Dall’uscita del mixtape Galore nel 2020 il nome della francese Oklou (si pronuncia Ok, Lou) ha iniziato a girare in modo sempre più insistente tra gli appassionati di elettronica patinata e avanguardia pop, quella per chi rimane fuori dal club pur strizzandoci (e buttandoci) un occhio. Il suo mix di romantica sperimentazione e melodie fiabesche si è rivelato perfetto per chi cercava altre risposte dopo le influenze barocche di Caroline Polachek e le accelerazioni nel futuro di Sophie. In qualche modo, nella sintesi tra le due, Marylou Mayniel è riuscita a trovare una via di mezzo più “terrestre”.
L’approdo a Londra, le collaborazioni con la famiglia PC Music di A.G. Cook, poi quelle con Sega Bodega, Shygirl, Mura Masa fino al remix di Fever di Dua Lipa hanno contribuito a far crescere le aspettative attorno alla musicista, il cui stile sta al confine tra rave e bedroom pop, con influenze filo-nerd internettiane. Il debutto Choke Enough arriva insomma con un hype già consolidato: è un album che conserva quel sound etereo che l’ha caratterizzata dagli esordi, ma adesso Oklou cerca una maturità diversa, affrontando temi legati a vita, realtà, scoperta, una Björk che ci parla del confine tra sogno e realtà, magari attorno a un falò al freddo di un non precisato nord. Un’evoluzione che si riflette anche (e ancora di più) nel fatto Oklou oggi aspetta un bambino.
«Ci sono tante cose che hanno contribuito alla nascita di Choke Enough, ma credo che il mio percorso musicale sia stato inevitabilmente influenzato dalla mia crescita personale», spiega Manyiel. «Dopo Galore ho sentito il bisogno di cambiare, riflettere su ciò che stavo vivendo. Sono più adulta e questa evoluzione non ha toccato solo la musica, ma anche le mie relazioni, i miei interessi, il mio modo di pensare».
Lo stile che l’ha resa riconoscibile – un mix di art pop, synth vaporosi e candidi ritmi elettronici molto minimal – è diventato più maturo, quasi “posato”, seppur mai veramente privo di rischi. L’hyperpop in forma ballad di Harvest Sky si mescola agli arpeggi folk di Take Me by the Hand, i fuochi della Fête de la Saint-Jean (la festività di San Giovanni Battista della sua città natale, nella Francia rurale dov’è cresciuta) si mescola ai ricordi dei viaggi di Manyiel alla ricerca di sé stessa degli ultimi anni. Le suggestioni sono tante, ma per Oklou non fanno parte, dopotutto, di un così enorme cambiamento della sua natura. «Per quanto tutto possa suonare diverso, credo di essere sempre stata in questo spazio. Non sento di aver esplorato un territorio così nuovo per me».
La sua formazione è prevalentemente classica – flauti, clarinetti, batteria e sezioni orchestrali si intrecciano con tappeti elettronici e drones dalla tempra romantica – ma sono le collaborazioni a dare un tocco inedito rispetto ai suoi esordi. La crew di PC Music appare più volte: A.G. Cook e Danny L. Harle, collaboratori di lunga data, affiancano la canadese Casey MQ, che, come nel mixtape Galore, firma gran parte della produzione. Completano il quadro le incursioni vocali del rapper Bladee e della cantante Underscores. «Scegliere le persone con cui lavorare è fondamentale. Non sempre è così quando firmi un contratto discografico, e sono grata di averlo potuto fare». Libertà che però non è del tutto priva di ostacoli. «Per diversi altri aspetti non mi sono mai sentita libera al 100%», ammette. «Quando lavori nell’industria musicale ci sono sempre delle pressioni. Ho dovuto fare compromessi, anche sul suono di certe tracce. Non ho rimpianti, è la realtà».
Foto: Gil Gharbi
Il viaggio introspettivo di Choke Enough si traduce anche in testi, come quello di Choking Up (“I’ll choke up now, will this life grant me the space?”, “Ora soffocherò, questa vita mi concederà dello spazio?”), che urlano un desiderio di voler trovare un posto nel mondo. «Quando crei musica ti aggrappi all’unica realtà che puoi davvero controllare. Anche quando inventi una storia, l’arte nasce sempre da dentro di te. È radicata nelle tue esperienze, nei tuoi pensieri. Ed è questa connessione che la rende autentica».
In un recente post su Instagram ha annunciato la necessità di dover posticipare il tour in Nord America previsto per il lancio del suo album. Il motivo? La gravidanza. Un cambiamento di vita piuttosto radicale che però non ha influito sul processo creativo. Che anzi, le ha permesso di vivere tutto con maggiore serenità: «Non credo abbia avuto un impatto sulla scrittura, l’album era già pronto. Sono contenta di potermi staccare un po’, così la musica avrà il tempo di vivere da sola».
A questo proposito, riflette anche sulle differenze tra questa esperienza e i suoi primi passi nella musica. «Mia sorella, ad esempio, mi ha fatto notare un grande cambiamento. Durante Galore c’era più tempo per far crescere tutto, questa volta è stato tutto molto, molto più veloce». Un discorso che, per la francese, riguarda in gran parte l’incontrollabile hype legato al debutto, le aspettative e le strategie di marketing nel mercato musicale. «C’è molta attenzione attorno all’album e questo crea una pressione che non avevo previsto. Ieri sono svenuta. La promozione e l’attenzione sul disco mi hanno indubbiamente messa sotto stress emotivo. Ero convinta di riuscire a gestirlo, ma credo che il mio corpo mi stia dicendo di fermarmi».
Una wonder kid diventata donna, Oklou esplora con Choke Enough il suo stesso cambiamento, l’incertezza dei nostri tempi e la ricerca di un nuovo equilibrio, tra sogni lucidi e paesaggi bucolici. E come suggerisce il titolo, ci invita a riflettere sulla realtà odierna, ricordandoci che abbiamo sempre il potere di allentare la presa prima di soffocare.