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La guida al tour “fuorilegge” di Bob Dylan

Impegnato nell’Outlaw Music Festival, His Bobness ha cambiato radicalmente la scaletta rispetto a quand’è venuto in Italia, mostrandosi molto più rilassato e confondendo molta gente (per non dire di quella famosa t-shirt). Un piccolo vademecum per orientarsi

Foto: Gary Miller/Getty Images

S’è molto parlato dell’Outlaw Music Festival Tour sia per via di Willie Nelson, che per motivi di salute ha dovuto saltare le prime due settimane ed è stato rimpiazzato dal figlio Lukas con l’aiuto di gente del calibro di Derek Trucks, Susan Tedeschi, and Edie Brickell, sia per la “falsa” t-shirt dell’epoca di Tempest venduta al banchetto del merch ufficiale di Bob Dylan.

Forse però non s’è parlato abbastanza del fatto che era da un pezzo che Dylan non faceva concerti tanto rilassati e liberi. Dopo che per tre anni ha suonato ogni sera sul palco quasi tutte le canzoni di Rough and Rowdy Ways più una selezione di vecchi pezzi ha deciso di rifare da capo la scaletta. L’album del 2020 è stato messo da parte e sono stati recuperati pezzi che vanno dal 1965 di Highway 61 Revisited al 2012 di Tempest. In più, cover di pezzi poco noti degli anni ’50 mai fatti prima dal vivo.

Non sono gli unici cambiamenti. Il batterista Jerry Pentecost è stato sostituito da Jim Keltner, che ha suonato con Dylan a partire dal periodo dei dischi religiosi. Dopo 18 anni se n’è andato pure Donnie Heron, che suonava la pedal steel e quindi ora ad accompagnare Dylan è un quartetto composto da Keltner, il bassista Tony Garnier e i chitarristi Bob Britt e Doug Lancio. Stanno suonando in posti all’aperto con una gioia e un abbandono che da anni non sentivamo da Dylan.

Il primo show ad Alpharetta, Georgia è sembrata un’eccezione e invece Dylan ha ripetuto la scaletta di 15 canzoni sera dopo sera. Ecco una piccola guida alla nuova set list con qualche video amatoriale perché sì, dopo anni ai fan è stato consentito fare video.

Highway 61 Revisited

1965

L’inizio del concerto stabilisce il tono della serata. Dylan sale sul palco, spesso con la camicia sbottonata quasi fino alla vita, si mette al pianoforte e picchia le note iniziali di Highway 61 Revisited. L’ha suonata più di 2000 volte (letteralmente, è superata nelle statistiche solo da All Along the Watchtower) e la nuova versione non è molto diversa da quella sentita nel Never Ending Tour in passato. Il piano però è messo più risalto nel mix rispetto al solito e senza Herron si sente più nitidamente il lavoro dei due chitarristi. Di solito Dylan tiene con la testa il ritmo di Keltner e sorride con un angolo della bocca: è chiaro che si diverte (si noti che Keltner ha 82 anni, solo 13 mesi in meno di Dylan, ,il batterista di Neil Young e dei Crazy Horse, Ralph Molina, ne ha 80: è l’estate dei batteristi ottuagenari).

Shooting Star

1989

Avanti tutta di 24 anni. Era dal 2013 che Dylan non suonava dal vivo Shooting Star. La versione è lenta, commovente, gli dà modo di pronunciare ogni singola parola in modo chiaro (una parte di Highway 61 Revisited è invece piuttosto confusa, specialmente quando canta “Oh, the rovin’ gambler, he was very bored / Tryin’ to create a next world war”). Si sente il primo assolo di armonica della serata, la gente esulta. Shooting Star non è mai stata una hit e non viene riconosciuta dai fan occasionali, ma è comunque una delle canzoni più belle di Oh Mercy, l’album prodotto da Daniel Lanois che ha posto fine a una sequenza di dischi tristi e segnato il ritorno di Dylan.

