Lo strano caso di Ethel Cain, la cantautrice che trasforma piacere e peccato in misteri sonori | Rolling Stone Italia
Gotico americano

Lo strano caso di Ethel Cain, la cantautrice che trasforma piacere e peccato in misteri sonori

La musicista nota per le canzoni su traumi e religione ha spiazzato tutti pubblicando ‘Perverts’, 90 minuti di bordoni, rumori, pezzi lenti e sinistri, un monumento sonoro mistico-erotico che ha rafforzato il culto attorno al suo personaggio

Lo strano caso di Ethel Cain, la cantautrice che trasforma piacere e peccato in misteri sonori

Ethel Cain

Foto: Silken Weinberg

Una pianura innevata, un prato punteggiato dai tralicci dell’alta tensione, una piazzetta deserta di chissà quale cittadina su cui veglia un campanile, ovviamente un cimitero. Quand’è uscito Perverts di Ethel Cain, la figlia del diacono nota per le canzoni su traumi e religione, i fan hanno cominciato a postare fotografie dei luoghi dove l’hanno ascoltato per la prima volta o dove immaginano sia appropriato ascoltarlo. Non è neanche più gotico americano, è una vibrazione globale, fredda e sinistra in cui convergono desiderio, desolazione, sensi di colpa, perversioni, morte. Odora di sesso e d’incenso, ha il suono ora d’un trapano elettrico in chiesa, ora di una preghiera di cui non si capiscono le parole.

Tempo fa in un’intervista Ethel Cain, che sarebbe poi il personaggio di fantasia creato dalla cantautrice Hayden Anhedönia, si lamentava del fatto che su Internet tutto diventa battuta e nulla ha valore. I 90 minuti di Perverts sono sulla carta perfetti per mettere a tacere il demone dell’ironia che la cantautrice ha conosciuto dopo il successo dell’album Preacher’s Daughter e del singolo American Teenager, che pure Obama ha inserito in una sua playlist di fine anno: lunghi strumentali, bordoni, musica concreta, brevi frasi ripetute, rumori, campi larghi di sintetizzatori, qualche chitarra elettrica dal suono squarciato, parti vocali che sembrano recitate da un fantasma. Qualche canzone c’è, sì, ma è talmente lenta da sembrare eseguita al rallentatore.

È musica strana per gli standard odierni, può risultare vuota e respingente, ma ha un suo fascino inquietante ed è quindi perfetta per essere analizzata dalle fan innamorate del personaggio, le cosiddette Daughters of Cain, ed è anche sufficientemente misteriosa da adattarsi all’associazione con immagini, cose, esperienze disparate. Non so se con Perverts Ethel Cain intendesse allontanare il culto che s’è creato attorno al suo personaggio, forse no, di certo lo ha rafforzato. Alla memizzazione non si scappa e già qualcuno parla di un Pervert Winter dopo la Brat Summer.

Anhedönia è diventata l’eroina degli emarginati d’ogni risma, dei non allineati, degli strambi e di quelli a cui l’educazione cattolica ha inculcato sensi di colpa ineludibili. Lo è diventata grazie all’album di due anni e mezzo fa Preacher’s Daughter. Hayden è Ethel e non lo è. Nata nel 1998, cresciuta a Perry, Florida con una rigida educazione battista, Hayden ha imparato a cantare e ad apprezzare la musica in chiesa. Ha sperimentato cosa vuol dire essere attratti da persone del suo stesso sesso (nel suo caso ragazzi) in un posto dove l’omosessualità era considerata demoniaca. A 16 anni se n’è andata a Tallahassee e ha poi provato un po’ tutto, acidi, oppioidi, metanfetamina, il tipo di eccesso tipico di chi viene da un ambiente repressivo. Il personaggio di Ethel viene invece dall’Alabama e dopo avere subito abusi da parte del padre scappa verso ovest dove percorre le strade del male (semicit. di Donald Ray Pollock), conosce il sesso, lo sfruttamento, la droga e trova infine la morte. Ci dice addio da un freezer, smembrata, pronta per essere cannibalizzata. Se Hayden vive nel nostro mondo, Ethel appare inafferrabile e sfocata come nella foto sulla copertina di Preacher’s Daughter, fantasma d’un altro tempo coi nostri stessi demoni.

Ethel Cain - American Teenager (Official Video)

Cain non è solo un personaggio, è un mondo, una possibile saga che Anhedönia conta di sviluppare in futuro in altri dischi, magari un libro, sognando forte pure un film. È gotico americano sussurrato alle orecchie della Generazione Z da una cantante che è stata più volte paragonata a Lana Del Rey per il tono assieme dark e sensuale del canto, una che nelle interviste dice cose tipo «ci sono tre persone dentro di me: un sedicenne punk, la nonna con cui vive e il demone che sta nel loro seminterrato». Il suo bedroom pop conquista i fan che la chiamano Mother. Lei legge scrittori sudisti ma anche Baudrillard e Sartre, ricama o almeno così dice, cerca di stare lontana dai social perché creano dipendenza. Non abbandona però Tumblr dove offre ai fan chiavi di lettura delle sue canzoni, lo stesso Tumblr dove suppergiù ventenne ha scoperto che cosa vuol dire essere trans, capendo quindi sé stessa. Non è un aspetto che ama sottolineare, non vuole essere considerata un’artista trans, ma un’artista e basta. Oltre a pubblicare qualche EP (uno registrato nel seminterrato della vecchia chiesa in cui viveva) e Preacher’s Daughter, collabora coi brand Givenchy, Miu Miu e Calvin Klein, apre per Caroline Polachek e per Florence + The Machine, viene chiamata ai festival estivi, eppure giura che non le piace esibirsi davanti a tutta quella gente perché non ama sentirsi al centro dell’attenzione.

