Pochi mesi fa Post Malone ha battuto un record che apparteneva a Michael Jackson da 34 anni. Stoney, il primo album in studio del rapper, è rimasto nella Top 10 di Billboard per 77 settimane, una in più di quanto registrato da Thriller negli anni ’80. A differenza del re del pop, però, Malone non è un idolo mondiale. Anzi, si porta sempre dietro una lunga fila di critici, chi per la musica, chi per le sue dichiarazioni e i suoi modi di fare sopra le righe. Ed è proprio questo il suo punto di forza: nell’era dello streaming in abbonamento, che ti permette di ascoltare un numero potenzialmente infinito di album senza nessun “costo aggiuntivo”, la popolarità è solo un indicatore di attenzione, non necessariamente della presenza di un grosso pubblico. Nell’era della distribuzione digitale della musica l’ascolto ironico, chiamiamolo così, vale tanto quanto quello del fan appassionato. Tutti abbiamo ascoltato Young Signorino, ma sono pochi quelli che comprerebbero davvero un suo disco.
Questo sistema ha fondamentalmente due conseguenze: la prima è che gli album si allungano, si sbrodolano all’infinito – Scorpion di Drake è un doppio album interminabile, e ha guadagnato più di un milione di dollari nelle prime 24 ore di streaming -, la seconda è che ogni uscita deve necessariamente essere accompagnata dal giusto grado di hype social. Questa “dittatura dell’hype”, però, può avere conseguenze inaspettate e generare veri e propri cortocircuiti: può succedere, per esempio, che un brano assurdo, violento e volgare diventi virale e accumuli abbastanza click da finire in cima alle classifiche.
In teoria le varie piattaforme di streaming dovrebbero essere già attrezzate per impedire che succeda – Spotify, lo scorso maggio, diceva che che non avrebbe più promosso nelle sue playlist artisti con contenuti “lontani dai suoi valori” -, ma a volte il meccanismo si inceppa. Questo abbiamo pensato stamattina, quando scorrendo la classifica Viral 50 – Italia di Spotify, abbiamo notato che al secondo posto, subito sotto Settembre! dei La Differenza, c’era un brano intitolato Porcamadonna Rolex. Abbiamo schiacciato play, ed ecco il singolo di punta di tale Trap God, anonimo rapper milanese che si presenta con un alter ego animato tipo Gorillaz, ma con una croce-pistola appesa al collo, la maschera da cinghiale e due mitra Uzi.
Il brano è estratto dal suo esordio Porcoddio EP, cioè la raccolta di brani più scorretta e assurda dai tempi di Vengo da Ghana. L’album, se di album si può parlare, è composto di cinque brani abbozzatissimi, tutti sotto i due minuti, con basi banali e testi allucinati rappati con un flow impastato che vorrebbe assomigliare a quello di Guè. L’immaginario del God è un trionfo di concerti ad Auschwitz, cocaina, stragi, armi ai bambini, anfetamine ai bambini, incesti, Salvini e Saviano, “troie sullo yacht, quattro Lamborghini e sei Ferrari sullo yacht”, cose così. L’intento è chiaramente ironico, come spiegato nello sgrammaticato manifesto pubblicato su Instagram e nella bio di Spotify, dove si specifica che “tutto ciò che artisticamente riguarda l’artista Trap God e Young $atana (il producer, nda) è totalmente astratto e non vuol rispecchiare la vita reale di questi ultimi”.
Insomma, è inutile scandalizzarsi di fronte alle rime di uno che dice di “flexare su Gesù”, un anonimo che cerca di ripetere l’effetto shock alla Young Signorino e che sa che per riuscirci può solo spingere la scorrettezza oltre tutti i limiti, e non importa se si sfocia nel nonsense, nello shitposting musicale, anzi forse meglio ancora. Trap God non è l’unico troll-rapper in giro sulla rete, ma a differenza dei colleghi come Young Greggio – che canta di Peugeot 107, centri massaggi e, appunto, Ezio Greggio – è l’unico che cerca di sfondare sul serio.
L’EP è uscito dopo una campagna di trailer su YouTube, piccoli brani necessari a Trap God per presentare se stesso e la sua poetica e per anticipare l’uscita su tutti i principali distributori di musica del web – tra queste miniature spicca Mio nonno ha l’alzheimer, dove c’è l’attacco più potente mai registrato dal God: “Uh, mio nonno ha l’alzheimer / Uh, ho pensieri sessuali su mamma / Mio padre è rimasto incinta”. La musica di Trap God non è nascosta tra le pagine di 4chan o in qualche gruppo di meme su Facebook, è su Amazon, Apple Music, Deezer, Tidal e naturalmente Spotify, che abbiamo contattato per chiedere come mai un album del genere sia sulla piattaforma da praticamente un mese, e come abbia fatto a scalare la classifica nel silenzio generale.
Dell’assurdità del tutto se n’è accorto persino Trap God, che chiude il suo manifesto poetico mettendo le mani avanti: “Tali contenuti sono unicamente a scopo artistico. Non rifare a casa, non prendere sul serio”. Il primo troll con un disclaimer.