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Pass e paillettes: dietro le quinte di Eurovision 2023 con i Piqued Jacks

Tensione e cazzeggio nel backstage, misure di sicurezza, corse, contratti, una raffica di esibizioni davanti al pubblico (pagante) che non vengono trasmesse: il «Sanremo col viagra» come non l’avete visto in tv

Foto: Corinne Cumming/EBU

Gabbiani che volano, mingono e defecano, sole e acquazzoni, odore di frittura ovunque, una città in festa, riferimenti ai Beatles in ogni dove. E persone in giro con improbabili mise che, in un primo momento, fanno pensare sia esplosa una fabbrica di paillettes. Invece no, siamo a Liverpool, la città che quest’anno ha ospitato la più inclusiva e celebre manifestazione canora con la musica dei Paesi europei e del Mediterraneo (oltre che dell’Australia). Stiamo parlando ça va sans dire dell’Eurovision Song Contest. La competizione ha visto trionfare, negli anni, gli Abba, Toto Cutugno, i Måneskin.

Quest’anno per San Marino ci sono i pistoiesi Piqued Jacks. La band poteva risultare sconosciuta ai più prima di trionfare a Una voce per San Marino talent cult trash che le ha dato la possibilità di rappresentante il mini Stato all’ESC che, mi sembra giusto ricordarlo, nasce ricalcando il Festival di Sanremo grazie a un’intuizione del giornalista Sergio Pugliese come evento per cancellare gli attriti e strascichi della Seconda guerra mondiale. Il direttore generale dell’Unione Europea di radiodiffusione Marcel Bezençon colse la palla al balzo e a Roma, il 19 ottobre 1955, si decise quando e dove avrebbe avuto luogo la prima edizione dell’Eurofestival.

La vita è tutta un pass

Un volo Roma-Manchester, un treno fino a Liverpool e poi ecco la M&S Bank Arena che ospita l’ESC. Abitanti e addetti ai lavori sono super collaborativi e felici di questa ondata di turismo. I controlli sono continui, a ogni passo viene chiesto il pass. Si esce un secondo e viene chiesto il pass, si ritorna dopo un secondo, viene (ri)chiesto il pass. Il pass viene scannerizzato dagli occhi attenti della sicurezza che un secondo prima aveva già scandagliato il pass. Sì, la vita è tutto un pass per parafrasare Renzo Arbore. O almeno, qui all’Eurovision lo è.

I Piqued Jacks a Eurovision 2023. Foto: Chloe Hashemi/EBU

Due esibizioni al giorno

I Piqued Jacks in quota sammarinese se la vivono, in un primo momento, tranquillamente: sono consapevoli che difficilmente andranno in finale, ma felici dell’opportunità di farsi conoscere (ancora di più) in ambito internazionale. Dietro la scorza simil-rock sono tutti bravi ragazzi: il frontman E-King, al secolo Andrea Lazzaretti, continua a farsi aerosol su aerosol per conservare la voce, il batterista Tommaso Oliveri aka HolyHargot prova le bacchette su una sedia e ripassa il brano Like an Animal con cui si esibiscono. E ancora il bassista Littleadle (Francesco Bini) si rilassa con pose simil-yoga, mentre Marco “Majic-o” Sgaramella (alle chitarre) racconta di come, ad Andria, sia considerato una star.

Ma la BBC, che organizza insieme a EBU tutto l’ambaradan, incombe e ha piazzato un paio di dipendenti-vedette per organizzare e dare i tempi a questa macchina infernale. Infernale soprattutto per gli artisti che gareggiano: oltre alle prove e i pre-party sbattuti in giro per il mondo, le spese da sostenere anche per la delegazione (il gabbiotto per i commentatori esteri viaggia sui 12 mila euro l’uno, tanto per dirne una), devono pure esibirsi per ben quattro volte (diretta compresa) davanti al pubblico pagante. Se arrivano alla Grand Final le performance salgono a sei. Si tratta di due esibizioni al giorno, entrambe con l’arena zeppa di gente, esattamente come se fosse lo show vero, con presentatori e tutto il corollario. Durante una di queste prove generali è prevista la votazione della giuria di ogni nazione, ma non del televoto (attivo solo per la diretta). Un po’ complicato, ma così è. Quindi, ogni volta, i ragazzi del gruppo vanno al trucco e parrucco e si devono vestire esattamente come se andassero in onda. Dopo la seduta dal parrucchiere il batterista Tommaso si lamenta dei capelli, nel frattempo il press office turco Ersin snocciola interviste ed eventi ai quali devono presenziare.

Sanremo col viagra

Tra un pass e l’altro arriva finalmente il momento dell’esibizione. In Arena, però, non si può entrare. Motivo? Già. Bisogna avere un altro pass o possedere un ticket per la serata. Il capo delegazione sammarinese, Marco Vannuzzi, e l’ufficio stampa corrono a destra e a manca, cercano di farmi avere un lasciapassare chiedendo agli altri Stati. Lo trovano (evviva!). Unico problema: sono le 19:59 e oltre le 20:00 i fiscalissimi addetti ai controlli non fanno più entrare. Corsa dalla sala camerini. Pass. Poi dall’area D dell’arena. Pass. Poi dall’area che contiene l’area D. Pass. Ai tornelli mi dicono che sono all’entrata per chi non indossa zaini. Ovviamente ho lo zaino. Si torna indietro. Pass. Sono le 20:10. Controllano zaino come in aeroporto. Entro mi chiedono un fiorino, anzi no, il pass.

