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La storia singolare della disputa tra gli OK Go (la band) e OK GO! (i cereali)

Un’azienda lancia una linea di cereali per la colazione usando il nome del gruppo con cui ha collaborato. Al posto di pagare un risarcimento, ora chiede dei soldi ai musicisti. «È bullismo aziendale»
ok go cereali

Foto: Michael Buckner/Variety/Penske Media via Getty Images

All’inizio dell’anno, un’azienda di nome Post ha condotto un’indagine di mercato negli Stati Uniti per lanciare una nuova linea di cereali. Discostandosi da una tradizione bicentenaria, i cereali disponibili in quattro gusti sono confezionati in piccole tazze a cui basta aggiungere un po’ d’acqua per reidratare il latte in polvere. «È il modo più semplice per gustarsi i cereali in una di quelle mattine piene d’impegni in cui non ci si ferma un attimo», afferma Post. «E non c’è neanche bisogno del latte!».

Damian Kulash, che di mestiere fa il musicista ed è papà di due bambini piccoli, non è rimasto granché colpito dall’idea dei cereali istantanei senza latte. «I cereali sono di per sé bombe di zucchero sotto forma di riso soffiato. E ora hanno trovato un modo per renderli ancora più sintetici e lavorati. Sembra una parodia, tipo Wall-E».

C’è un problema ancora più grosso. La nuova linea di cereali si chiama OK GO!, che si differenzia solo per un punto esclamativo da OK Go, il nome della band di cui Kulash è il leader dalla fine degli anni ’90. Appena è venuto a conoscenza della cosa, prima ancora che il prodotto arrivasse sugli scaffali, il musicista ha incaricato i suoi legali di contattare l’azienda nella speranza di trovare un accordo. E invece, dice, dopo aver offerto una cifra simbolica per chiudere la questione, Post ha fatto causa agli OK Go presso il tribunale federale del Minnesota. «Vogliono costringerci a spendere soldi finché non ne avremo abbastanza e molleremo», dice Kulash. «È una forma di bullismo aziendale».

Nel 2011, i rapporti tra Post e gli OK Go erano decisamente più sereni. Quell’anno, l’azienda ha ingaggiato la band per un video per promuovere la varietà di cereali Honey Bunches of Oats su YouTube: il risultato è una mezza tragedia, tenta di far ridere senza riuscirci con la storia della band che appare magicamente nella sala break di una fabbrica di cereali e interagisce con due dipendenti esagitati di nome Honey e Joy. La band adesso sostiene che la passata collaborazione con Post potrebbe suggerirere ai consumatori che gli OK Go abbiano in qualche modo a che fare con la nuova linea di cereali.

Il team legale di Post respinge la tesi. «Considerato il tempo trascorso da quella brevissima collaborazione di oltre dieci anni fa», scrive l’azienda in un comunicato, «il numero ridottissimo di visualizzazioni dei video di YouTube a cui si fa riferimento e l’arco di attenzione piuttosto breve del pubblico in generale, il marchio OK GO! di Post, utilizzato per i cereali o gli snack a base di cereali, non avrà alcuna influenza sulla percezione da parte dei consumatori e non porterà ad alcuna associazione con gli OK Go».

Non hanno torto a sottolineare il «numero ridottissimo di visualizzazioni» del video: dal 2011 è stato visto poche migliaia di volte. «Siamo più imbarazzati noi di loro per quel video», dice Kulash. «Ma non l’abbiamo fatto noi. Ci siamo solo prestati a farlo. Avete idea di come guadagnano le band, ormai? La gente non compra i dischi. Se qualcuno ti paga per partecipare a qualcosa, lo fai».

È la filosofia degli OK Go fin da quando sono esplosi, nel 2006, grazie alla coreografia coi tapis roulant nel video di Here It Goes Again (che conta oltre 61 milioni di visualizzazioni su YouTube). All’epoca, l’industria discografica era agonizzante a causa del file sharing e la cosa, dice Kulash, li ha costretti a fare delle scelte difficili.

«Ci siamo resi conto che potevamo fare le cose a modo nostro e avere a che fare direttamente con i brand», dice Kulash, «oppure potevamo restare fedeli al nostro distacco snob per non diventare dei “venduti”, trattando però con le major. È stato un dibattito lungo e difficile e alla fine ci siamo detti: tratteremo direttamente noi con quei demoni delle aziende, almeno così manterremo un po’ di controllo».

Hanno concesso in licenza quasi tutte le canzoni del loro album del 2010 Of the Blue Colour of the Sky per pubblicità e programmi televisivi. Negli anni seguenti, hanno collaborato con Chevrolet, State Farm, Morton Salt e molti altri grandi brand per realizzare video sempre più elaborati, con cui promuovevano sia la loro musica che chiunque fosse disposto a finanziarli. «Abbiamo lavorato con chiunque fosse sulla piazza», dice Kulash. «Questa cosa ci ha permesso di girare dei video che nessuna etichetta o band avrebbe potuto permettersi di fare».

