Cinquant’anni fa, i Beatles pubblicavano il Red e il Blue Album, che in realtà s’intitolavano 1962-1966 e 1967-1970. Le due raccolte uscite nell’aprile 1973 hanno rafforzato la leggenda della band. E sono probabilmente i greatest hits più significativi di sempre. Sono il primo assaggio di una droga che ha portato generazioni di fan alla dipendenza dal canzoniere dei Beatles. Sono i loro album più importanti post scioglimento, anche se i quattro non volevano averci niente a che fare. Non erano compilation dozzinali, ma veri e propri templi, su doppio vinile, che racchiudevano opere d’arte iconiche e celebravano la mistica di John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr. Il Red e il Blue Album hanno plasmato la storia dei Beatles.
All’uscita delle due raccolte, si stava ancora patendo per lo scioglimento della band, ma questi due dischi hanno piantato il seme dell’idea folle per cui la loro storia era in qualche modo appena iniziata. Nessuno, nel 1973, poteva sapere che i Beatles nel 2023 sarebbero stati infinitamente più famosi e amati. Il Red e il Blue Album costituiscono un elemento fondamentale di questo processo.
Gli album sono stati compilati dal loro celebre manager Allen Klein, l’unico favore che abbia mai fatto ai Fab Four. Klein ha assemblato anche Hot Rocks dei Rolling Stones. Si può dire ciò che si vuole di questo vecchio squalo, ma è chiaro che sapeva perfettamente come mettere insieme un greatest hits. Sono 54 canzoni spalmate in due doppi album: una marea di successi, un sacco di pezzi meno noti, Old Brown Shoe. La grafica di una copertina richiama quella dell’altra: il Red Album mostra John, Paul, George e Ringo nel 1962, sorridenti, affacciati sulla tromba delle scale della sede centrale della EMI di Londra. Sul Blue Album sono ritratti sette anni dopo, nel medesimo luogo, ma adulti e con i capelli lunghi. Stessa posa. Stesso fotografo, Angus McBean, otto sorrisi entusiastici.
Originariamente, 1962-1966 e 1967-1970 avrebbero dovuto viaggiare in coppia col documentario di Neil Aspinall The Long and Winding Road. Ma la pellicola è stata accantonata per poi sfociare, anni dopo, nel progetto Anthology. Klein ha comunque assemblato le due compilation, fiutando un’ottima occasione per pubblicare qualcosa di “nuovo” dei Beatles: un’idea che è sembrata brillante a tutti. Tutti eccetto quattro persone.
Gli ex Beatles hanno mantenuto un silenzio ostinato a proposito dei due album e si dice fossero contrariati, soprattutto John e Paul. «La sensazione è che, pubblicandoli, Klein si sia spinto troppo oltre ciò che era in suo potere», ha dichiarato un dirigente della Capitol a Rolling Stone. Nessuno dei quattro era disposto ad ammettere di aver dato l’ok al progetto e tantomeno di avervi contribuito. John, quell’autunno, diceva a Melody Maker: «George, più di tutti noi, ha supervisionato la scelta del materiale». Un’affermazione assurda giacché nel Red Album non c’è un solo pezzo cantato da George. «Mi hanno mandato delle liste di brani chiedendo la mia opinione, ma ero molto occupato».
Perlomeno John ha ammesso di aver ascoltato i dischi finiti, trovando «il suono un po’ grezzo». È più di quanto abbia fatto Paul. «A dire il vero non mi interessavano granché», ha detto McCartney a Rolling Stone nel 1974. «Non li ho ancora ascoltati». Per lui si trattava di un’altra truffa nel tipico stile di Klein. «Ultimamente non mi sono occupato molto delle cose dei Beatles, dopo la sbornia di Apple e Klein. Tutta la faccenda è diventata davvero disgustosa. E i quattro ex Beatles ne hanno fin sopra i capelli».
In quanto a George, dopo l’uscita si è limitato a dare un’occhiata ai dischi. Come ha raccontato all’epoca il produttore Richard Perry, il commento di Harrison è stato: «Non mi sembrano completi». Probabilmente era il modo in cui il Quiet One domandava dove diavolo fossero finite Taxman o If I Needed Someone, un interrogativo emerso più volte da allora.
