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La musica nigeriana che fa impazzire TikTok

È un po' LOL, un po' amapiano, un po' punk. Si chiama freebeat o cruise, è musica schizofrenica e divertente, nasce da produttori incazzati col mainstream che usano programmi di registrazione lo-fi

Foto: un dettaglio della copertina di 'Cruise Beat Album'

Il Marocco è la prima squadra africana a raggiungere le semifinali di un mondiale di calcio. Per quanto riguarda la musica, invece, è un po’ che il continente africano sta facendo la voce grossa a livello globale. Non più infatti “solo” in modo endemico (tutti i generi che ascoltiamo in un modo o nell’altro e attraverso mutazioni diasporiche vengono da lì) o per appropriazione indebita europea/angloamericana. Cresce sempre più voglia di rivendicare con orgoglio la paternità di generi, trend, suoni; anche grazie alle piattaforme social che in questo senso garantiscono una vetrina livellante e un potenziale di diffusione infinito.

La Nigeria, il più grande Stato africano nonché il più ricco e popoloso (presto tra i più popolosi del pianeta) fa da apripista. Negli ultimi dieci anni gli afrobeats di sua matrice hanno invaso le classifiche di tutto il mondo; i suoi artisti sono contesi nei feat delle popstar più in vista, che ormai hanno assorbito quelle sonorità riproponendole con successo a una platea lontanissima dalle origini di quei suoni. Insomma la Nigeria è diventata pop a tutti gli effetti: ora un nuovo genere dance chiamato freebeat/cruise si sta prendendo i dancefloor nigeriani grazie a un mix esplosivo di groove a buon mercato, satira e diffusione capillare tramite TikTok.

Come per tutti i social, parte del successo di TikTok è da imputare alle sue qualità ipnotiche. La piattaforma cinese però ha estremizzato il concetto, grazie alla durata ridotta dei video e l’uso reiterato delle challenge: contenuti che si modulano in modo leggermente diverso partendo tutti dalla stessa premessa, che sia uno sketch comico, un ballo o chissà cosa. Frammenti quasi sempre entro il minuto che scorrono via uno dopo l’altro e si piantano nel cervello di chi scrolla, non riuscendo a fermarsi. Creano una specie di microcosmo: un insieme di significati che hanno senso solo lì dentro lo schermo, una comunicazione digitale aliena. Una sorta di loop audio-visivo che rimane incollato addosso perfino quando si chiudono le palpebre, arrivando più in generale a modificare radicalmente il modo in cui assorbiamo e produciamo contenuti.

Questo tipo di loop esistenziale è la chiave del freebeat/cruise, nato nella periferia di Lagos da producer amatoriali e da programmi di registrazioni lo-fi gratuiti. Se negli ultimi tempi si è parlato a più riprese di quanto TikTok stia influenzando l’industria musicale, il freebeat in un certo senso fa il contrario: si appropria dei contenuti del social e li usa come base per una musica schizofrenica, divertentissima, dall’attitudine punk. I giovani produttori sono partiti lavorando con FruityLoops, software intuitivo e gratuito, usando loop che sono disegnati per essere provini da distruggere e che infatti suonano incredibilmente male per gli standard odierni di qualità audio. A questi hanno aggiunto sample vocali presi da TikTok, creando un mix volutamente poco serio, a sua volta diventato virale sulla piattaforma.

Così come detto da DJ YK a Bandcamp, «cruise è qualcosa di divertente. Usiamo campioni buffi. È musica che fa ridere la gente mentre balla. È una specie di commedia. Lo abbiamo chiamato freebeat perché le canzoni venivano regalate e cruise perché non lo prendiamo sul serio». Le prime copertine di singoli e raccolte lasciavano intendere bene lo spirito goliardico: collage pazzi dai colori fluo, come fossero congeniati da un bambino in età elementare che ha appena scoperto i font di Word 2001.

I brani cruise durano mediamente mai più di due minuti. I bpm viaggiano intorno ai 130, le batterie sono secche, tutte sbilanciate sulle medie e sulle alte – in generale le uniche frequenze che le striminzite casse dei nostri telefoni riescono a riprodurre. I campioni vocali irrompono in modo scomposto, creano un’allucinazione uditiva che spiazza ma allo stesso tempo coinvolge. Non ci sono strutture particolarmente creative, allo stesso tempo però non si riesce a prevedere con precisione l’andamento dei brani; spesso sembrano inciampare su loro stessi, finire e poi riiniziare, perdere un colpo e ritrovarlo alla battuta dopo. Insomma viviamo un eterno presente multicolore: la sensazione è veramente vicina a quella dello scroll frenetico. Siamo incastrati in una staticità reale, che empiricamente invece ci appare come pura dinamicità.

Musicalmente è molto interessante e, soprattutto, funziona. Che è poi la cosa più importante quando si parla di musica il cui scopo è far ballare. In qualche modo è un amapiano accelerato, altro genere dance (questo sudafricano) per ora di ben altro spessore e sfumature ma dalle origini molto simili. Adesso in molti si stanno accorgendo delle crude potenzialità del Cruise e il genere sta diventando sempre più presente nei club di Lagos, iniziando ad affacciarsi anche fuori. DJ Tobzy Imole Giwa ha recentemente pubblicato il programmatico Cruise Beat Album per Nyege Nyege Tapes, etichetta ugandese ma d’animo francese brava ad anticipare e lanciare i più recenti ed eccitanti suoni africani. L’etichetta inglese Moves ha pubblicato una compilation di questi brani, con il suo CEO che si è imbattuto nei beat su TikTok mentre cercava nuovi pezzi amapiano. Io stesso ho scoperto il genere mesi fa, privato di ogni contesto o spiegazione, ascoltando un’oscura trasmissione dedicata ai suoni clubbing sulla web radio londinese NTS.

Una delle cose più eccitanti del genere è la sua attitudine volutamente dissacrante. Il punk non è stato citato a caso, anzi. I dj e producer Cruise non fanno giri di parole e manifestano l’insofferenza verso il nuovo sistema pop della musica nigeriana, fatto di superstar che ormai vivono tra Londra e Los Angeles e non hanno nulla a che spartire con le periferie di Lagos.

Sempre a Bandcamp, DJ Cora si spinge fino a dire quanto il genere sia «una specie di minaccia per molti dj. Stiamo portando alla luce e cercando di globalizzare lo stile locale. Daremo loro qualcosa di cui preoccuparsi. Ogni giorno, il cruise diventa più popolare. I dj che non lo suonano? Avranno un problema». Questa carica di sfida fa il paio con il fatto che il genere ha trovato una casa al New Afrika Shrine, un locale all’aperto creato decenni fa dal più popolare e rivoluzionario musicista africano di tutti i tempi: Fela Kuti.

La cultura africana ha questa caratteristica unica di elevare e rendere sacro qualcosa (di pagano o religioso poco importa), celebrarlo in modo quasi assolutista e poi in un secondo con una piroetta stufarsene, trovarsi a dissacrarlo fino allo sfinimento, buttandolo giù dal piedistallo su cui era stato messo. È una tendenza rigenerante, che tagliando teste permette a tante altre di nascere. Spesso poi in realtà le due realtà convivono. In un certo senso ricorda l’atteggiamento molto romano del “più ti voglio bene, più ti prendo per il culo”.

Ora il freebeat/cruise sembra lanciato e pronto a diventare uno dei nuovi suoni con cui ogni dj e producer del mondo deve fare i conti, proprio quello che è successo negli ultimi due anni con l’esplosione dell’amapiano. Vedremo se oltre alla portata musicale manterrà anche la carica profana e “punk”.

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