Rolling Stone Italia

No, Taylor Swift non deve chiedere scusa per Matty Healy

La presunta relazione, le puttanate sparate dal leader dei 1975, l’appello affinché la popstar dica qualcosa, la sensazione che niente di tutto ciò sarebbe accaduto se non stessimo parlando di una donna

Foto: Griffin Lotz per Rolling Stone US

Nell’ultimo concerto di Taylor Swift al MetLife Stadium, 80 mila e rotti Swifties hanno urlato e cantato per più di tre ore nell’acquitrino del New Jersey con indosso vestiti ispirati alle varie ere della cantante, abiti con le frange, bracciali a serpente, occhiali da sole a forma di cuore. Ho visto un sacco di gente con cappelli da cowboy come quelli dell’emoji, solo che erano cowboy che singhiozzavano disperati ingollando hot dog lunghi 30 centimetri. E i braccialetti: avevano tutti quanti dei braccialetti di perline con citazioni dei testi di Swift. Se li scambiavano nel parcheggio tipo i Deadhead coi panini al formaggio (a proposito: non provate assolutamente a offrire del denaro in cambio dei braccialetti, vi guarderanno manco foste degli alieni).

È incredibile che nel bel mezzo dell’Eras Tour e nel momento in cui sta toccando vette di popolarità inimmaginabili, superando persino il picco del 2015, Swift stia subendo attacchi da alcune frange degli Swifties per via del suo presunto nuovo fidanzato, Matty Healy dei 1975.

Il pensiero degli Swifties è riassunto in una lettera aperta pubblicata su Twitter abbinata all’hashtag #SpeakUpNow, che è ispirato al titolo dell’album del 2010 che la cantante ha reinciso e sta per ripubblicare. Si dicono «profondamente turbati» dalle polemiche che hanno investito Healy. «Le sue azioni, dai commenti razzisti alle battute offensive fino all’ammissione di guardare pornografia disgustosa in cui persone di colore vengono umiliate e abusate, contribuiscono a perpetuare l’odio, gli stereotipi e l’oggettificazione di cui sono vittime persone delle comunità ebraica, di colore, cinese, hawaiana, inuit, LGBTQ+, così come le donne».

Il riferimento è ai commenti sprezzanti che Healy ha fatto a febbraio sul conto di Ice Spice durante il podcast di Adam Friedland e alle scuse non proprio convincenti che ha poi offerto sul palco. Altre reazioni scettiche sono arrivate la scorsa settimana, quando Swift ha reclutato proprio Ice Spice per un remix di Karma.

Lunedì Healy ha affrontato la questione in un articolo del New Yorker, riuscendo però solo a esacerbare gli animi. Ha spiegato che tutta la storia «non ha alcuna importanza» e che le reazioni non sono che un esercizio di buonismo: «È gente che dice: “Oh, ecco una bruttara laggiù! Fammi avvicinare il più possibile, così gli altri potranno vedere quanto sono buono io!”. E in un certo senso voglio che lo facciano, perché così smascherano la loro banalità».

Se non avete già beccato questa citazione su Internet almeno 137 volte, sappiate che non vi siete persi granché: probabilmente avevate di meglio da fare che scrollare la timeline di Twitter e rompere le palle a dei ragazzini per i loro braccialetti fatti a mano. Ma tutta questa faccenda è espressione del genio di Healy nel fare incazzare la gente. Stiamo parlando del tizio che addenta carne cruda sul palco, fa il saluto nazista e dispensa osservazioni intelligenti del tenore di «sono ossessionato dal mio cazzo». Sparare puttanate è la sua specialità. Dovremmo prendere sul serio quel che dice?

Non sono qui per rispondere alla domanda, ma per dirvi che tutta questa storia non è un problema di Taylor. Per 17 lunghi anni l’abbiamo ritenuta responsabile delle azioni degli uomini con cui sceglie di accompagnarsi ed è ora di piantarla. Sarebbe giusto criticarla se fosse uscita dagli Electric Lady Studios insieme al fantasma di Pol Pot o se suo padre si fosse goduto 22 allo stadio con Matt Lauer (anchorman della NBC cacciato per storie di molestie sessuali, ndt). Ma Healy è solo un viscidone sexy che vorrebbe che gli Oasis si rimettessero assieme (non so voi, ma anch’io sono uscita con un casino di tizi del genere) e Taylor è libera di passare il suo tempo come meglio crede.

«Ognuno ha il diritto di fare le proprie scelte e di intessere relazioni, ma pensiamo sia fondamentale che chi è sotto ai riflettori prenda posizione contro la discriminazione e agisca, insieme ai propri collaboratori, in modo responsabile», si legge nella lettera aperta. Il punto è proprio questo: non stiamo trattando Taylor Swift come una persona, ma come una divinità, una che deve ri-registrare Snow on the Beach perché nell’originale non c’era abbastanza Lana Del Rey e che deve tornare a parlare di politica, visto che sono passati tre anni e 119 giorni dall’ultima volta che l’ha fatto, in Miss Americana ed è troppo tempo.

Sabato scorso, l’account Twitter che ha lanciato l’hashtag #SpeakUpNow ha criticato Swift per le parole dette sul palco prima di eseguire The Man: «Mi fate sentire come se potessi fare tutto ciò che voglio e si potrebbe anche pensare che sia figo», dice alla folla. «Quel che voglio dire è che mi state facendo sentire come se fossi io the man». Ok, è una intro più cheesy di un grilled cheese sandwich nel parcheggio di un concerto dei Grateful Dead, ma sforzatevi di cogliere l’ironia: se Swift fosse un uomo, non saremmo qui a parlare di tutta questa faccenda.

Da Rolling Stone US.

Iscriviti