Eppure il resto del mondo era interessato alla cosa, eccome. Le compilation rossa e blu hanno tramandato il lascito dei Beatles. Si potrebbe discutere tutto il giorno sulla selezione delle canzoni con troppo Magical Mystery Tour e poco Revolver. Ma entrambe le raccolte sono state concepite per prendere un ragazzino curioso o un ascoltatore occasionale e trasformarlo in un fan sfegatato dei Beatles. È un po’ quel che ha detto Noel Gallagher degli Oasis a Rolling Stone, «sono i miei dischi preferiti perché sono stati i primi che ho avuto, da bambino».
Non c’erano solo le hit scontate. Per fare l’esempio più ovvio, nel Blue Album c’è Old Brown Shoe e nessuno ha mai spiegato come diavolo sia successo. Per quanto tu possa essere un bastian contrario o un fanatico di George, Old Brown Shoe non è di sicuro tra le tue 54 canzoni preferite dei Beatles. Ma alla fine chi se ne frega: suona benissimo. E se sei una di quelle persone a cui dà fastidio che Octopus’s Garden sia stata inserita nella tracklist, devi essere un tipo davvero pesante.
Per il Red Album il compito era più facile: inserire 26 brani di successo in 63 minuti. Le uniche vere sorprese sono You’ve Got To Hide Your Love Away e Girl, entrambe pearltro gradite. Ma il vero punto di forza è il modo in cui il Blue Album sintetizza i concept album. Per chi aveva amato i primissimi Beatles, era un modo per avvicinarsi alla loro versione adulta, barbuta e complessa. Per anni ho sollevato con cautela la puntina dopo Lucy in the Sky With Diamonds solo per saltare A Day in the Life che era troppo spaventosa per me, soprattutto per quella dissonanza finale di accordi che faceva “ka-chunggg!”. Ho imparato ad appoggiare la puntina nel punto esatto per sentire la fanfara iniziale di All You Need Is Love.
Entrambi i dischi erano incredibilmente lunghi, soprattutto il Blue Album, con facciate della durata di 24-27 minuti. Ascoltate il primo lato: Strawberry Fields Forever, Penny Lane, Sgt. Pepper, With a Little Help from My Friends, Lucy, A Day in the Life e All You Need Is Love. Tante scelte sono audaci, soprattutto Don’t Let Me Down e While My Guitar Gently Weeps. Let It Be non suonerà mai meglio di così, piazzata a metà del quarto lato, subito dopo Octopus’s Garden.
C’erano anche i testi stampati, cosa che ha alimentato da subito un sacco di discussioni. Il Blue Album ha stabilito ufficialmente che John cantava “Hold you in his armchair” e non “Hold you in his arms, yeah”. In più, c’era un foglio intitolato “For Your Information” che elencava la discografia completa dei Beatles, compresi gli album solisti (eccetto Two Virgins di John e Yoko, quello in cui sono nudi in copertina). Quel foglio informativo è stato importantissimo. Eravamo nell’era pre-Internet e da quel momento qualsiasi ragazzino alle prime armi poteva venire a conoscenza di tutti gli arcani della carriera dei Fab Four. Ecco perché Noel Gallagher ha potuto scrivere una canzone intitolata Wonderwall sapendo che il pubblico avrebbe capito il riferimento a Wonderwall Music di Harrison.
Ma ecco il pezzo forte: entrambi gli album avevano la stessa foto all’interno della copertina apribile, coi Beatles che si mescolavano alla folla di Londra. Era uno scatto preso dal loro famoso Mad Day Out del 28 luglio 1968, realizzato con il fotografo Don McCullin. Nessuna didascalia, nessun accenno all’ora o al luogo. Solo i quattro Beatles adulti che sembrano dei ragazzi normalissimi, in mezzo a una folla di ragazzini, anziani, ragazzine, nessuno dei quali si accorge delle rockstar (ok, la ragazza hippie è leggermente consapevole di essere accanto a Paul: è pur sempre Paul, gente). Ringo è inginocchiato accanto a un bambino. Ognuno di quei volti è rimasto impresso nel cervello dei fan, proprio come ogni singola auto sulla copertina di Abbey Road. Per quanto ne sappiamo, la dolce vecchietta nell’angolo in alto a sinistra poteva essere Eleanor Rigby.
