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Lo Sziget ha (già) trent’anni, e serve ora più che mai

Dal 7 al 12 agosto è andata in scena la trentesima edizione del festival che fa nascere a Budapest "l'isola della libertà", dove tutto sembra possibile. E che, in un momento storico traballante, diventa un sospiro di sollievo necessario
Sziget 2024

Foto: press

Non è facile immaginarselo, lo Sziget, se non lo si abita. Il termine non è iperbolico: l’isola di Óbuda, la più grande di quelle che riempiono il tratto di Danubio che transita per Budapest, è lunga circa 2,75km. Per andare da un capo all’altro ci si mette, be’, un po’ di tempo, e nel frattempo si ha la percezione (forse la certezza) di essere capitati in mezzo a un ordine parallelo.

Tende agli angoli delle strade, più di 50 palchi spesso da rintracciare come una sfida a orienteering, “quartieri” dedicati all’arte, allo sport, ai giochi, alle giostre da baraccone (volete fare bungee dumping? eccovi accontentati), una comunità internazionale che, per i sei i giorni del festival (quest’anno le date sono state 7-12 agosto), decide di costituirsi repubblica anarchica ma pacifica, lontano dalla pazza folla della capitale ungherese, che a tratti affascina con il suo sex appeal ancora post-sovietico, a tratti snerva con i prezzi di un’inflazione alle stelle, e altre ancora si fa furba destinazione turistica, ripulendo qua e là per le foto dell’Instagram.

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La musica, in questa società parallela – che sopravvive intoccata nonostante le ventate di autoritarismo di Viktor Orbán – sembra quasi giocare il ruolo della riserva. O meglio, intendiamoci: una line up di più di 100 artisti e generi disparati parla da sé, come la presenza tra gli headliner di nomi come Kylie (Minogue), Sam Smith, Fred Again.. (alla sua prima volta in Ungheria), Halsey e Liam Gallagher. Sì, ok, allo Sziget ci si viene per la musica – tanti dall’Italia rispondono alle storie Instagram di chi scrive dicendo che anche loro saranno sull’Isola della Libertà, ma solo per l’ultima giornata, per sentire quel fenomeno che è diventato Fred Again.. . Chi viene “solo” per la musica, però, arriva in giornata, la notte stacca (o la mattina presto, ché le occasioni danzerecce non mancano) e torna a dormire in città. Fino a una certa ora ci si può arrivare con una ventina di minuti di barca, e l’esperienza equivale a un cleansing psicofisico, altro che retreat nei boschi.

Foto: press

Che serve ed è gradito, visto che i giorni di Óbuda sanno essere frenetici. Di sicuro, per esempio, vi capiterà che due degli artisti che avreste voluto assolutamente sentire si accavallino (è stato il caso di Big Thief e Fred Again.., per esempio), e allora dovrete scegliere quanto, strategicamente, posizionarvi lontani dal palco per riuscire a svicolare e dirigervi a passo svelto verso il prossimo palco. Non prendete il consiglio sottogamba: gli act si ascoltano molto forte, allo Sziget, e la competizione per godersi lo spettacolo incredibilmente vicino è serratissima. Perciò, isolano avvisato…

Ma non è tutto. Perché lungo il percorso da un beniamino all’altro potrebbe capitarvi di imbattervi in qualcosa di inaspettato, che vi farà rizzare le orecchie, vi porterà a fermarvi e, insomma, rischierebbe di farvi mancare l’appuntamento. Infatti a volte, allo Sziget, la festa vera succede lontano dagli occhi, nei palchi più piccoli, che come in tutti i club segreti offrono la trinità dell’ascoltatore esperto: pubblico selezionato, dimensione di comunità, e il piacere della scoperta.

Il live degli Editors a Sziget 2024. Foto: press

È il caso del Lighstage, del Petöfi Stage, e di altri palchi supportati da questo o quel brand. Scene calcate nei sei giorni di festival da Venerus, Naska, Elasi, Laila Al Habash e Popa per la quota nazionale, ma anche da, per citarne solo alcuni, Dead Poet Society, Leland Did It, Artemas, badfocus, Future Static, God is an astronaut, Jiska, Senhit, The Meffs. E chi sono, direte voi? Non c’è bisogno che vi diciamo che lo Sziget si preoccuperà anche di questa risposta (e a voi rimarrà il tarlo di aver visto solo il grande nome mentre tutto attorno fiorisce un ecosistema).