Il pop che c’era in Preacher’s Daughter, e ce n’era, è totalmente assente da Perverts. Anhedönia ha chiarito che va inteso come progetto a parte, non il seguito dell’album o della saga di Ethel, ma un EP di un’ora e mezzo di durata, un EC1,5 per dirla con un gagaismo. Il culto che lo circonda pochi giorni dopo l’uscita è direttamente proporzionale alla sua stranezza, a quello che dice e forse anche a quello che non dice. Anhedönia s’è appassionata di ambient, drone music, slowcore, e si sente. Apre il disco con un pezzo di 12 minuti titolato Perverts dove abbina l’inno cristiano del XIX secolo Nearer, My God, to Thee (in italiano Più presso a te, Signor, pare sia l’ultimo pezzo suonato dall’orchestrina del Titanic) a una voce inquietante che dice che “il cielo ha abbandonato chi si masturba”. Ci sono suoni e rumori inquietanti, pare di stare in un sottosopra. Una mezz’oretta dopo c’è un pezzo titolato Onanist. Il suo “voglio conoscere l’amore, voglio sapere cosa si prova” che arriva dopo una frase di pianoforte da aldilà non è dolce, ma disperato ed è stuprato da una chitarra elettrica gracchiante.

La colpa derivante dal piacere sembra essere uno dei temi del disco. Le perversioni del titolo sono quelle che vedono gli altri, ma anche quelle vere. E così c’è Vacillator in cui la protagonista dice “potrei farti venire anche 20 volte al giorno” e “se mi ami tientelo per te”. Non si capisce se è sesso o tortura. Il pezzo più corto è Punish, sei minuti e 40 secondi su un pedofilo a cui il padre di una vittima ha sparato e che si mutila fisicamente per punirsi simulando la ferita inferta dal proiettile. Se Housofpsychoticwomn prende il titolo dal libro della cineasta Kier-La Janisse House of Psychotic Women: An Autobiographical Topography of Female Neurosis in Horror and Exploitation Films, l’architetto Étienne-Louis Boullée ha ispirato Etienne. Le musiche sono lente, d’atmosfera, non sembrano sintonizzate sul pop in cui viviamo, ogni tanto sembrano esprimere la ricerca di una qualche forma di trascendenza attraverso la ripetizione e la riproduzione di rumori, loop, suoni naturali. In un post, Anhedönia ha ringraziato i bordoni che si trovano ovunque nel mondo e a cui ha prestato ascolto: le scatole dei trasformatori sul ciglio delle strade, il rumore statico delle frequenze radio, il soffio della ventola del suo computer, il rombo lontano dell’autostrada. «Ti amo, suono, ci sei sempre stato per me».

Il finale è affidato a Amber Waves che, dice l’autrice, parla di mettere da parte l’amore per farsi e che però è cantata in modo dolcissimo e con timbro finalmente limpido. Le ultime parole che si sentono sono “non provo nulla”. In Preacher’s Daughter la sconfitta veniva da fuori, dalla Chiesa, dalla gente, da un maniaco. In Perverts è incisa sulla nostra carne. La dialettica tra piacere e peccato è estenuante e genera mostri.

Ethel Cain - Punish (Official Video)

Perverts e il suo immaginario sono anche un po’ atto di resistenza alla cultura delle celebrità che la cantautrice ha avuto modo di conoscere, a quel mondo che l’ha fatta sentire «una scimmia che si esibisce al circo», all’epidemia di ironia che l’ha fatta inorridire e che non permette di dire alcunché di serio. Fuori dal suo personaggio, Anhedönia non si fa problemi a dire cose forti e controverse. Di recente s’è parlato di lei per le storie di Instagram accompagnate dall’hashtag #KillMoreCEOs, laddove il riferimento è chiaramente a Brian Thompson della United Healthcare ucciso a dicembre da Luigi Mangione. Anhedönia non s’è nascosta dietro un dito e ha scritto che crede in quel che dice. Alle multinazionali le proteste fanno il solletico, afferma, l’unico linguaggio che capiscono è la violenza.

Quando invece si cala nel suo personaggio, questa figlia del Sud che ha tatuati sulla pelle i nomi del demone Asmodeo e dell’arcangelo Gabriele, e sulle nocche le parole “God sent”, è in grado di cantare la bellezza e gli abissi della sua e delle nostre vite mescolando momenti torbidi e passaggi ipnotici, ispirandosi ora all’immaginario religioso, ora all’architettura brutalista fino a considerare una centrale elettrica un monumento innalzato a Dio. Trova quell’immagine potente, si ferma in auto a contemplarla e quando torna a casa si masturba pensando alle torri di raffreddamento che si stagliano nel cielo grigio. In un certo senso, anche Perverts è un monumento mistico-erotico eretto a una qualche potenza che ci soverchia, dalla dipendenza all’estasi.

Anhedönia usa un linguaggio allegorico, ama mischiare le carte, forse depistarci perché come dice lei «se mi spiegassero razionalmente tutta l’arte che mi piace, smetterei di apprezzarla». Accompagna la musica con uno scritto in seconda persona contenente frasi come «fai un buco dentro di te e guarda che cosa esce» e «c’è ancora tempo per andare nella stanza dove non c’è nulla e restarci per sempre». Però poi qualche riga sotto dice una cosa chiarissima e cioè che è ok essere deboli, se siamo nati così un motivo c’è, e forse è anche questo uno dei significati di Perverts, del senso di isolamento e assieme di trascendenza che trasmette. La miseria e la bellezza sono ovunque noi siamo, in una pianura innevata, sotto i tralicci dell’alta tensione, in una piazzetta deserta, al cimitero.

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