Il 2 aprile, il giorno dell’uscita delle raccolte, John e Yoko sono volati a New York per tenere una conferenza stampa, ma non per parlare dei due album. Invece hanno annunciato che John, George e Ringo avevano finalmente licenziato Allen Klein (anche se il loro ex manager li ha fregati, rilasciando una propria dichiarazione poche ore prima). È ironico che i Beatles abbiano scelto proprio quel giorno per scaricare Klein, dato che questo progetto rappresentava l’unica volta in cui aveva fatto la cosa giusta per loro.
John ha anche ammesso, a malincuore, che la separazione significava che Paul aveva sempre avuto ragione sul conto di Klein. «Decideremo noi quattro come comportarci», ha detto quel giorno a Stuart Werbin di Rolling Stone. «Avremmo dovuto farlo molto tempo fa, ma ovviamente que será, será e ora è giunto il momento». Alla domanda sul suo rapporto con Paul, ha riassunto così la situazione: «Fisicamente distante. Mentalmente, abbastanza buono».
Sulla stampa le voci di una reunion dei Beatles erano insistenti. Dopo che Newsweek a marzo aveva pubblicato un articolo sull’argomento, un giornalista di Rolling Stone ha risposto con un servizio esclusivo per la rivista. Il suo nome? John Lennon. Scriveva: «L’estrema umiltà che contraddistingueva il rapporto fra John e Paul sembra essere evaporata. Si sono parlati al telefono e, per dirla in inglese, questo è già qualcosa». Non riusciva però a evitare di lanciare a una frecciatina al vecchio compagno: «”Se solo tutto fosse così semplice e ingenuo come il nuovo singolo di McCartney, My Love, forse Dean Martin e Jerry Lewis si unirebbero ai Fratelli Marx e Newsweak (storpiatura di Newsweek che diventa qualcosa di traducibile come “notizie deboli”, ndr) potrebbe avere un po’ di lavoro”, ha detto un funzionario dell’Africa orientale».
Il pezzo di John diceva che lui, George e Ringo («i tre ex Beauties») suonavano ancora insieme, ma senza alcuna intenzione di riunire la band. «Come al solito» scriveva John «circolano un sacco di voci, se non addirittura vere e proprie bugie, tra cui l’eventualità che l’impresario Allen DeKlein suoni il basso per gli altri tre». Nel medesimo numero di Rolling Stone, nella stessa pagina, Ringo all’aeroporto di Heathrow diceva ai giornalisti che «la possibilità di vederci di nuovo insieme è remotissima. Siamo ancora buoni amici, ma non se ne parla».
Eppure milioni di persone in tutto il mondo non si sono fatti bastare questa affermazione. Il 7 aprile, pochi giorni dopo l’uscita di Red/Blue, John, George e Ringo hanno partecipato a una festa di Barbra Streisand, a Hollywood, per raccogliere fondi per il Pentagon Papers Legal Defense Fund. In quell’occasione, un donatore ha anche offerto la somma di 3000 dollari affinché i tre ex Beatles cantassero With a Little Help from My Friends con Barbra che, però, li ha pregati gentilmente di non farlo, per poi cantarla lei stessa. Harrison e Streisand sono poi rimasti in piedi fino all’alba, mangiando tartine e parlando delle canzoni che lui avrebbe potuto scrivere per il nuovo album della cantante.
Quando il Red e il Blue Album sono usciti, tutti e quattro i Beatles erano impegnati a spingere le loro carriere da solisti, desiderosi di far dimenticare al mondo la vecchia band. Nella stessa settimana, Paul ha pubblicato il suo singolo My Love, che è rimasto al numero uno delle classifiche per quattro settimane. Che brano l’ha poi spodestato dalla vetta? Give Me Love (Give Me Peace on Earth) di Harrison, tratta da Living in the Material World, una delle più belle canzoni che abbia mai scritto. E chi ha sostituto, dopo, George al numero uno? Il buon vecchio Billy Preston, con il suo successo da solista Will It Go Round in Circles.
