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Il cuore selvaggio di Liam Payne

È stato il membro più tormentato degli One Direction, ma anche il più vulnerabile e forse il più candido. Quando cantava, sentivi che era ferito e indifeso. Tributo a una popstar dall’entusiasmo contagioso e dal futuro negato

Foto: Paul Bergen/Redferns/Getty Images

La prima volta che Liam Payne si è esibito da solo, ha cantato History. Non è fra le canzoni più famose degli One Direction, ma è la più schietta tra quelle che parlano del legame col pubblico. E quindi nel giugno 2018 il pubblico del Beacon di New York ha sentito Liam cantare queste parole, mentre sullo schermo passava un montaggio di vecchi video degli One Direction: “Abbiamo fatto un sacco di cose assieme, potevamo essere la squadra più forte del mondo”. Per qualche motivo, è questa la prima canzone che ho ascoltato dopo avere saputo della morte di Liam. È facile trovare dei video in cui canta History nei concerti solisti e invita il pubblico a celebrare la storia del gruppo con lui. E ogni volta ha lasciato che fossero i fan a cantare il verso finale: “Possiamo vivere per sempre”.

È un gesto in puro stile Liam: cantare History è stato il suo modo di mantenere fede a tutto ciò che lui, la band e i loro fan hanno costruito assieme. Ha reso omaggio alla loro storia condivisa, ma anche al futuro che tutti speravano avesse davanti a sé. Nelle sue canzoni, nella sua voce, nel suo modo esuberante di stare sul palco c’era un calore sincero, ecco perché tante persone sentivano un legame personale profondo con lui e hanno continuato a seguirlo.

Ed è per questo che ora il mondo è in lutto per Liam Payne, dopo la notizia straziante della sua morte in seguito a una caduta dal terzo piano d’una camera d’albergo a Buenos Aires. Aveva solo 31 anni. Le circostanze della sua morte sono ancora da chiarire. Di sicuro è stato il membro degli 1D che ha affrontato più problemi dopo lo scioglimento del gruppo. Ma c’era qualcosa in lui che faceva comunque sperare che ce l’avrebbe fatta. Aveva ancora molto da dare, tanto da fare.

Gli One Direction erano una famiglia unita (anche se, a volte, incasinata e disfunzionale) formata da cinque persone con caratteri e aspetti molto diversi. Messe assieme componevano per puro caso un mix perfetto. Liam è sempre parso il fratellino minore, con l’aria vulnerabile e l’entusiasmo di un cucciolo agitato. Sembrava privo di malizia, il più ingenuo.
 E veniva fuori quando cantava, si capiva dalla voce che era ferito e indifeso. Nella hit del 2013 di cui è co-autore Story of My Life i versi più dolorosi li canta lui: “La mattina mi ha detto che non prova più, dentro di lei, le stesse cose su di noi / Credo che quando morirò queste parole saranno scritte sulla mia lapide”. Come succede in molte canzoni degli 1D, i ragazzi raccontano tutti insieme una storia, passandosi il microfono. Nel video c’è una foto d’infanzia di Liam con la famiglia. Poi, adulto, si guarda allo specchio cantando che “anche se sono a pezzi, il mio cuore è libero”. È un momento che spiega alla perfezione perché la gente lo adorava.

Gli One Direction non sono mai stati semplicemente una boy band. Hanno rappresentato un paradigma completamente nuovo di gruppo pop e Liam ne era un elemento fondamentale. Invece di fare balletti, si sono concessi lo spazio per esplorare le proprie voci. Niall Horan era appassionato di folk irlandese, Louis Tomlinson aveva la spavalderia degna di una star del Brit pop, manco fosse appena sceso dal tour bus degli Oasis, Zayn Malik ha mollato tutto per coltivare il suo stile hip hop e R&B. In quanto a Harry Styles, ha deciso di cambiare pelle per trasformarsi ora in Stevie Nicks, ora in Bowie o negli Stones, in Elton e in Joni, prima di spiccare il volo verso la sua dimensione stratosferica da solista.

Liam sembrava il piccolo del gruppo, eppure è diventato un ottimo autore di canzoni, in grado di passare da pezzi belli spavaldi ad altri struggenti. Quando gli 1D hanno inciso in fretta e furia tre dei più grandi album pop di sempre (Midnight Memories nel 2013, Four nel 2014 e Made in the A.M. nel 2015), spesso hanno cantato brani di Liam, che è diventato un tassello creativo importante come co-autore di gioiellini del calibro di Diana, Little Black Dress, Fool’s Gold, Steal My Girl, Clouds e History.