Love Sick

1997

Otto anni dopo Oh Mercy, Dylan ritrova Lanois per Time Out of Mind, lavoro premiato con un Grammy come album dell’anno e accolto da alcune delle recensioni più positive degli ultimi decenni. Secondo Dylan però la versione finale era sovrapprodotta e nell’ultimo quarto di secolo ha rimesso mano più volte alle canzoni. Questa versione di Love Sick è lenta e inquietante. Ci sono anche nuovi passaggi come “You thrill to my heart / and you rip it all apart / You went through my pockets when I was sleeping” (“Mi fai tremare il cuore / e lo fai a pezzi / Mi hai frugato nelle tasche mentre dormivo”). Crudele.

Little Queenie

1959 (Chuck Berry)

L’adorazione di Dylan per Chuck Berry risale all’infanzia. Nel corso della sua lunga carriera ha rifatto No Money Down, Nadine, Roll Over Beethoven, Johnny B. Goode e Around and Around. Non Little Queenie, che ha fatto per la prima volta all’Outlaw Tour e che dà modo a Lancio e Britt di misurarsi coi tipici riff di Berry e a Dylan di far casino manco fosse alla festa di fine anno del liceo (è anche una delle poche cover che hanno in repertorio sia lui che i Rolling Stones).

Mr. Blue

1959 (The Fleetwoods)

Ai tempi dei Basement Tapes Dylan e la Band provarono a suonare Mr. Blue del gruppo doo-wop dei Fleetwoods. Dylan ha ripreso in mano il pezzo 57 anni dopo nella prima data dell’Outlaw. È una versione tenera, con un inizio scarno e solitario. Nel novembre 1959 il pezzo arrivò al primo posto nella classifica americana restandoci una sola settimana, scalzando la Mack the Knife di Bobby Darin. Il fatto che Dylan l’abbia ripresa nel 1967 e poi nel 2024 è l’ennesima dimostrazione che finisci per amare per tutta la vita la musica dei tuoi 18 anni.

Early Roman Kings

2012

Questo blues in stile Chicago è uno dei pezzi più suonati di Tempest: è stato fatto già di 600 volte. Nella versione in studio ci sono David Hidalgo dei Los Lobos all’accordion e Charlie Sexton alla chitarra. In questo tour la parte solista è affidata a Britt. Non è una versione così differente dalle altre fatte da Dylan nell’ultima dozzina d’anni, ma col gruppo più essenziale ha un altro tiro.

Can’t Wait

1997

Si torna a Time Out of Mind con un pezzo che Dylan non faceva dal 2019. Ogni traccia di Daniel Lanois è stata eliminata da quest’esecuzione. Restano Dylan e il suo pianoforte in una specie di spoken word, con l’accompagnamento della band tenuto al minimo. Magnificamente spoglia.

Under the Red Sky

1990

All’epoca di Under the Red Sky pochi sapevano che Dylan aveva avuto da poco una figlia chiamata Desiree Gabrielle Dennis-Dylan, il che spiega la dedica dell’album a Gabby Goo Goo e perché molti pezzi del disco sembrano filastrocche. La title track racconta di un ragazzino e di una ragazzina che finiscono in una torta. Non veniva suonata dal vivo dal 2013.

Things Have Changed

2000

Incluso nel film di Curtis Hanson The Wonder Boys e premiato con un Oscar, è da sempre uno dei pezzi forti dei concerti di Dylan. In questo tour suona molto più blues e chitarristico, tanto’è che finché Dylan non inizia a cantare si stenta a riconoscerlo. È scritto dal punto di vista del personaggio che nel film è interpretato da Michael Douglas, ma si adatta bene anche questi tempi folli: “La gente è pazza, sono tempi strani / Sono tenuto sotto chiave, sono lontano / Una volta m’importava, ma le cose sono cambiate”.

