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Maroccolo e Pievani, comunicare la scienza attraverso le emozioni

Il musicista e il filosofo della biologia e divulgatore raccontano ‘Nomadic: canto per la biodiversità’, uno spettacolo musicale e non solo sulle migrazioni ispirato in parte ai CSI. Lo vedremo il 19 aprile a Roma e il 21 a Fidenza

Foto: Marco Pacini

Di ritorno in Italia dall’American Museum of Natural History di New York, nel 2002 uno di noi due (Telmo) ha pubblicato il suo primo libro, Homo sapiens e altre catastrofi, dedicato alle migrazioni millenarie delle specie umane e alle conseguenze profonde che la globalizzazione degli esseri umani ha avuto sulla natura. Quel testo aveva in esergo una citazione: “Memorie e passi d’altri ch’io calpesto, su stanchezze di secoli, in alterna cadenza, gioia che riannoda dolore che inchioda, terre battute dai venti infoiati dai monti, sereno incanto splendente di sole e di bianco, dense sfumate nuvole di piombo, grigio verde di intenso blu, colpo d’occhio rotondo. […] Chi e che sa di che siamo capaci tutti. Vanificato è il limite, oramai”

Non era un caso che quel testo sulla migrazione come fiume della vita e motore della diversità, scritto da un giovane ricercatore sconosciuto in Italia, iniziasse con un testo del Consorzio Suonatori Indipendenti, dall’album live acustico In quiete del 1994. Telmo se n’era cibato sin da ragazzo come ispirazione poetica per le sue narrazioni scientifiche, sentendo fin dall’inizio una forte affinità emotiva e culturale con il progetto artistico dei CSI, con le loro parole e il loro modo di raccontare poi, nel 1997, in Tabula rasa elettrificata, un viaggio in Mongolia, terra d’origine di tutte le moltitudini di nomadi asiatici.

Il nostro incontro risale al 2018 lavorando con i Deproducers a DNA, il terzo capitolo della collana di musica per conferenze scientifiche ideata da Vittorio Cosma. Con quest’ultimo e Riccardo Sinigallia abbiamo ideato i testi. È stato emozionante e istruttivo sentirci reciprocamente parlare di scienza, filosofia, evoluzione e musica, così come oggi speriamo che lo sia per il pubblico che assiste ai nostri spettacoli.

In pieno periodo pandemico ci siamo ritrovati per una conferenza di Telmo a Cecina e dalle chiacchiere di quella notte in piazza è emersa l’idea di uno spettacolo sulle migrazioni che, sia a livello testuale che musicale, fosse in parte ispirato proprio dai CSI. Nasceva quella sera un sodalizio tra scienza e musica che sarebbe poi diventato Nomadic: canto per la biodiversità. Abbiamo cominciato a confrontarci su suggestioni, idee, testi, canzoni, e a pensare a come impostare il progetto. Un finanziamento PNRR del National Biodiversity Future Center ha reso possibile la produzione e siamo partiti per il nostro viaggio.

Foto: Marco Pacini

L’intuizione di partenza è che non volevamo un approccio da conferenza scientifica e nemmeno una semplice giustapposizione di scienza e musica, alternate sul palco. Cercavamo una sperimentazione innovativa, perché la comunicazione della scienza del futuro secondo noi deve mescolare linguaggi diversi e toccare le corde emotive più profonde. Abbiamo deciso allora di puntare su qualcosa di simile a un’opera teatrale moderna dove i vari linguaggi – musica, suoni, canzoni, narrazioni, testi, la parola, le immagini, le luci – si fondessero in un’unica esperienza poetica ed emozionale. Insomma, un “tutt’uno”, che però per noi non aveva precedenti. Era tutto da costruire.

Seguendo questa suggestione, è stata immediata l’idea di coinvolgere i musicisti che con Gianni hanno portato in scena Nulla è andato perso, ovvero Antonio Aiazzi, Beppe Brotto, Andrea Chimenti, Simone Filippi. Da quando abbiamo iniziato a provare, nella quiete creativa del teatro Marchionneschi di Guardistallo e poi a Cecina, lo spettacolo è nato ed è cresciuto giorno dopo giorno in modo naturale. Via via che il testo di Telmo prendeva forma, ci siamo confrontati sulla musica e sulla scelta di quali brani fossero più adatti alla narrazione.

Senza essere didascalici, abbiamo ricercato l’assonanza con le parole, le immagini, i racconti: Inquieto e In viaggio dei CSI desiderati sin da subito da Telmo; e poi a seconda dei luoghi dove il viaggio ci portava, Aria di rivoluzione e L’esodo di Franco Battiato; Ederlezi per i Balcani; lo speech di Angela Baraldi sul naufragio della nave F174 sonorizzata da Imus, tratto dall’album Alone vol. II; Sorgente d’Asia dei PGR; e così via fino ad arrivare a Nulla è andato perso (da vdb23), dove le parole di Claudio Rocchi ci sollecitano a non mollare e a non perdere la speranza.

Ma non ci sono solo canzoni che descrivono il viaggio dei migranti, umani e animali. Musica e suoni accompagnano senza soluzione di continuità la narrazione di Telmo e di Angela. Un’occasione preziosa per tutti noi di riscoprire il nostro passato legato alla musica e alle parole, spesso ancora attuali, che ci hanno fatto emozionare e riflettere, ma anche di comprendere meglio il nostro presente. Durante il viaggio riproporremo anche qualcosa dei Litfiba, Glass, Alone e vdb23/nulla è andato perso. A livello sonoro l’atmosfera è assimilabile per certi aspetti alla psichedelia dei tempi andati, gli arrangiamenti ridotti all’osso lasciano grande spazio alle bellissime voci di Andrea Chimenti e di Angela Baraldi, e all’espressione intimista del “suonato” che sarà interamente live.

Foto: Marco Pacini

Messi a fuoco testi e musica, abbiamo proposto a Marco Cazzato di creare delle illustrazioni che narrassero insieme a noi una sorta di storia della vita letta attraverso i processi migratori degli umani e degli animali. Le bellissime illustrazioni di Marco sono state poi animate insieme a Michele Bernardi e vengono proiettate durante lo spettacolo, avvolgendo tutti noi in scena. Altra scelta naturale è stata quella di affidare a Mariano De Tassis la regia e il light design di Nomadic, e ad Angela Baraldi la parte più poetica della narrazione. I testi di Telmo sono diventati il faro che illumina la direzione da seguire e l’integrazione desiderata tra i vari linguaggi espressivi è stata lo scoglio più difficile da superare. Nomadic si regge su un equilibrio labile in cui ogni elemento deve cooperare alla ricerca dell’insieme.

Nomadic insomma è un mantra emozionale, per noi e per chi salirà a bordo con noi. Un viaggio per allargare lo sguardo, nel tempo e nello spazio. Un viaggio sull’integrazione tra i popoli, sulle differenze apparenti che sono in realtà un’opportunità di crescita per tutti, sul fatto che tutti gli esseri viventi migrano da sempre, sul diritto a migrare, al vivere l’opportunità di crearsi una vita diversa altrove. Nomadic non propone soluzioni. Non lancia messaggi politici. Attraverso il racconto della nostra vita, narra l’evoluzione del genere umano. Un viaggio che tra parole, musica, suoni, voci, immagini, storie di migrazioni e nomadismo, ci invoglia a fermarci per un attimo a riflettere, giacché in fondo, come scriveva Claudio Rocchi, “nulla è andato perso”.

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