L’ossessione di Hollywood (e di tutti noi) per i Beatles | Rolling Stone Italia
Come loro nessuno mai

L’ossessione di Hollywood (e di tutti noi) per i Beatles

Troppo grandi per essere raccontati in un film, anzi in quattro? Le storie di Sam Mendes dedicate a John, Paul, George e Ringo usciranno nel 2028, ma hanno già fan e hater. Storia e storie cinematografiche dei Fab Four

L’ossessione di Hollywood (e di tutti noi) per i Beatles

I Beatles in una scena di ‘Help’ del 1965

Foto: Screen Archives/Getty Images

Dopo mesi di voci incontrollate, il regista Sam Mendes ha svelato il cast del nuovo progetto cinematografico legato ai Beatles, quattro film su John, Paul, George e Ringo che usciranno nelle sale ad aprile 2028. Nei panni di Paul McCartney ci sarà Paul Mescal di Normal People, Barry Keoghan di Saltburn sarà Ringo Starr, per fare George Harrison è stato scelto Joseph Quinn, che ha interpretato Eddie Munson in Stranger Things e la Torcia Umana nel film dei Fantastici Quattro in uscita. Il ruolo di John Lennon sarà coperto da Harris Dickinson, che di recente abbiamo visto a letto con Nicole Kidman in Babygirl.

I nuovi Fab Four si sono presentati al Cinema Con di Las Vegas, hanno fatto un inchino in stile Ed Sullivan e hanno recitato alcuni versi di Sgt. Pepper. «È meraviglioso essere qui», hanno detto ai presenti, tutti proprietari di sale cinematografiche. «È una bella emozione. Siete un pubblico talmente bello che vorremmo portarvi a casa con noi».

È dal primo annuncio del progetto, più di un anno fa, che fan dei Beatles sono in fibrillazione. Non si sa granché su (questo è il titolo ufficiale, un po’ banale) The Beatles – A Four-Film Cinematic Event. Nel corso degli anni abbiamo visto parecchi film sui Fab Four, ma nessuno è mai stato altrettanto ambizioso. Il resto del cast non nè ancora noto ma, psss, stando una fonte anonima il Tricheco è Paul.

I quattro musicisti sono interpretati da star del cinema con una carriera brillante, uomini che solo questa settimana hanno trascorso più tempo in palestra di quanto ne abbiano passato i membri della band in vita loro. Sono tutti veterani. Barry Keoghan ha 32 anni, l’età di Ringo quando il gruppo si è sciolto. Il più giovane, Dickinson, ha 28 anni: a quell’età John creava Revolution #9. Lo slogan del film è una frase a effetto non proprio beatlesiana: “Ognuno ha la sua storia, ma insieme sono leggendari”. È gergo hollywoodiano per dire “the toppermost of the poppermost”.

Da sinistra, Harris Dickinson (John Lennon), Paul Mescal (Paul McCartney), Barry Keoghan (Ringo Starr), Joseph Quinn (George Harrison). Foto: John Russo/Sony Pictures

«Sono quattro persone molto diverse», ha spiegato Mendes. «E forse questa sarà l’occasione per capirli meglio». Nessuno sa se i quattro i film usciranno contemporaneamente, quanto si sovrapporranno o se si sfideranno al botteghino. «Nel loro insieme racconteranno la storia della più grande band di tutti i tempi. Sentivo che la storia del gruppo era troppo grande per essere raccontata in un unico film e trasformarla in una miniserie non mi sembrava giusto».

Ringo, con la sua incontenibile naturalezza, l’anno scorso ha rivelato involontariamente la presenza di Keoghan nel cast. «Credo che sia da qualche parte a prendere lezioni di batteria», ha detto. «Spero non troppe». Keoghan è già stato preso in giro per il suo accento di Liverpool stentato in Saltburn. Ma sempre in Saltburn ha dimostrato di essere un ballerino eccellente, proprio come lo è Ringo a 84 anni. È un peccato che Margaret Qualley non possa fare Paul, perché sarebbe perfetta; ma, magari, qualcuno potrebbe girare un film sugli Stones in cui lei interpreta Mick.

Le aspettative sono alle stelle. Hollywood ha da sempre un’ossessione per i Beatles, anche perché non è mai stato girato un film su un soggetto altrettanto popolare o mitico. E nessuno fa film di questo tipo sugli Stones, i Grateful Dead o i Led Zeppelin. Le grandi icone della musica, se sono fortunate, sono protagoniste di uno o due biopic ossequiosi, con attori che in pratica impersonano una celebrità. Ma i Beatles sono diversi. Hanno un posto unico nei sogni di tutto il mondo. La gente ci tiene sul serio. E dato che ai fan più accaniti dei Beatles piace criticare, ci sono già delle Rose e delle Valerie che si lamentano di un film che non è stato ancora girato.

