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La cruda bellezza degli Yeah Yeah Yeahs è l’antidoto a questi tempi bui

Il trio post-punk newyorkese torna alle proprie radici sonore con 'Cool It Down', il primo disco della band in nove anni

Foto: David Black

Il trio composto da Karen O, Nick Zinner e Brian Chase, due decenni fa, era una delle formazioni di punta della scena post-punk revival di New York e fotografava il malessere dei primi anni zero a colpi di riff taglienti e testi da ululati. In Cool It Down, il loro quinto album, il primo dopo il grintoso Mosquito (del 2013), gli Yeah Yeah Yeahs descrivono un panorama ancora più degradato. Il brano di apertura, propriamente intitolato Spitting Off the Edge of the World, mette subito in chiaro l’umore generale: le sue chitarre spappolate e l’impressionante batteria portano alla mente l’immagine di qualcuno che emerge da un mucchio fumante di spazzatura. Karen O, a cui nel brano si unisce il compositore avant-pop Perfume Genius, è alle prese con la rovina del mondo, immersa in una foschia sonora in cui la voce le si spezza solo quando chiede, molto semplicemente: “Mamma, cos’hai fatto?”.

Una domanda che incombe su tutto Cool It Down e a cui è impossibile rispondere. Gli Yeah Yeah Yeahs elaborano le emozioni suscitate da questa domanda attraverso movimento, mitopoiesi e chiari richiami alle loro radici newyorchesi (usano anche l’album per contribuire a mitigare i danni delle generazioni passate: una parte degli introiti delle vendite di Cool It Down sarà devoluta all’associazione ambientalista Client Earth). Nella sballatissima Fleez, la band parte dallo spensierato ritornello di Moody, brano del 1981 delle ESG, per rielaborarlo e buttarsi a capofitto nelle radici di quel sound fatto di linee di basso pulsanti caratteristico delle madrine del punk-funk newyorchese; Wolf è costruita su synth glaciali e una batteria imperiosa per descrivere l’idea di perdersi nel desiderio bruciante. Burning emerge invece da un ronzio sinistro per trasformarsi in un boogie che ricorda Beggin’ (il singolo del 1967 firmato dai Four Seasons), con Karen O che infonde un senso di disperazione quando ripete un verso che sembra preso direttamente dai titoli di giornale più recenti sul cambiamento climatico: “Cosa farete quando arriverete all’acqua?”.

Gli Yeah Yeah Yeahs, però, non si lasciano mettere sotto da questa sensazione di urgente emergenza; le ultime due tracce di Cool It Down (che ne contiene otto) suonano come un invito a perseverare nel procedere controcorrente. Different Today riflette sul fatto che il mondo “continua a girare / girando fuori controllo”, ma è disseminata di break solari di archi e synth che danno un senso di speranza all’affermazione di Karen di sentirsi “diversa oggi”. In Mars, poi, Karen O racconta un momento in cui si gode un tramonto in compagnia di suo figlio: la musica minimalista, cristallina, combinata con la descrizione della fervida immaginazione del figlio, costruisce un finale che riesce nell’impresa di infondere abbastanza ottimismo da ispirare Karen O, Zinner e Chase a tenere viva la fiamma del loro spirito, anche di fronte alle terribili difficoltà del XXI secolo.

Tradotto da Rolling Stone US.

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