Sta per tornare Let It Be e nessuno credeva che sarebbe mai arrivato questo giorno. Il documentario perduto è considerato da sempre la pietra tombale sui Beatles. Tutti pensano sia un disastro anche se quasi nessuno l’ha visto, un po’ come Magical Mystery Tour. Diretto da Michael Lindsay-Hogg, uscito nel maggio 1970 quando i Fabs si stavano sciogliendo, Let It Be è passato alla storia come il film della rottura. Nessuno dei quattro ha presenziato alla prima. Il film non è stato disponibile per decenni, pochi l’hanno visto negli ultimi 50 anni. Di tutti i prodotti dei Beatles, Let It Be era il più introvabile.
Restaurato con la benedizione di Lindsay-Hogg, rielaborato digitalmente da Peter Jackson utilizzando la tecnologia impiegata per la straordinaria miniserie Get Back del 2021, Let It Be debutterà su Disney+ l’8 maggio. È sempre lo stesso film che mostra i Beatles in studio, durante le session burrascose per l’album che diventerà il loro addio, Let It Be. A chi interessano 80 minuti di battibecchi dei Fab Four?
Nel frattempo, però, Get Back ha cambiato la percezione di quel periodo e di quelle session, mostrando l’altro lato, ovvero la gioia e il cameratismo. Il mondo è finalmente pronto a vedere Let It Be sotto una nuova luce? Come ci sembrerà ora che sappiamo molte più cose?
La reputazione di Let It Be è stata pessima sin dalla fugace apparizione nei cinema nel 1970. Era persino difficile trovarlo e vederlo. Per un breve periodo è esistito in versione home video, ma è stato ritirato ed è sparito. Io l’ho visto da teenager durante una proiezione di mezzanotte a Boston, col pubblico che fischiava quando Yoko Ono appariva sullo schermo. L’atmosfera ostile che si respirava in studio si era propagata anche in sala. È quindi una grande sorpresa che Let It Be venga riesumato. A livello di materiale d’archivio dei Beatles, le probabilità che accadesse erano pari a quelle di vedere un musical basato su Magical Mystery Tour: The Musical o la versione on ice di Carnival of Light.
La storia inizia nel gennaio 1969, quando John, Paul, George e Ringo chiamano Lindsay-Hogg per chiedergli di filmarli mentre sono in studio e lui raccoglie 56 ore di riprese nell’arco di 21 giorni. Le session di Get Back diventano pesanti, George molla il gruppo (non in video), i quattro litigano, tengono il broncio, sembrano tristi. E alla fine, fanno il famoso concerto sul tetto, suonando dal vivo per la prima volta dopo anni (finché almeno non arriva la polizia). Le riprese sono destinate a uno speciale televisivo di mezz’ora, ma il nuovo manager Allen Klein, avendo appena messo le mani sui Beatles, decide di portarlo nelle sale come film per fare cassa. Let It Be arriva nei cinema nel momento peggiore, poche settimane dopo l’annuncio dello scioglimento fatto da Paul.
Persino Peter Jackson era rimasto talmente traumatizzato da Let It Be che non era poi così sicuro di fare Get Back. «Da fan di vecchia data dei Beatles, non ero esattamente propenso a farlo», ci ha detto tempo fa. «Pensavo: se quello che abbiamo visto è la roba che hanno ritenuto di volere mostrare, come saranno le altre 55 ore? Quando sono andato alla Apple ero riluttante. Pensavo: dovrei essere elettrizzato, ma ho paura di quello che sto per vedere».
La considerazione che si ha di Let It Be è cambiata nel tempo. All’epoca era tristemente noto per i battibecchi, ma era un’epoca in cui eravamo tutti più innocenti, si pensava che i quattro Moptops non avessero mai avuto da ridire su qualcosa, tranne su chi fosse il Tricheco. La gente non sapeva nemmeno che John e Paul firmavano le loro canzoni come Lennon-McCartney ma le scrivevano separatamente, o che George si sentiva sotto pressione o che, a volte, non sopportavano le canzoni l’uno dell’altro. Le si immaginava ancora come i quattro di Help! che vivevano tutti assieme nel loro appartamento fighissimo. È stato uno shock vedere incrinarsi l’amicizia più nota al mondo.
La maggior parte dei fan conosce Let It Be solo per una scena inserita sia in Anthology che in Get Back, quella con Paul e George che litigano per una parte di chitarra. Paul dice che «mi sento sempre come se ti dessi fastidio», George lo guarda negli occhi: «Non mi dai più alcun fastidio», sogghigna, «suono quel che vuoi. E non suono proprio, se non vuoi che lo faccio. Faccio tutto quel che ti fa piacere».
La cosa all’epoca ha fatto inorridire un sacco di gente. Era prima che esistessero i rockumentary o i reality in tv, prima che si sapesse com’era una vera lite tra rockstar. Vista oggi, non ha niente di drammatico. Come ha detto Giles Martin, «quando si vede questa famosa discussione nel film, ci si domanda: “Tutto qui? È questo il problema?”». Per una band come gli Aerosmith, sarebbe una conversazione amichevole. «Ho lavorato con gli Aerosmith alla produzione del loro spettacolo a Las Vegas, che Dio li benedica. Persino le discussioni sui voli per Boston erano peggio di così».