Gli One Direction sono nati in tv, nell’edizione inglese di X Factor con Simon Cowell. Come tutti sanno, dai talent televisivi non escono quasi mai gruppi di successo. Artisti solisti sì, come nei casi di Kelly Clarkson, Carrie Underwood o Adam Lambert, ma difficilmente succede a un gruppo. E infatti nessuno si aspettava il botto degli 1D, che peraltro nemmeno hanno vinto X Factor (nello show Liam interpretava da solista standard lounge come Fly Me to the Moon e Cry Me a River). Anche chi ha amato la loro hit d’esordio What Makes You Beautiful (piaceva a tutti) credeva che questi ragazzi al massimo si sarebbero divertiti per un annetto facendo la boy band. E invece sono riusciti a creare un legame unico coi fan. Liam ha sempre comunicato un entusiasmo contagioso dal vivo, quasi da cheerleader, sempre teso verso il pubblico. «Siete i più grandi fan del mondo perché vi siete tutti innamorati di una canzone intitolata No Control», ha urlato al MetLife Stadium del New Jersey, durante il tour leggendario del 2015 degli 1D, uno dei migliori show dal vivo a cui abbia mai assistito. «L’avete resa vostra».

Liam non era esattamente il più grande fan degli One Direction (quello era Niall) e ha ammesso di avere avuto spesso dei problemi ad andare d’accordo con gli altri. Ma era legatissimo all’identità del gruppo ed è stato quello, fra tutti loro, che ha incontrato più difficoltà nel voltare pagina. Gli 1D si sono presi una specie di pausa a partire dal 2015, una farsa che si è trascinata per quattro anni, fino a quando Harry finalmente ha detto a Rolling Stone che il gruppo era finito.

Liam, a differenza degli altri quattro, sembrava confuso su cosa avrebbe fatto dopo. «E adesso?», si chiedeva nella famigerata intervista concessa a Logan Paul del 2022. «Non so ancora chi sono. Ogni giorno imito qualcuno di diverso». 

È stato l’ultimo a lanciarsi nella carriera da solista e ha iniziato col piede sbagliato con Strip That Down, lo sfortunato singolo d’esordio del 2017 insieme a Quavo. Ha cercato di liquidare la sua esperienza col gruppo rappando: “Ero negli 1D / Adesso sono libero / La gente vuole una cosa da me / Ma quello non sono io”. Ha cantato di aver bevuto e di essersi divertito con le groupie, due mesi dopo essere diventato padre, mentre Quavo aggiungeva che “lei si spoglierà per un balordo”. Ci sono molte parole che adatte a descrivere Liam, ma balordo non è una di quelle.

Ha sbagliato l’album di esordio LP1 ed è stato come se avesse rinunciato a riuscirci fin dal principio. E il disco seguente, più volte promesso, non è mai uscito, anche se nel marzo 2024 ha pubblicato il singolo Teardrops scritto con JC Chasez degli ’NSync.
 Com’è noto, ha avuto problemi di droga. Nel 2022 ha perso molti fan dopo un’intervista (da sbronzo) disastrosa rilasciata a Logan Paul, durante la quale ha detto che Simon Cowell aveva costruito l’intero gruppo intorno a lui. «Ha iniziato con la mia faccia e poi ha lavorato sul resto. Non avevo mai raccontato questa storia prima d’ora». Si è anche vantato di essere il solista di maggior successo degli 1D, affermando che Strip That Down «ha venduto più di qualunque altro ex componente del gruppo» (all’epoca, al numero uno in classifica negli Stati Uniti, c’era As It Was di Harry: ci è rimasta per 15 settimane).

Ha capito saggiamente di doversi disintossicare, ma i suoi problemi non sono finiti lì. Una volta ha rivelato di avere il terrore che suo figlio Bear, nato nel 2017, potesse diventare una popstar. «Gli piace la musica e questo mi spaventa un po’», ha detto a Hits Radio Breakfast Show. «È un lavoro terrificante quello che faccio… per conoscerne tutti i risvolti devi provarlo in prima persona. E se li riconosci e sei genitore, ti fa paura».

Quando ha tenuto i suoi primi concerti da solista come headliner, nel 2018, è rimasto chiaramente colpito dall’affetto della gente. «Sono emozionatissimo», ha detto a New York. «Mi mancava questo suono, dai tempi in cui cantavo coi miei amici». Ha proposto soprattutto cover, anche successi recenti di Ed Sheeran, Pink, Zedd e Charlie Puth. Ma il momento più emozionante è stato History: la sala è esplosa, mentre lui declamava che «non è la fine!». 
In quel momento ha mostrato la sua vulnerabilità: non ha cercato di nascondere quanto avesse bisogno degli applausi. Ma è stato anche un attimo all’insegna di una grandissima generosità nel riconoscere che i fan erano lì per via di quello che c’era stato prima, lo stesso motivo per cui lui era su quel palco.

La storia degli One Direction si sta ancora arricchendo, visto che la loro musica diventa sempre più importante e amata anche a quasi dieci anni dallo scioglimento. Avrebbero dovuto esserci molti più capitoli nella storia di Liam. Ma l’emozione che ha espresso in History riassume tutto ciò che la gente amava in lui. Momenti come questo rimarranno per sempre, come parole incise sulla pietra. Questo è il Liam Payne che il mondo ricorderà e il Liam Payne che tutti piangiamo.

Da Rolling Stone US.

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