Cher sta per pubblicare un’antologia che copre tutta la sua carriera. È curata personalmente da lei e uscirà prima dell’ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame e dell’uscita del primo volume delle sue memorie. Forever includerà i primi successi da sola (Gypsies, Tramps & Thieves, Dark Lady), le power ballad anni ’80 (If I Could Turn Back Time, I Found Someone), le inarrestabili hit da club (Take Me Home e Believe). La Forever Fan Edition conterrà anche i pezzi con Sonny Bono, un duetto col compianto marito Gregg Allman e altro ancora, per un totale di 40 brani.
Manca però una grande hit. Half-Breed del 1973 racconta la storia del figlio di un uomo bianco e di una donna Cherokee alle prese coi pregiudizi di entrambe le parti: “Gli indiani dicevano che per la legge ero bianca e l’uomo bianco mi chiamava squaw indiana”, recita un verso. Sotto il ritornello rimbomba un canto dei nativi americani.
Half-Breed è stata inserita in una retrospettiva di Cher negli anni ’90 e possiamo solo ipotizzare il motivo per cui è stata esclusa da Forever; il management di Cher ha rifiutato di rilasciare un commento. È possibile che si tratti del caso più recente di una tendenza in atto tra i grandi del pop e del rock di riconsiderare il proprio catalogo, le set list e le copertine degli album alla luce delle nuove sensabilità. Star contemporanee come Kesha, Lizzo e Beyoncé hanno rimesso mano a testi problematici (di recente GloRilla ha modificato un verso di una canzone che deve ancora essere pubblicata ufficialmente per eliminare la parola “ritardato”), mentre gli artisti storici stanno iniziando a metterci mano solo ora.
Nel 2021 i Rolling Stones hanno eliminato dalle scalette dei concerti Brown Sugar, che parla di una “nave negriera” e di un mercante di schiavi che “sa di fare tutto bene, sentitelo come frusta le donne verso mezzanotte”. «Non hanno capito che si trattava di una canzone sugli orrori della schiavitù?», disse all’epoca Keith Richards, aggiungendo che sperava «di essere in grado di riprendere il pezzo prima o poi in futuro».
La canzone, tuttavia, non è ancora riapparsa nei concerti e, a quanto pare, non è l’unico caso di modifica apportata dagli Stones. Nel 1977, la band fece uno show per pochi all’El Mocambo di Toronto. Parti del concerto furono pubblicate nel disco Love You Live dello stesso anno dove si può sentire Mick Jagger presentare la band scherzando sulle preferenze sessuali: «Charlie Watts deve ancora scegliere», «Bill Wyman vuole solo fotografare le gambe delle ragazze», «Ronnie Wood è gay». Nel 2022, quando è stata pubblicata ufficialmente la registrazione più estesa dei concerti, le osservazioni di Jagger erano sparite. Nello stesso anno, Patti Smith ha tolto Rock n Roll N****r da tutte le edizioni in streaming del suo album Easter del 1978.
Questa primavera Joni Mitchell ha pubblicato un cofanetto coi suoi album della fine degli anni ’70. Uno di essi è Don Juan’s Reckless Daughter. Quando il disco fu pubblicato nel 1977, pochi si offesero, almeno pubblicamente, per il fatto che in copertina Mitchell era ritratta con la blackface, ovvero con il volto truccato di nero, nei panni del personaggio che lei chiamava Art Nouveau. Ora, a quanto pare, qualcuno ha pensato bene di farlo: la ristampa ha una copertina completamente diversa, con una foto della Mitchell che si nasconde dietro quello che sembra un lupo impagliato.
Non sorprende che nessuno degli artisti abbia commentato questi cambiamenti (tutti hanno rifiutato di parlare con Rolling Stone o non hanno risposto alle richieste di commento). La tendenza ha lasciato perplessi, sconcertati o entrambe le cose alcuni esponenti del mondo della musica. «Nel caso di Joni, le avrei consigliato di fare quel che ha fatto», dice un importante consulente dello spettacolo ed esperto di gestione delle crisi, che ha scelto di rimanere anonimo. «Mi chiedo però se qualcuno creda davvero che Joni sia razzista».
Per quanto riguarda Brown Sugar e altre canzoni con testi che oggi potrebbero essere considerati offensivi, «si sa che sono state scritte in un’epoca diversa e che nessuno oggi le scriverebbe così. Nessuno pensa che Cher sia una persona orrenda perché mezzo secolo fa cantava quel pezzo. Bisogna stare attenti a non reagire in modo eccessivo».
Al momento, i fan sembrano essere equamente divisi sull’argomento. Quando Mitchell ha rilanciato la copertina, ha semplicemente condiviso l’artwork sui social senza alcun commento. Alcuni fan hanno fatto notare di non aver nessun problema con l’originale, che per alcuni è migliore. «Dirò una cosa impopolare, ma preferisco la copertina originale», ha scritto un utente. «A causa del politicamente corretto abbiamo rovinato il nostro senso dell’umorismo, ora è arrivato il momento dell’arte e presto accadrà con i testi. Qualcuno può davvero sentirsi offeso dall’immagine originale?».
Altri sono d’accordo con la decisione di Mitchell. «I tempi cambiano e con essi anche il modo in cui l’arte e la musica vengono percepite. Cambiare la copertina non significa cambiare la musica, la arricchisce… Sono contento che la copertina sia stata cambiata», ha scritto uno di loro. E un altro, più conciso: «La nuova copertina è decisamente migliore».
Per quanto riguarda Half-Breed, Cher ha un rapporto complicato con la canzone (che, a dire il vero, presenta una delle prestazioni vocali più appassionate e sofferte della sua carriera). Dopo averla pubblicata, non l’ha eseguita dal vivo fino al 1999, per poi reinserirla occasionalmente nel repertorio live. L’ha ripresa nel 2014 eseguendola con tanto di nuovo copricapo adatto al testo ed è sparita di nuovo finendo sotto il fuoco dei social con l’accusa di appropriazione culturale. «È un pezzo di 50 anni fa, non voleva essere offensivo», ha scritto Cher nel 2017. «Ma ok, è una scusa un po’ del cazzo. Devo mettere da parte quel bellissimo costume e smettere di cantarla. Ha decisamente fatto il suo tempo» (Half-Breed rimane nell’attuale versione itinerante del musical The Cher Show).
Né l’editore di Half-Breed né Dawn Garrett, la figlia di Snuff Garrett che ha prodotto la registrazione originale, sono stati informati dell’omissione della hit da Forever. «Se dovessi fare un’ipotesi, direi che il motivo è quello», dice Garrett. «Non sono cresciuta con l’idea che la canzone fosse un insulto o qualcosa di simile. Ma questa è una generazione completamente diversa e credo sia importante che nessuno si senta insultato o turbato. Bisognerà vedere se i vecchi fan saranno contenti o se sarà troppo polarizzante».
Resta una domanda: fino a che punto questa tendenza si estenderà e quali altre canzoni o testi saranno cancellati? Il consulente musicale, per esempio, è scettico. «Si può arrivare al ridicolo quando si cerca di eliminare cose che già esistono. Non puoi cancellare le cose da Google. Se Michelangelo fosse vivo, coprirebbe le sue opere?».
Da Rolling Stone US.