Ma mettiamo anche che la vostra sia una volontà di ferro, che nessun palco a sorpresa attacchi, che procediate a passo spedito. Potrebbe ancora non essere abbastanza, e lo Sziget saprà trovare il modo di stupirvi anche in questa eventualità. Perché le cose non succedono solo nei tempi e nei luoghi comandati: avvengono, appunto, sull’isola, e questo potrebbe voler dire anche per la strade di Óbuda, con gruppi itineranti o flashmob improvvisati. È una side quest, muoversi allo Sziget, un’avventura secondaria che non si era immaginata. Sciogliersi nel flusso è proprio il punto di tutto ciò.

Il live di Mø a Sziget 2024. Foto: press

Ormai l’avrete capito: tutto allo Sziget è matto, eccessivo, da paese dei balocchi (arena e tendone del circo compresi, con un fitto programma giornaliero di performance); Carnevale endemico in cui l’unica regola è esprimere se stessi. E che porta, un po’ alla volta, ad accettarlo davvero, questo flusso su cui non si sembra avere controllo, sulla musica che non vorrebbe fermarsi mai. L’esistenza si scandisce di nuove chiacchiere, nuovi volti, nuove ritualità. «Potresti vedere qualcuno girare nudo quando arriva la notte», si bisbiglia, ma anche in cosplay, o con brutti (e perfetti) costumi taglia-e-cuci. Proprio per questo, tutto si tiene.

Fred again.. a Sziget 2024. Foto: press

Ed è proprio di tenuta (di cottura della pasta, tendenzialmente) che si preoccupa anche Ettore Folliero (Country Manager per l’Italia dello Sziget e di Balaton Sound, Direttore artistico e di produzione della programmazione del Lightstage, uno dei palchi dello Sziget), che allo Sziget cura la proposta gastronomica di Mambo Ristorante all’interno del food court del festival. «Ho cominciato lavorando con l’organizzazione del festival lato Italia, in breve ci occupavamo di rendere migliore e più appetibile l’esperienza dello Sziget per gli italiani. Abbiamo cominciato dai servizi igienici, li abbiamo migliorati e vi abbiamo dato una maggiore sistematicità, poi è arrivato il ristorante».

Che, nel caso di Mambo, tratta esclusivamente carbs: pasta, gnocchi, e compagnia. «Il primo anno del ristorante è stato il 2008. Lo abbiamo unito a un progetto di bar appaiato a un palco del festival [il Lightstage, ndr], dove facciamo una cosa semplicissima e impossibile allo Sziget: servire la birra fredda, perché i frigoriferi non tengono. Allora noi usiamo un frigovan e le passiamo al bar in seguito».

Il live di Martin Garrix a Sziget 2024. Foto: press

Attenzione che viene replicata anche nella proposta di Mambo: «All’interno di un festival il ciclo del freddo non è sempre mantenuto, specie quando fa molto caldo, e preferiamo non servire carne e street food, di cui è più difficile controllare la qualità. Ai festival bisogna stare molto attenti a ciò che si mangia: verdure, acqua, servono tantissimo. Così anche noi usiamo tante verdure fresche per i nostri piatti, diciamo che ce lo accolliamo volentieri, perché maneggiare verdure fresche per la cucina è un lavorone, devono essere distanti dalla carne, eccetera. Tanti italiani, ma non solo loro, sperimentano con altri ristoranti ma poi tornano da noi a chiedere una pasta, perché la differenza di qualità si sente». Giusto per dire che, mentre voi vi divertite, c’è chi pensa a rendere più piacevole (o forse sostenibile) il vostro divertimento. Anche perché, conclude Ettore, tutto ruota attorno alla musica: «Bisogna creare esperienze che facciano stare bene tanto quanto lo fa la musica. Allora tutto funziona».

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Ettore forse non se n’è accorto, oppure, dopo tanti anni, lo Sziget gli è entrato nelle vene. Sta di fatto che non ci potrebbe esser riassunto migliore dello spirito di questa Isola della Libertà nata come un sogno folle e diventata un’esperienza di resistenza – e di immaginazione – preziosissima. “Con la scusa della musica, costruiamo attorno cose”. E se poi quella cosa diventa una città, potremmo chiamarla utopia. Lo controlleremo alla prossima edizione dello Sziget, sempre sull’isola di Óbuda, sempre a Budapest, dal 6 all’11 agosto 2025. Segnatevi le date.

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