Kulash è venuto a conoscenza di ciò che Post stava facendo alla fine dello scorso anno, quando l’azienda ha tentato di registrare il nome OK GO!. Li ha contattati. «Abbiamo proposto di fare un video insieme». Gli è stata fatta un’offerta incredibilmente bassa. «Sostanzialmente era un no», racconta. «Abbiamo replicato dicendo una cosa tipo: parliamo di idee, prima di parlare di numeri. Dopo un paio di giorni ci hanno fatto causa».

«Il mio sospetto», continua, «è che i loro avvocati o i loro addetti al marketing non abbiano fatto un controllo prima di scegliere il nome, per poi realizzare che stavano usando il nome di una band con cui avevano già fatto una campagna marketing. Era troppo tardi per fare marcia indietro e allora ci hanno fatto una mega-causa, per renderci la cosa difficile e costosa».

In una dichiarazione rilasciata a Rolling Stone, Post inquadra la faccenda in una luce molto diversa: «Post non sta cercando in alcun modo di impedire alla band OK Go di utilizzare il suo nome. Stiamo semplicemente chiedendo a un tribunale di stabilire che Post può usare le parole OK GO! in modo legale per il suo nuovo prodotto di cereali per la colazione. La legge sui marchi consente alle aziende di utilizzare le stesse parole per diversi tipi di beni e servizi, proprio come la parola Delta viene usata per rubinetti, linee aeree e assicurazioni dentistiche. Post ha intentato a malincuore questa causa quando i nostri tentativi di risolvere amichevolmente la questione sono stati respinti e la band ha continuato a minacciare di citare Post in un tribunale federale».

Kulash è al corrente dell’argomentazione di Post. «Ho appena cercato su Google le parole “ok go”. Escono circa 1000 risultati prima di trovarne qualcuno che non riguardi la nostra band. E sì, “ok” è comune e “go” è comune, ma il nome intero non lo è. Inoltre, riuscite a immaginare una collaborazione tra Delta Dental e Delta Airlines? Non esiste un universo in cui potrebbe accadere. Ma ogni azienda di cereali, da quando i nostri genitori avevano tipo quattro anni, ha fatto marketing usando personaggi della cultura pop, che si trattasse di figure dello sport o, nel caso di Post, di Pebbles [de Gli antenati]… persino Snoop Dogg ha appena annunciato di voler produrre un proprio cereale» (l’idea originaria del rapper di vendere cereali con il nome di Snoop Loopz si è imbattuta in problemi legati al marchio, ora il prodotto si chiama Snoop Cereal ed è distribuito proprio da Post).

Mentre gli avvocati cercavano di venire a capo di questo casino, Kulash è stato occupato con le registrazioni del nuovo album degli OK Go, il primo da Hungry Ghosts del 2014. A metà circa del lavoro, però, la band ha dovuto prendersi una pausa di 18 mesi per permettere a Kulash e alla moglie Kristin Gore, figlia dell’ex vicepresidente Al Gore, di curare insieme la regia dell’imminente film della Apple The Beanie Bubble. Il film, interpretato da Zach Galifianakis, Elizabeth Banks, Sarah Snook e Geraldine Viswanathan, racconta il fenomeno dei Beanie Baby della metà degli anni ’90. È basato sul libro del 2015 di Zac Bissonnette The Great Beanie Baby Bubble.

«È stata una delle bolle speculative più grandi e assurde della storia americana», racconta Gore a Rolling Stone. «Erano animaletti di peluche da cinque dollari che la gente ha trattato come fossero oro per tre anni: è stata una cosa folle». Il film non è incentrato totalmente sui Beanie Babies. «Per noi, più che altro, è stata un’occasione divertente per raccontare una storia sui valori dell’America», dice Gore. «Come di una specie di funerale del Sogno Americano, ma celebrato con una parata di quelle che si vedono nel Quartiere Francese di New Orleans. È questa la sensazione che comunica il film, e il cast è meraviglioso. È un modo per capire come siamo arrivati al punto in cui siamo ora».

Una volta terminate le riprese del film, Kulash è stato libero di tornare alle canzoni che gli OK Go avevano già inciso per il nuovo disco. L’esperienza sul set gli ha regalato una prospettiva completamente nuova sul progetto. «Non mi capita mai di tornare sui miei passi, riesaminare le canzoni in un secondo momento e dire “qui abbiamo sbagliato” e sistemare le cose. Ci stiamo lavorando proprio ora». Gli OK Go stanno già pianificando due video musicali diversi per promuovere l’album. «Non abbiamo i soldi per finanziarli, ma speriamo di riuscire a capire come fare, strada facendo».

Se la causa dovesse risolversi a breve, Post potrebbe avere un ruolo in un futuro video degli OK Go, come parte di un accordo fra le parti? «Probabilmente ormai c’è troppo astio tra noi perché possa accadere», risponde Kulash. «Sono riusciti a essere offensivi ai massimi livelli, intentando tutte le azioni legali possibili per esserlo. Inoltre, quello non è un prodotto con cui ci interessa essere associati. Ma ok, c’è di peggio al mondo, credo».

Da Rolling Stone US.

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