Perché il regista sia Mendes è di per sé un mistero, visto che finora non si è certo fatto conoscere per i momenti musicali nei suoi film, fra cui American Beauty, Revolutionary Road, Jarhead e un paio di James Bond. Sorprende che sia proprio lui ad affrontare questa sfida: nessuno sa ancora quale sia il suo punto di vista sui Beatles, a differenza di Peter Jackson e Sofia Coppola che sono fan scatenati.

A Hollywood piacciono i biopic musicali ed è uno dei paradossi del nostro tempo: quando si tratta di placare l’appetito insaziabile del pubblico per le storie di rockstar, il cinema è molto più avanti dell’industria musicale. Bohemian Rhapsody, che nel 2018 veniva dato come un flop, ha stupito tutti incassando quasi un miliardo di dollari e facendo vincere a Rami Malek un Oscar per la parte di Freddy Mercury. A Complete Unknown, con Timothée Chalamet nei panni di Bob Dylan, è un film brillante, con grandi interpretazioni di Elle Fanning, Edward Norton, Monica Barbaro, Scoot McNairy e Boyd Holbrook. Chalamet ha cantato le canzoni di Dylan, ma non si sa ancora se qualcuno degli attori scritturati per i film sui Beatles proverà a farlo: la sfida è impegnativa, ma dopo A Complete Unknown è tutto diverso, l’asticella si è alzata di molto.

Non è passato tanto tempo da quando i film sulle rock band, come quello sui Def Leppard in cui Anthony Michael Hall interpretava Mutt Lange, erano roba da repliche notturne in tv. Un po’ come per i film sui supereroi, ci è voluto del tempo prima che Hollywood imparasse a farli bene. Ora l’era dei biopic rock è iniziata, Jeremy Allen White (The Bear) interpreta Bruce Springsteen in un film sulla realizzazione di Nebraska intitolato Deliver Me From Nowhere ed è stato annunciato che Zendaya sarà Ronnie Spector in una biografia diretta da Barry Jenkins, mentre Lizzo farà Sister Rosetta Tharpe.

Il vero problema in questi casi è il casting: è difficile fare un film su una rockstar perché nessuna stella del cinema è abbastanza carismatica per quel ruolo. Del resto, se gli attori fossero dotati di un fascino di quel tipo, farebbero musica a tempo pieno. «Gli attori si adattano, si trasformano continuamente», mi ha detto Nick Cave una decina d’anni fa. «Possono solo interpretare il ruolo dei mostri. Ma nessuno è mostro come una rockstar».

In questo caso è particolarmente difficile, perché gli attori devono competere con l’intesa che i quattro Beatles avevano sul grande schermo e, in particolare, con la loro enorme carica comica in A Hard Day’s Night e Help!. Fra le tantissime cose, i Beatles erano le quattro persone più divertenti del mondo e, nel tempo libero, erano una delle più grandi compagnie comiche del grande schermo di tutti i tempi, al pari dei fratelli Marx o dei Monty Python. Yellow Submarine, in cui si vedono appena, è comunque una delizia. Get Back di Peter Jackson ha dimostrato che, anche nei loro momenti più bui, erano sempre divertenti, vedi Paul che, riflettendo, diceva che «vagare senza meta è molto poco stimolante», John che urla: «It turns me off but blows me mind and floats me upstream!», George che ironizza: «Questa si chiama I’ve Got a Feeling?». O Ringo, praticamente qualunque cosa faccia.

Certo è che i Beatles sopravvissuti hanno sempre selezionato con attenzione i loro progetti. Non hanno mai sbagliato una mossa, a partire da Anthology, il documentario ambiziosissimo del 1995 che ha dato il via a una nuova età dell’oro per la loro fandom. Scelgono partner come Peter Jackson o Giles Martin capaci di curare i dettagli alla perfezione. I quattro film sembrano un’idea folle, ma non lo sembrava anche Rocky Raccoon? Come abbiamo imparato da A Complete Unknown, è possibile prendere una biografia musicale che sulla carta sembra una parodia in maschera e creare qualcosa di veramente grande, se c’è della vera passione.

Quando i Fab Four hanno sfondato per la prima volta, la celebrità cinematografica era lì a portata di mano, proprio come lo era stata per il loro idolo Elvis, che si era lanciato in un filotto assurdo di tre film pessimi all’anno. Ma, con grande sorpresa di Hollywood, e forse anche loro, non era poi così allettante rispetto alle avventure, alle difficoltà o alle discussioni da affrontare tutti insieme come Beatles. John ha provato a diventare un attore serio andando in Spagna per girare Come ho vinto la guerra. «Mi sono fatto qualche risata e qualche partita a Monopoli, ma non ha funzionato», ha detto nel 1967. «Non ho incontrato nessun altro che mi piacesse».

