«Le canzoni fan quel che vogliono»: all’autogrill di Fiorenzuola con Ligabue | Rolling Stone Italia
La notte di Certe notti

«Le canzoni fan quel che vogliono»: all’autogrill di Fiorenzuola con Ligabue

Il musicista ha presentato ieri esibendosi in un luogo inusuale i suoi nuovi progetti: un concertone al Campovolo col pubblico dotato di braccialetto digitale multiuso, un’edizione ampliata di ‘Buon compleanno Elvis’, un docufilm, il tour nei teatri dove «vincono i dettagli». E chissà, magari Sanremo

«Le canzoni fan quel che vogliono»: all’autogrill di Fiorenzuola con Ligabue

Ligabue a Fiorenzuola d’Arda

Foto: Jarno Iotti

Ci sono così tante cose strane, là fuori, che quasi non torna così strano lo strano caso di un artista che nel giro di poche ore inizia un tour in cui raccontare sé e le sue canzoni (seduto) nella solenne e quieta cornice dei più nobili teatri italiani, per pochi intimi (seduti), poi un’ora dopo si esibisce a chitarre spiegate in uno dei (non)luoghi più popolari della nazione, ovvero un autogrill – e in quel contesto annuncia che terrà un concerto per oltre 100 mila persone – però, sostanzialmente, dietro casa sua. È un continuo di pubblico e privato che si rincorrono.

D’altronde Luciano Ligabue ha sempre cercato un compromesso che non compromettesse la sua apertamente duplice natura di cantautore che apre con cautela il suo mondo agli altri e di rocker che urla contro il cielo insieme a una folla di simili, con i quali condividere il pronome “noi”. E così, la radio che passa Neil Young forse sta mandando un pezzo da Rust Never Sleeps, album di mille anni fa che presentava una facciata di brani acustici e solitari, mentre sull’altro aveva pezzi dall’impatto fragoroso. E certe notti, my, my, in Ligabue si affaccia quella prima facciata, mentre certe notti, hey, hey, prevale l’altra.

I suoi spettacoli teatrali, a quanto pare già tutti sold out, sono il completamento di un lunghissimo tour in cui ha suonato in luoghi di dimensioni più abituali, club, stadi, arene, forum. «Ma Dedicato a noi è un album cui io tengo molto, e ci tenevo a proporlo anche nella dimensione teatrale, che è la più sfidante per me. Sottintende qualcosa di veramente intimo anche se non è il mio territorio naturale. Le mie esperienze precedenti mi hanno insegnato che è un contesto in cui vincono i dettagli, tutte quelle piccole cose che riesci a mettere nel canto e nel suonare uno strumento: si sta un po’ più trattenuti ma magari fai qualcosa che musicalmente è anche più ricco».

I brani, scelti ogni sera da un menu di 45 canzoni, vengono inframmezzati dalla lettura, libro alla mano, di brani della sua autobiografia. Questi momenti di pubblica intimità prevedono alcuni arrangiamenti tesi a evidenziare sfumature più sottili in diverse canzoni, ma non escludono pagine molto rock – e in tali frangenti, tanto lui quanto i quattro musicisti che lo accompagnano fanno fatica a rimanere seduti. E lo stesso vale per il pubblico.

Così, anche per questo motivo, a quanto si è visto nella data zero del tour nel gioiellino che è il teatro Asioli della sua Correggio c’è da supporre che l’equilibrio tra le diverse personalità del protagonista verrà trovato solo dopo un po’ di rodaggio, anzi, di roadaggio lungo una strada che alla fine in ogni caso lo porterà, immancabilmente, a una nuova celebrazione di massa nella sua personale cattedrale, il 21 giugno 2025.

«L’anno prossimo festeggiamo i 20 anni del primo Campovolo e i 30 anni di Buon compleanno Elvis e di Certe notti, che è diventata anche il claim di questa nuova festa: La notte di Certe notti». L’anno venturo uscirà peraltro un’edizione deluxe dell’album. Operazione alla quale tiene molto e che non è dovuta, assicura, alla mancanza di idee nuove. «Continuo a scrivere canzoni, ne scrivo un botto, ne butto via tante. Ma ora come ora non ho intenzione di fare un album di nuovo materiale, sto scavando in tutti gli archivi per recuperare outtake e demo di Buon compleanno Elvis per la versione celebrativa dell’anno prossimo».