Let It Be è uscito nel maggio 1970, 14 mesi dopo le riprese, non è insomma il documentario che fotografa una band che si sta sciogliendo. Subito dopo quelle session, i quattro hanno pubblicato Abbey Road, che conteneva non solo i brani più solari, ma anche alcuni tra i più popolari del gruppo. Eppure del film si parla ancora in questi termini: la band che si separa davanti alla telecamera. «Era un periodo molto buio non solo per i Beatles, ma anche per i loro fan», ha detto Peter Jackson. «Immagino che andare al cinema nel maggio del 1970, avendo appena saputo che i Beatles si erano sciolti, spingesse a vedere il documentario in quell’ottica. La tempistica ha fatto sì che venisse bollato come il film della rottura».
Parte della brutta nomea del documentario era dovuta alla qualità scadente. Era stato girato per la tv degli anni ’60, su pellicola da 16 mm. Ma quando Allen Klein ha deciso di farne un film, le riprese in 16 mm sono state gonfiate per il grande schermo fino a 35 mm, col risultato di farlo sembrare un unico lungo errore tecnico. Jackson ha rimesso a nuovo digitalmente il girato di Get Back, stupendo i fan. Ora col suo team ha fatto lo stesso lavoro su Let It Be, utilizzando sempre la tecnologia MAL de-mix per la musica, in modo che finalmente immagini e audio rappresentino fedelmente i Beatles.
Michael Lindsay-Hogg, che oggi ha 84 anni, ha sempre difeso strenuamente il Let It Be originale. «Ho sempre pensato, per ragioni che non hanno a che spartire con la sua qualità, che fosse mal visto nel mondo dei documentari rock e in particolare in quello dei Beatles», ha detto a Rolling Stone nel 2021. Ringo si è lamentato dicendo che non c’era gioia nel documentario di Michael Lindsay-Hogg. La risposta del regista: «Non m’importa».
Lindsay-Hogg è stato regista del programma tv musicale inglese Ready Steady Go! e ha avuto una lunga storia con i Beatles, per i quali ha diretto i video pionieristici di Hey Jude, Paperback Writer e Rain, ma anche progetti dei Rolling Stones come il Rock and Roll Circus. Il famoso video di Hey Jude è stato girato ai Twickenham Studios di Londra, con la band circondata da 300 fan che cantavano insieme. «Si erano talmente divertiti che l’idea dietro a Get Back era di fare esattamente la stessa cosa», ha detto Peter Jackson. «In pratica il promo di Hey Jude, ma con 14 canzoni e trasmesso in diretta tv». Però i ragazzi si sono stancati presto del progetto. Sono passati a lavorare ad Abbey Road e il girato accantonato è stato trasformato in un film.
La prima di Let It Be è stata una delle più fallimentari della storia del cinema. Il 20 maggio, fuori dalla sala in Piccadilly Circus, a Londra, era assiepata una folla che sperava di vedere i Beatles. Nessuno di loro si è presentato. I vip sul red carpet erano uno strano miscuglio di ex compagne dei Beatles come Jane Asher e Cynthia Lennon, il regista di A Hard Day’s Night Richard Lester e degli Hare Krishna. Anche i dipendenti della Apple erano lì in attesa dei loro capi: nessuno dei quattro si era preoccupato di avvisare che non sarebbero arrivati. «È stato tristissimo, orribile», ha scritto il loro addetto stampa Derek Taylor nel suo libro di memorie As Time Goes By. «Nei giorni successivi alla proiezione, temevo che uno di loro mi chiedesse: “Sei andato alla prima?”».
Tutto ciò ha segnato la reputazione del film. Ha infranto le illusioni di un pubblico mondiale che ancora sperava che la rottura fosse solo un litigio passeggero. John Lennon ha visto finalmente Let It Be a San Francisco, su consiglio del suo terapeuta, un mese dopo l’uscita del film. Nessuno si è accorto che c’era un Beatle in sala, perché non c’era un’anima. Ci è andato con Yoko, Jann S. Wenner di Rolling Stone e sua moglie Jane, poco prima dell’intervista storica “Lennon Remembers”. «Abbiamo comprato i biglietti e siamo entrati», racconta Wenner. «Era un pomeriggio di un giorno feriale, il cinema era vuoto». John è scoppiato in lacrime. «Ricordo che siamo usciti dalla sala stretti tutti e quattro in un abbraccio, e ricordo la tristezza».
Parte dell’entusiasmo col quale Get Back è stato accolto, nel novembre del 2021, è imputabile al modo in cui dissipava le vibrazioni negative di Let It Be. Jackson aveva recuperato le 56 ore di girato, ma le aveva usate per raccontare una storia completamente nuova, una festa di sei ore per i fan, che mostrava la band riunirsi per fare musica senza tempo in un momento buio. In un certo senso, Get Back è stato presentato come la antitesi di Let It Be. È quindi giunto il momento di dare una seconda chance a questo film, tanto criticato e visto raramente. Lindsay-Hogg, per esempio, è sicuro che, dopo Get Back, il pubblico sarà finalmente pronto per Let It Be. «È nell’interesse di tutti far uscire di nuovo Let It Be, dopo il lavoro di Peter, perché sono film completamente diversi. Non sono in concorrenza». Ora che saranno raccontate entrambe le versioni della storia, il mondo potrà finalmente vedere Let It Be con occhi diversi.
Da Rolling Stone US.