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«Le ragazze non ci volevano e quindi sniffavamo colla»: la prima folle intervista ai Ramones

Quando "Rolling Stone" li intervista per la prima volta nell'agosto del 1976, i Ramones hanno da poco pubblicato il loro primo disco e sono quattro post-adolescenti coi brufoli strafatti. «Alcuni dicono che la nostra musica suona tutta uguale, ma è sempre così finché non ci si abitua»

Foto: Michael Ochs Archives / Getty Images

Johnny Ramone dice che ha colpito per sbaglio il presidente del corpo studentesco nelle palle con la sua chitarra, facendo bandire una prima formazione dei Ramones dal talent show del liceo. «Mi sono lasciato trasportare dalla musica», dice.

Il bassista Dee Dee Ramone dice che non è colpa sua se il preside gli ha chiesto di abbandonare definitivamente le lezioni. «Mi hanno dato una lunga lista di crediti e non sono riuscito a capirla. Volevano che seguissi queste cose accademiche. Io volevo solo seguire corsi pratici».

Il batterista Tommy Ramone costruiva modellini di carri armati e si sballava con la colla. «Molta della nostra musica nasce da quella sensibilità. Siamo dodicenni intellettuali».

Joey Ramone, cantante comatoso, dice solo che vorrebbe aumentare la sua collezione di maniglie delle porte.

Cavalcando un’ondata di recensioni entusiastiche da parte della critica newyorkese, il loro album Ramones è entrato nella Top 150. Sono appena tornati da due date a Londra con i Flamin’ Groovies.

Gran parte del fascino della loro musica, un amargama che ha maggiore energia, testi più divertenti e minore padronanza degli strumenti rispetto a quella dei New York Dolls, deriva dall’istintiva comprensione dei Ramones che la grande arte può derivare dal trasformare le proprie passività in attività.

«Il motivo per cui inizio tutte le nostre canzoni urlando “un-due-tre-quattro” nel microfono è perché non abbiamo mai imparato come si fa il conteggio in silenzio», spiega Dee Dee, controllandosi i brufoli in uno specchietto sulla scrivania del manager Danny Field.

«Urlare “un-due-tre-quattro” è anche più divertente», aggiunge Tommy. «La nostra musica è una risposta ai primi anni ’70, quando artisti con un grande ego facevano armonie vocali e suonavano lunghi assoli di chitarra e venivano chiamati geni. Erano stronzate. Noi facciamo rock’n’roll. Non facciamo assoli. Le nostre uniche armonie sono negli accordi di chitarra».

I Ramones (che non è il loro vero cognome) sono nati nel 1952 (Johnny nel 1951) e sono cresciuti a Forest Hills, nel Queens, dove hanno frequentato il liceo insieme e sono stati scaricati dalle ragazze. «Volevano andare con i ragazzi che avevano le Corvette», dice Johnny, «così non c’era altro da fare che salire sui tetti e sniffare colla. Tipico dei musicisti non avere una fidanzata all’inizio, ma una chitarra».

«Mi fa ancora arrabbiare che non abbiano voluto avere niente a che fare con noi», aggiunge Dee Dee. «Ai tempi dei glitter dovevo travestirmi e dire che ero uno dei T-Rex».

Da questo trauma adolescenziale sono nati capolavori di misoginia come I Don’t Wanna Walk Around with You e Loudmouth (“Sei una chiacchierona baby / meglio che te ne stai zitta / devo alzare le mani / perché sei una chiacchierona baby”). La loro grande esperienza nella costruzione di modelli ha prodotto una delle massime dichiarazioni sulla lobotomia adolescenziale, Now I Wanna Sniff Some Glue.

«Sniffavamo e poi chiamavamo questo numero di telefono e ascoltavamo i bip», ricorda Dee Dee. «Ce l’ho sui pantaloni e sulla camicia. Nel respiro. Puzzava davvero. Ci si può uccidere in questo modo. Non lo consiglierei ai ragazzi di adesso».

Nel prossimo album i Ramones metteranno un pezzo che chiamano Carbona, Not Glue in onore di un liquido per la pulizia che hanno sniffato dopo che i negozi d’artigianato non hanno più voluto venderglielo.

Dopo il diploma i Ramones hanno trovato dei lavoretti per mantenersi. Due anni fa hanno iniziato a suonare al CBGB, il bar della Bowery specializzato in rock. Si vestono con giacche di pelle e, più di ogni altra band locale, personificano l’immagine del punk: parlano male, suonano forte e hanno un aspetto così fragile da spingere il pubblico a volersi prendere cura di loro. «Abbiamo sviluppato un piccolo seguito di strambi», dice Tommy. «Poi ci sono stati gli intellettuali. Ora arrivano i ragazzini».

«Alcuni dicono che la nostra musica è tutta uguale», continua Tommy, «ma tutti i nuovi tipi di musica suonano uguali finché non ci si abitua. Abbiamo fatto stampare i testi delle nostre canzoni nel libretto del disco perché eravamo stufi di essere chiamati stupidi mutanti dalla gente che non capiva le parole. Abbiamo finalmente trovato uno sfogo per la nostra autodistruzione».

«L’adolescenza è stata dura», commenta Dee Dee, al che Tommy aggiunge: «Soprattutto se non ne sei ancora uscito».

Da Rolling Stone US.

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