Alle 20:15 sono in Arena. Tutto è esattamente come quello che si vedrà in diretta il giorno seguente. Anche gli aspetti che possono sembrare improvvisati, in realtà, non lo sono. La sensazione è di assistere a un Festival di Sanremo col viagra. Il pubblico va in visibilio per Belgio, Polonia, Austria, Australia e… San Marino! I riscontri della gente sono così decisi che i Piqued Jacks, quando li rivedo nei camerini, al termine della prova-show, iniziano a credere che (forse) un posto nella Gran Final c’è anche per loro. La manager Toyah è imperturbabile, ma dagli occhi si capisce che dentro sta esplodendo. Del resto lei, nella formazione della provincia di Pistoia, ci ha sempre creduto. Si torna in hotel, la band vuole uscire: ci sono delle feste a cui sono stati invitati da artisti di altri Stati. Il frontman decide di andare a letto. Tommaso e Marco si lasciano sfuggire che la sera prima hanno fatto l’alba e Toyah con sguardo severo li invita a riposarsi, salvo poi ammettere che si fida perché molto disciplinati. Un fish & chips con il capo delegazione sammarinese e nanna.

Il giorno dei giorni

Alle 11 arriva il van che ci riporterà all’arena per altri due show col pubblico, uno è la vera semifinale. E quindi si ricomincia. Pass. Camerino. Caffè. Trucco e parrucco. Pass. Pranzo. Pass. Arena. Interviste. Pass. Family Show (prova generale che chiamano così perché alle 13 di solito, è l’orario prescelto dalle famiglie per non fare ore piccole ai bambini). La prima esibizione è perfetta. Pass. Ci si prepara per la semi finale vera. I pass si sprecano. I ragazzi sono sballottati da una radio e una tv all’altra da Ersin. Si parla anche di una partecipazione a Sanremo. Non si esclude nulla anche se, dicono, il frontman Andrea scrive solo in inglese. Qualcuno tra un complimento e l’altro, suggerisce di “usare” per un eventuale pezzo in italiano grandi parolieri di oggi. Verso le 19 il silenzio. I camerini che pullulavano di personaggi (a volte) pittoreschi ed esagerati che parlavano mille lingue sono muti. La tensione sale. Poi si cominciano a sentire gli albanesi Albina & Familja Kelmendi e gli sloveni Joker Out gorgheggiare e ripassare il loro brano. I più tranquilli sembrano quelli della delegazione islandese, che regalano sempre grandi sorrisi e pacche sulle spalle. Il cipriota Andrew Lambrou è il più amato e scatena l’ormone facendosi notare quando passa. Il belga Gustaph e gli australiani Voyager vincono il premio simpatia. Danny, il cantante della band di Perth, si è divertito a intonare il suo pezzo nei bagni e facendo foto con tutti (dopo essersi lavato le mani, preciso!). Nel frattempo i Piqued Jacks ricevono la visita di Dino Stewart della BMG che li ha messi sotto contratto. Toyah, la manager, è muta. Tesa. Restano soli in camerino per un attimo di concentrazione. Un urlo. Si va. Un pass e seguiamo il live sul grande schermo nella sala sopra i camerini.

Zero sbavature

Lo show dell’ESC è perfetto. Troppo perfetto. Non viene lasciato spazio nemmeno a un briciolo di improvvisazione. Capisco che si debbano tenere a bada oltre 30 Paesi, ma alla fine il risultato è un po’ di plastica, asettico. C’è poco cuore. A Sanremo, invece, ce n’è parecchio di cuore. E questo è un bene. Se l’emozione fosse un tantino più a briglia sciolta anche all’Eurofestival ne gioverebbero tutti. Un aspetto che potrebbero prendere a modello dalla kermesse della Città dei Fiori, considerato che da lì è un po’ partito tutto. Qui, invece, siamo più nel mood «ok, avanti il prossimo, non abbiamo tempo». Peccato.

L’ending non al 100% happy

Alla fine i Piqued Jacks non ce la fanno e, va detto, sono passati brani che ci siamo già dimenticati. I ragazzi non sono delusi, hanno vissuto un’esperienza da outsider, assaporato l’Europa su un palco super prestigioso. E si sono pure portati a casa un contratto discografico. I follower su Instagram sono passati da 5000 a più di 8000, su Spotify la loro Like an Animal sfiora gli 800 mila stream. L’avventura continua da qui. L’Eurovision, da lontano, è un’arena che si spegne. Torno a piedi, verso l’hotel e, nella mente, risuona un motivetto: “perché Sanremo è Sanremo pa-pa-pà”.

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