Un altro progetto in cantiere è un docufilm – e non a caso durante la citata mini-esibizione all’autogrill di Fiorenzuola volavano droni che riprendevano la scena. Perché il pendolo, dopo aver oscillato verso le chitarre acustiche e i libri e i teatri e il tradizionale orgoglio paterno nel sapersi spalleggiato dal figlio Lenny alla batteria, si sposta con naturalezza dalla tradizione all’innovazione galoppante, che per il megaconcerto porterà nelle case degli spettatori una specie di Ligawatch al posto del biglietto. Verrà recapitato a casa senza costi di spedizione e conterrà sia i codici per l’ingresso che le applicazioni per partecipare alle esperienze ligabuesche del Memphis Boulevard, sorta di LigaLand che verrà realizzata per l’occasione al Campovolo. Il braccialetto digitale sarà anche lo strumento per la gestione personalizzata del credito per cibo e bevande e il pernotto al camping e il merchandising, in un evento in cui i contanti saranno inutili, e al quale la gente sarà accolta fin dal giorno prima – quindi, per chi vorrà, La notte di Certe notti sarà lunga due notti.

Sulla scelta della canzone fatidica come vessillo dell’intera operazione, aggiunge: «Il mio rapporto con Certe notti include fascinazione e mistero. Nel luglio 1995 io non venivo da un periodo trionfale, non sapevo come sarebbero andate le cose e nemmeno quale sarebbe stata la canzone su cui avremmo puntato come singolo: visto che nei miei album precedenti avevamo puntato su canzoni dai bpm molto alti, pensavo che sarebbe stato Vivo morto o x. Per questo, tutto quello che è scaturito da quella canzone ancor oggi ci meraviglia. E dimostra una volta di più che non esiste una ricetta, che le canzoni fanno quel cazzo che vogliono e quello che vuole chi le ascolta, perché alla fine la frase significativa di Certe notti è diversa per ogni persona che la conosce».

Al momento non ci sono indicazioni su eventuali ospiti del live celebrativo. Gli chiedono di Jovanotti e Piero Pelù, visto il recente remix di Il mio nome è mai più e la grande abbondanza di guerre in corso. In questo momento non c’è niente di deciso in merito. Potrebbe anche scegliere di esimersi. Che è un po’ lo stesso atteggiamento che, a differenza di diversi colleghi della sua generazione, ha nei confronti dei featuring con esponenti della scena rap. «Quando ero bambino negli anni ’60 le canzoni erano fatte di melodia e ritornello; continuo ad essere affezionato al concetto di melodia e al canto, è il mondo che conosco meglio quindi non ne giudico altri, ma al momento non sono attratto e mi fermo qui, anche se poi non si sa mai nella vita, potrebbero esserci possibilità di contaminazioni e duetti».

In compenso, dopo Certe notti, il futuro potrebbe riservare certe prime serate. Ovvero: per chi fosse sinceramente interessato alla Sacra Kermesse che incanta la nazione, Liga ha dato la sua disponibilità al Festival di Sanremo. Okay, magari non il prossimo, non è stato esplicito. Ma visto che qualcun altro ci farà il titolo, non possiamo esimerci del tutto dal menzionare la circostanza. Anche perché lui ritiene di avere una brutta figura da riscattare. «Ci devo tornare perché l’ultima volta ho fatto una mezza cagata. In quel clima in cui è come se ne andasse della vita e della morte di qualcuno, io ho pensato di fare ironia. Nella mia testa la mia entrata trionfale voleva essere una cosa punk ma è venuta una ciofeca, intanto perché non so recitare, e poi perché in realtà mi sentivo le zanne di Sanremo sulla carotide, e non ero divertito. Quindi magari la prossima volta andrò lì e starò fermo e magari canterò in playback».

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