Il vuoto lasciato da Taylor Hawkins è e sarà incolmabile per i Foo Fighters. La band è diventata quello che è oggi anche grazie all’energia irrefrenabile e a quel sorriso beffardo che spuntava da dietro le pelli, lì in alto, sul trono della batteria della band dal quale Hawkins era riuscito a diventare il componente più rappresentativo dopo Dave Grohl.
Sostituire Hawkins, dunque, non era cosa semplice per i Foos nonostante le tentacolari amicizie di Grohl nel mondo della musica. Ne è l’esempio lo sketch con cui è stato presentato il suo sostituto: durante il livestream di questo weekend, la band ha fatto passare in studio gli amici Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers, Tommy Lee e Danny Carey dei Tool, tutti nomi che per un periodo sono stati accostati ai Foos. A spuntarla è stato Josh Freese. Un profilo – almeno di fama – minore, ma non per questo meno valido a sedere dietro i tamburi della band americana. I motivi sono almeno tre.
Il primo, e forse fondamentale, è che Josh Freese è innanzitutto un batterista eccezionale. Diventato professionista già in tenerissima età, è stato il pupillo – ma anche il paggetto che ha portato le fedi al matrimonio – di Vinnie Colaiuta, considerato tra i più influenti batteristi di sempre. Ha suonato in più di 300 album (altre voci dicono 500, altre ancora parlano di 2500 registrazioni, ma cosa sarebbe il rock senza leggende e miti?) grazie alla sua tecnica sopraffina che lo porta ad essere considerato un batterista all-around, capace di destreggiarsi ed eccellere in svariati stili musicali. Il suo focus però è e rimane il rock, in tutte le sue forme; il suo ritmo è stato il cuore pulsante di svariate band – tra cui A Perfect Circle, Guns N’ Roses, Offspring, Weezer, Nine Inch Nails, Paramore – e le sue capacità lo hanno portato a diventare turnista per artisti come Bruce Springsteen, Chris Cornell, Slash, Joe Cocker, Sting.
Freese però non è solo un turnista di lusso ma, anzi, è soprattutto un paladino di una musica alternativa, spigolosa, anticonformista. Dal 1989, ovvero da quando era appena diciassettenne, è membro dei Vandals, band ironica e dissacrante del panorama punk californiano, ma è stato anche componente della reunion dei Devo (Freese racconta che ha iniziato a suonare la batteria grazie al loro album Freedom of Choice del 1980), gruppo simbolo della new wave e dell’art punk, considerati una band fondamentale per l’evoluzione del genere. Non è facile tenere alta la street credibility e la purezza di un certo tipo di approccio per un batterista che ha anche inciso per Michael Bublé, Evanescence e Avril Lavigne (e in Italia con Eros Ramazzotti e Zucchero). Solo pochi riescono a bilanciare underground e mainstream senza essere percepiti come venduti. Josh è uno di questi.
In ultimo, un altro punto deciso anche vista la situazione in cui Freese si trova: l’aspetto umano. Josh è di origini californiane ed è cresciuto nell’Orange County proprio come Hawkins, cosa che, come ha dichiarato lui stesso, era diventata una gag tra di loro. Fra i due non c’era solo rispetto musicale, ma un forte senso di appartenenza, tanto che durante il concerto tributo per Hawkins Josh non ha voluto suonare con la propria batteria, preferendo quella dell’amico: «La batteria di Taylor deve essere lì sopra e voglio suonare esattamente nel set-up che usava lui. Voglio che quell’energia sia sopra quel palco». Una dichiarazione che racconta di un rispetto profondo, di un’amicizia intima. Un’amicizia che inesorabilmente lo ha portato a legarsi anche a Dave Grohl. Una band però non è solo la somma dei suoi componenti, ma è un’entità che si eleva grazie alla sinergia unica e irreplicabile tra questi. Se tanti potevano essere i batteristi tecnicamente validi a prendere il posto di Hawkins, chi meglio di Josh Freese potrà sostituirlo anche a livello umano?
Il Freese che abbiamo visto dietro le pelli durante il tributo a Hawkins e durante il livestream di questo weekend (è disponibile per qualche ora ancora a questo link) ci ha già mostrato un modo tutto suo di suonare con la band, sfacciatamente fisico, prorompente, impetuoso – d’altronde è uno che arriva dalla scuola del punk, proprio come Dave – e allo stesso tempo pieno di sfumature che possano arricchire le complicate strutture delle tracce. Inoltre grazie a una spiccata mimica, colorata da trick e da una presente espressività, Freese sembra pronto a giocare un ruolo fondamentale nei Foos durante il loro prossimo tour.
Con Josh Freese alla batteria vedremo dei Foo Fighters diversi, ma Grohl l’aveva detto: «Senza Taylor non saremmo mai diventati la band che siamo. E senza Taylor sappiamo che saremo diversi». Ora non c’è che da attendere il primo vero concerto.