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Ma che disco ha fatto Lil Yachty?

'Let’s Start Here' è sorprendente: un album vero (nel 2023 non è scontato) che guarda alla neo psichedelia. Tame Impala, but make it black

Foto: Gunner Stahl

Lil Yachty è ricco. Su TikTok mostra i suoi mobili italiani, va a fare shopping con Drake in cerca di roba vintage, prima ancora di diplomarsi aveva già comprato casa alla madre. E ha provocato un mezzo incidente diplomatico con Poland, la hit dello scorso anno in cui confessava con sincerità disarmante d’avere introdotto farmaci illegali in Polonia. Difficile immaginarsi una vita più bella di così, per uno della Generazione Z. Eppure in :(failure(:, un intermezzo tratto dal nuovo e sorprendente album Let’s Start Here, dice di “avere fallito un po’ di volte, più di recente che in passato, in verità”.

La canzone è uno spoken word che offre è un momento di tregua che offre una specie di commento a ciò che si sta ascoltando. Let’s Start Here è concepito per essere un grande reset, una prova d’integrità artistica da parte d’un musicista che viene di solito presentato come la star mainstream della generazione SoundCloud. Eppure dietro al flow di Yachty ci sono genialità sottile e una gran capacità di emozionare. Di suo, Yachty tenderebbe verso i paesaggi sonori del jazz sperimentale e del rock psichedelico. «Ho incontrato Andrew degli MGMT e ho parlato con un po’ di persone. Mi sono visto con Kevin Parker. Mi ha ispirato parecchio», ha detto a Rolling Stone un paio d’anni fa. «Nel prossimo album voglio esplorare questi territori, a livello di sonorità».

Con quei bei nomi fra gli autori (ma anche Alex G, Jake Portrait dell’Unknown Mortal Orchestra e Daniel Ceasar), Let’s Start Here più che una partenza verso nuovi lidi sembra un punto di arrivo logico. Yachty ha attirato l’attenzione fin dai tempi di Michigan Boy Boat, il suo formidabile omaggio all’hip hop del Michigan uscito nel 2021, colpendo per le sonorità lontane da quelle tradizionali del rap e più vicine al pop e al rock. La caratteristica che prima rendeva difficile ai detrattori prenderlo sul serio è diventata il punto di forza di Lil Yachty: le goiose acrobazie vocali e gli slanci verso tonalità che sarebbero tutt’altro che nelle sue corde creano un’esperienza di ascolto notevole.

Let’s Start Here si apre con the BLACK seminole., in cui Yachty fa alcune riflessioni in ordine sparso sulla storia. Il titolo si riferisce all’etnia afro-seminole, ossia gli afroamericani liberi che vivevano nelle enclave seminole in quella che è l’attuale Florida. Il testo scorre su un groove psichedelico, con Yachty attentissimo a mantenere un tono rilassato, così che parole come “nero” e “sex symbol” possano flutture nell’aria.

Il pezzo è una dichiarazione potentissima, pur nel suo spirito distaccato. Yachty è certo il primo rapper che si spinge in territori indie rock, anche se il risultato solitamente tende ad avere una patina commerciale. Qui invece, con una base fornita da Patrick Wimberly dei Chairlift, Yachty si presenta come un cowboy e lo fa in mod naturale: “Un uomo di colore con delle bocche da sfamare”, sussurra.

Uno dei temi centrali dell’album è la maturazione. In The Ride-, con la partecipazione di Teezo Touchdown, è evidente l’influenza delle riflessioni esistenziali dei Tame Impala sul tema della crescita. La produzione psych rock del brano è perfetta e ci rende testimoni della fine di un’infanzia, di fronte ai due che gorgheggiano nel vuoto. E, in effetti, nell’album si gorgheggia parecchio.

Gli “ooh” e gli “aah” si librano verso il cielo nella notevole pRETTY, che si sta già rivelando una hit su TikTok e suona come uno di quei pezzi registrati in cameretta pubblicati dalla label di culto Naked Music, però rallentato. Le percussioni rimbombano delicatamente su un two-step vacillante, mentre vocalizzi quasi irreali filtrano come raggi di sole primaverile attraverso le nuvole.

Yacthy ha già dimostrato di saper tirare fuori significati impensabili da un singolo vocalizzo portato fino a una tonalità impossibile. Utilizza questa tecnica in Poland e nel frammento titolato Holster, in cui trasforma una terzina che non dovrebbe avere alcun significato in pura emozione. La sua voce, anche quando è più modulata, mantiene le piccole imperfezioni tipiche del parlato naturale e in Let’s Start Here si dimostra interprete versatile. pRETTY alterna la teatralità di Yachty a un cantato fluido opera del talento emergente Fousheé, mentre drive ME crazy! si apre con la voce angelica di Diana Gordon su un ritmo disco martellante.

Yachty è bravissimo a trovare collaborazioni che funzionano bene. Come Justine Skye in THE zone~, che regala al brano uno sfondo di sensualità a cui Yachty intelligentemente s’adegua. Perché sa coltivare i vari talenti degli altri, quasi come fosse un direttore creativo. Come accade all’amico Drake, la sensibilità da rapper di Yachty si adatta senza problemi alla dance.

Mentre molti artisti hanno manifestato la necessità di intraprendere nuovi percorsi (Renaissance di Beyoncé e Honestly, Nevermind di Drake hanno offerto prospettive inedite per un rimescolamento ancora più sostanziale all’orizzonte della popular music), Let’s Start Here è un’immersione nell’ignoto. Il suo viaggio interiore è sincero così come lo è la sua passione per i Tame Impala, per cui ci troviamo di fronte a momenti come sHouLd i B, in cui esplora con successo questi nuovi territori applicandoli all’archetipo della canzone d’amore disperata. “Sono incazzato per ciò che hai fatto? / Non credo proprio”, sussurra. Potrebbe essere roba scritta da Phoebe Bridgers. “Ma dovrei forse esserlo? Ma dovrei forse esserlo? Ma dovrei forse esserlo?”.

Si potrebbe definire Let’s Start Here una confutazione dell’idea che gli ascoltatori hanno smesso d’interessarsi agli album interi. Coi suoi 57 minuti serrati, è infatti un progetto coeso. La passione sincera di Yachty nei confronti delle sue influenze musicali ricorda quel che fa Pinkpantheress: trasforma l’ispirazione derivante da materiale esistente in qualcosa di totalmente nuovo.

Da Rolling Stone US.

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