E dov’era il preferito dei bambini, Ringo? Il suo album solista omonimo, del novembre 1973, ha prodotto due hit superbe arrivate al numero uno: Photograph (con George alla chitarra) e You’re Sixteen (con Paul al kazoo). È il primo album in cui troviamo insieme tutti i Fab Four dopo lo scioglimento, anche se non tutti e quattro nella stessa canzone. Quando George è venuto a sapere della session con cui Ringo e John hanno inciso I’m the Greatest, si è fatto vivo chiedendo: «Posso venire anch’io?». Come ha spiegato John: «Tre di noi erano lì e molto probabilmente sarebbe venuto anche Paul, se fosse stato nei paraggi. Ma non c’era».
Una delle ragioni per cui i ragazzi si stavano dando tanto da fare era che le loro royalties erano congelate per via del contenzioso con la Apple, quindi avevano bisogno di sfornare nuovi successi. Ma c’era un motivo ancora più importante: il pubblico non ne aveva mai abbastanza dei Beatles. Il fenomeno Red/Blue ha rappresentato uno strano caso di sinergia tra i fan e l’industria musicale per creare un nuovo album dei Fab Four, e questo semplicemente perché i quattro stessi si rifiutavano di farne uno. Il pubblico pop, in pratica, stava dicendo: «Se non ci darete i Beatles, costruiremo i nostri Beatles usando pezzi di ricambio».
Sia 1962-1966 che 1967-1970 sono diventati immediatamente dei blockbuster, come tutti già sospettavano. Un articolo di Billboard salutava «i super ragazzi della musica pop, i Beatles». Il Blue Album ha goduto del successo maggiore, restando al primo posto fino a quando non è stato scalzato da Red Rose Speedway di Paul. Non è stata la prima né l’ultima volta in cui Macca si è divertito a competere con la sua vecchia band. In seguito, la Capitol si è fatta più audace, capendo che non voleva o non necessitava della benedizione del gruppo per continuare a rimettere in commercio il catalogo, superando anche di parecchio il limite con lo scadentissimo Rock ‘N’ Roll Music del 1976.
Eppure la rossa e la blu hanno continuato a suonare (e a vendere) meglio. Diamo al Diavolo ciò che è del Diavolo: Klein ha fatto bene il suo lavoro, con l’aiuto del suo luogotenente Allan Steckler. È curioso come Klein, una delle figure più universalmente detestate nella storia del rock, abbia compilato le raccolte rock più amate di tutti i tempi. Come Hot Rocks degli Stones, un altro classico della coppia Klein/Steckler, il combo Red/Blue offriva un ottimo rapporto qualità-prezzo. Klein aveva anche un incentivo: sapeva che il suo contratto sarebbe scaduto il 31 marzo, quindi questa era la sua ultima possibilità di arraffare una fetta di guadagno da un best seller dei Beatles. Però la Capitol ha posticipato la data di pubblicazione dal 28 marzo al 2 aprile, giusto in tempo per escluderlo.
Il Red e il Blue Album sono usciti su CD nel 1993, con tanto di conferenza stampa di George Martin ad Abbey Road. George Harrison, ospite a sorpresa, si è presentato per portare vibrazioni di pace e ha detto: «Non dimentichiamo che tutto ciò che serve è l’amore». I fan hanno protestato dicendo che il Red Album avrebbe potuto stare in un unico CD da 63 minuti, ma in qualche modo sembrava giusto che rimanesse un doppio. La compilation su disco singolo intitolata 1 è stata poi pubblicata nel 2000 ed è diventata la versione di riferimento. Ma il combo Red/Blue dura il doppio, quindi è due volte migliore.
La blu e la rossa hanno rappresentato un momento decisivo nella storia dei Beatles. Quando la gente era alla ricerca di buone nuove su John, Paul, George e Ringo, quei due dischi le hanno date: nessun happy ending con reunion, niente di sdolcinato, solo la prova che questa musica non correva assolutamente il rischio di svanire nei meandri del passato. Si trattava di una previsione del tutto accurata del futuro dei Beatles: queste canzoni avrebbero continuato a vivere anche dopo le fine del gruppo e il mondo avrebbe continuato a sognare il gruppo. Cinquant’anni dopo, questi due dischi riescono ancora a strappare un sorriso.
Da Rolling Stone US.