Il set di ‘Let It Be’ sul tetto terrazzato di Savile Row. Foto: Ethan A. Russell/Apple Corps/Disney+

Ma l’industria cinematografica ha sempre subito il fascino dei Beatles più che di qualunque altro musicista. Il nuovo progetto di Mendes fa nascere la domanda: perché ci sono così tanti film sui Beatles? Il primo è stato il tv movie del 1979 La nascita dei Beatles che raccontava gli esordi a Liverpool e Amburgo. Ian Hart ha interpretato John in due eccellenti film degli anni ’90: The Hours and Times del 1991, storia romanzata su John e Brian Epstein durante un weekend di vacanza, e Backbeat – Tutti hanno bisogno di amore del 1994, un racconto romanzato sul legame tra John e Stu Sutcliffe. Ci sono poi il biopic Nowhere Boy del 2009, la commedia romantica Yesterday (2019, di Danny Boyle), il musical cult Across the Universe del 2007 di Julie Taylor, la commedia di culto 1964 – Allarme a N.Y. arrivano i Beatles del 1978. E non si può dimenticare il mockumentary All You Need Is Cash dedicato ai Rutles, “una leggenda musicale che vivrà per tutta la durata della pausa pranzo”. Midas Man, la pellicola su Epstein, ha fatto fiasco all’inizio di quest’anno, Brian merita un riscatto.

Probabilmente dovrebbero essere menzionati anche il flop degli anni ’70 Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, coi Bee Gees nel ruolo della band, Peter Frampton che fa Billy Shears, Steve Martin nei panni del Dr. Maxwell Edison e la partecipazione di Aerosmith, Alice Cooper e altri. Trasformare quel concept album psichedelico in un musical hollywoodiano ad alto budget si è rivelato un tale disastro che avrebbero dovuto dare un Oscar ad honorem agli spacciatori presenti sul set.

Ma il mio film preferito sui Beatles è Due di noi, che ha debuttato su VH1 25 anni fa, all’inizio del 2000. Il regista Michael Lindsay-Hogg, che ha girato Let It Be e il video di Hey Jude, ha creato una storia adorabile su John e Paul e il film regge sempre meglio col passare degli anni. Questa la premessa: è il 1976 e Paul bussa all’appartamento di John. I due trascorrono una giornata insieme parlando dei loro problemi e guardano il Saturday Night Live proprio quando Lorne Michaels offre loro la possibilità di riunirsi per «3.000 dollari!». Jared Harris è il miglior John di sempre sul grande schermo, che si lecca le labbra e si succhia i denti; Aidan Quinn è il miglior Paul cinematografico mai visto. Macca allora l’ha definito «un grande film», nel corso di un’intervista radiofonica, anche se ha criticato la scena in cui i due protagonisti girano per Central Park in incognito: «Sei impazzito, amico?».

Quella dei Beatles rimane la storia più amata in tutto il mondo e ogni anno di più. Il loro amico Derek Taylor li ha definiti «la più grande love story del XX secolo», ma, come si è ben visto, il XX secolo era solo l’inizio. Difficilmente si sarebbe potuta tirare fuori un’idea così ridicola per un film: due adolescenti anonimi si incontrano in una città anonima, crescono insieme, si ispirano a vicenda per scrivere canzoni, alimentano l’uno il genio dell’altro. Poi trovano un paio di spiriti affini in città e fondano un gruppo rock’n’roll. Insieme, fanno innamorare il mondo follemente e per sempre, come non si è mai innamorato di nient’altro.

«Doveva esserci un modo per raccontare a una nuova generazione questa storia epica», ha detto Mendes a Las Vegas. «Posso assicurarvi che c’è ancora molto da indagare». Ma nessuno ha mai avuto bisogno di vendere i Beatles a una nuova generazione, perché la loro musica e la loro storia si rifiutano di svanire tra le nebbie del passato. Quei ragazzi hanno fra loro un legame che chiunque può percepire nella musica, ed è per questo che sono arrivati a simboleggiare l’idea di amicizia in sé (l’esempio perfetto di storia tipo “noi contro il mondo intero”), così come quella di amicizia che finisce (un caso da manuale di separazione). I Beatles potrebbero essere, come dice Mendes, «troppo grandi per essere raccontati» in un adattamento cinematografico. Ma è per questo che, ora e sempre, la loro è una storia troppo irresistibile perché Hollywood se la faccia scappare.

Da Rolling Stone US.