggetti a raccontare di chi non c’è più: la tazza che utilizzava il padre della cantante, il coltellino dell’amico e attore Sam Shepard, la bandiera della Marina statunitense annodata dal fratello Todd, venuto a mancare poco dopo il marito Fred, nel 1994.
Dar voce al loro lascito e alle idee che hanno veicolato durante la vita è per Smith una felice, dichiarata missione: sono stati suoi modelli, amici, affetti, sodali, ispiratori, confidenti o complici e non devono essere dimenticati. “Oggi è il giorno in cui il nostro presidente John F. Kennedy fu assassinato. Avevo sedici anni e fu il momento più triste della mia giovane vita. Ora sono grata di essere ancora qui a farmi carico del sacro compito della memoria”, scrive nella pagina del 22 novembre a commento di un’immagine di Kennedy.
Le immagini sono scattate con la sua vecchia polaroid o, più recentemente, con il cellulare e la struttura foto + breve commento segue uno schema simile a quello utilizzato sulla sua pagina Instagram, dove si possono trovare anche alcuni degli scatti presenti in A Book of Days e a cui la pubblicazione è ispirata. La cantautrice racconta che è stata la figlia Jesse, una manciata d’anni fa, a spronarla a inaugurare la pagina, con l’obiettivo di contrastare i profili fake con il suo nome. Mai consiglio fu più azzeccato anche se nella guerra alle frodi non è servito a molto e qualche mese fa l’artista ha dovuto mettere in guardia chiunque venisse contattato da truffatori che chiedevano a suo nome di inviare ciocche dei propri capelli. In compenso, si può dire che la cantautrice abbia trovato il suo habitat dando vita, con il supporto di Jesse, a un piccolo diario di poesie, tutte introdotte dall’ormai noto incipit “This is…”. “This is / Chong’s Cafe in Monterey. / I was alone there and very / happy. I felt like a solitary / detective writing his / first poem” annota ad esempio il 12 agosto mostrandoci in un post una ciotola fumante e una teiera incorniciate dai divani in pelle rossa del Chong’s Cafe della città californiana sullo sfondo.
Nelle intenzioni della artista, A Book of Days vorrebbe essere anche un momento di sollievo, un luogo dove rifugiarsi alla ricerca di conforto. “Anche nei momenti più tristi”, scrive l’artista nella prefazione. Dopo averci ricordato con la sua musica l’importanza della lotta e dell’anticonformismo, con i suoi libri l’importanza del racconto, con le sue poesie l’importanza dell’immaginazione e del raccoglimento, ora con la sua pagina Instagram e questo libro Smith elogia quello che chiama “il cuore comune delle cose” e ci porta con lei a contemplarlo come si porta qualcuno davanti a un camino scoppiettante mentre fuori nevica. Proprio perché è comune, oltre a essere un porto sicuro per lei può esserlo anche per noi. In calce a un’immagine che ritrae un paio di Ray-Ban, una tazzina e l’angolo di un quaderno Smith scrive solo: “La mia armatura”. Mentre sfogliamo il volume possiamo indossarla anche noi.
I frammenti immortalati da Patti Smith sono comuni non solo nel senso di universali ma anche nel senso di semplici, quotidiani, modesti. Ricorrono libri, scrivanie, tazze piene o vuote, vestiti, statue, soprammobili, strumenti musicali. Se non sapessimo che a collezionare questi momenti è stata lei potremmo pensare che si tratti della casa di una qualsiasi di noi, magari qualcuna con un gatto rossiccio come Cairo, l’abissino di Smith che in A Book of Days si fa coccolare e ascolta con attenzione il racconto delle proprietà mediche del limone, o qualcuna che sia affezionata quanto la cantautrice a un vecchio paio di stivali logori protagonisti silenziosi di tanti vagabondaggi. L’inno alla semplicità e alla frugalità di Smith ha forse il suo culmine a pagina 333, dove vediamo una maglietta appesa: “Hotel Majestic, Bologna. Quando sono in viaggio spesso lavo le magliette nel lavandino e le metto ad asciugare al sole alla finestra”. Patti Smith, l’autrice di Horses e Easter, paladina del CBGB e nome tra i più significativi della storia del rock in tour si lava i vestiti nel lavandino della sua camera d’albergo. Se questa non è sobrietà.
Se non avete gradito lo spoiler all’inizio dell’articolo consiglio di interrompere qui la lettura. Diversamente, torniamo alla già citata immagine che chiude A Book of Days, quella dove Patti Smith è circondata dal suo pubblico con le mani al cielo (o più presumibilmente al tetto del teatro). La foto, divisa a metà, non occupa solo la giornata della fine dell’anno, ma anche quella del 30 dicembre, giorno in cui l’artista è nata quasi 77 anni fa. La cantautrice ricorda che a ogni compleanno la madre Beverly Williams Smith la chiamava alle 6:01 del mattino lasciandole sempre lo stesso messaggio: “Svegliati, Patricia, sei nata”. Si chiude così il cerchio, nell’ultima pagina del diario collettivo di Patti Smith. Con il ricordo, la semplicità di un augurio di buon compleanno pieno d’amore e, nell’altra metà dello scatto, la musica. Che in effetti iniziava a mancarci.