Stella Blue

1973 (Grateful Dead)

Dylan apprezza da sempre i Grateful Dead e ha sofferto per la morte di Jerry Garcia. «Non era solo un musicista e un amico, era un fratello maggiore che mi ha insegnato mille cose», ha detto nel 1995. «Non c’è modo per esprimere il senso di perdita. È profondo». L’anno scorso ha aggiunto vari pezzi dei Dead nel repertorio live tra cui Stella Blue, una gemma di Wake of the Flood. L’ha ripresa per gli show di quest’anno ed è uno degli highlight della serata.

Six Days on the Road

1963 (Earl Green/Carl Montgomery)

Nello stesso mese del 1963 in cui Dylan pubblicava The Freewheelin’, il cantante country Dave Dudley centrava un hit con l’inno per camionisti Six Days on the Road. L’hanno poi rifatta in tanti, da Jim Croce a Michael Nesmith passando per Steve Earle e i Mudcrutch di Tom Petty. Dylan l’ha passata nel suo show radiofonico su SiriusXM Theme Time Radio Hour, ma non risulta l’abbia mai fatta dal vivo prima d’ora Visti gli echi country, ha senso che l’abbia fatto per la prima volta in un tour con Willie Nelson.

Soon After Midnight

2012

Questa ballata è stata suonata solo a due dei 33 concerti del vero tour di Tempest del 2012, non in quello inventato che appare sulle t-shirt in vendita al merchandise dell’Outlaw. È però diventata una presenza costante nel Never Ending Tour con oltre 480 performance in un periodo in cui Dylan non ha suonato una sola volta classici come Mr. Tambourine Man, The Times They Are A-Changin’, I Shall Be Released, Knockin’ on Heaven’s Door o Forever Young. Una tale noncuranza per i desideri del pubblico è rara. Volete sentire i vecchi successi di Dylan? C’è Spotify.

Ballad of a Thin Man

1965

Il concerto inizia con con Highway 61 Revisited e torna a quell’album verso la fine con Ballad of a Thin Man. È stato un caposaldo dei concerti per quasi 60 anni, forse perché Dylan adora ringhiare versi come “There ought to be a law / Against you comin’ around / You should be made / To wear earphones” (“Dovrebbe esserci una legge / Che ti impedisca di andare in giro / Dovrebbero costringerti / A indossare auricolari”). Il nuovo arrangiamento è più lento, ma non meno ficcante.

Simple Twist of Fate

1975

L’unica canzone in scaletta uscita tra 1967 e il 1989 è questa ballata dolorosamente personale basata almeno in parte sul ricordo di Suze Rotolo, la fidanzata che lasciò Dylan nei primi anni ’60 andando in Europa (il titolo originale era West 4th Street Affair come la strada del West Village dove i due condividevano un appartamento). Negli ultimi anni Dylan ha aggiunto nuovi versi: “Sceso dal letto, si è rimesso le scarpe, ha aperto le tende, ha trovato un biglietto che aveva lasciato e che diceva: avresti dovuto incontrarmi nel ’58, avremmo potuto evitare questo piccolo e semplice scherzo del destino”. In altre parole, se Rotolo lo avesse incontrato prima che la sua vita fosse stravolta dalla fama le cose sarebbero forse andate diversamente (una settimana dopo l’inizio del tour, Mickey Raphael dalla band di Nelson ha iniziato a suonare la parte di armonica).

I’ll Be Your Baby Tonight

1967

Dal ricordo di una vecchia relazione si passa nel finale a una dolce canzone d’amore tratta da John Wesley Harding. L’arrangiamento è inusuale e inizia con Dylan da solo al piano prima che entri la band a tutto blues. “Kick your shooooes off”, canta Dylan, “have no feaaaarrr, bring that boootle overheeeere, I’ll be… I’ll be your baby toniiiiiiight”. È un bel modo per mettere in evidenza la band e una chiusura perfetta per uno dei migliori (e inattesi) live set di Dylan da molti anni a questa parte.

Da Rolling Stone US.

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