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Pronti per le ‘Sun Sessions’ con l’AI? Il futuro degli archivi di Elvis Presley

La tecnologia utilizzata dai Beatles per la docuserie ‘Get Back’ e l’inedita ‘Now and Then’ verrà impiegata anche per le opere del re del rock’n’roll. Lo scopo non è alterare gli originali, ma farli rivivere

Foto: Screen Archives/Getty Images

A fine anni ’80 Ernst Jorgensen, all’epoca dirigente di un’affiliata della BMG in Danimarca, ha posto una domanda sfacciata durante una riunione con l’internazionale: «Perché gestiamo così male il catalogo di Elvis Presley?». La risposto che ha ottenuto da uno dei boss americani è stata: «Se sei così bravo, perché non lo fai tu?».

Da allora Jorgensen si occupa delle ristampe di Presley, dalla notevole raccolta del 1992 The King of Rock N’ Roll – The Complete 50s Masters fino a Memphis, il cofanetto uscito nel 2024 che raccoglie le registrazioni fatte nella città del Tennessee dove la star ha vissuto buona parte della sua vita. Quando la tecnologia lo permetterà, Jorgensen spera che si arrivi a rielaborare i capolavori anni ’50 di Presley, a partire delle leggendarie session ai Sun Studios fatte tra il 1954 e il 1956, usando l’intelligenza artificiale.

Quelle session, fatte col chitarrista Scotty Moore e il bassista Bill Black, sono state registrate da Sam Phillips dal vivo su nastro mono, su una traccia singola. Significa che fino a oggi è stato impossibile realizzare un vero remix delle canzoni. E però la tecnologia di demixing con AI, che permette di separare gli strumenti anche partendo da una traccia singola, continua a progredire. Di recente Jorgensen ha chiesto a Emile de la Rey, che ha lavorato all’audio del documentario Get Back di Peter Jackson, di realizzare un remix di prova di Good Rockin’ Tonight utilizzando la tecnologia AI proprietaria di Jackson. Il risultato in termini di «perfetta separazione degli strumenti» ed eliminazione del fruscio del nastro è stato di gran lunga superiore a quello ottenuto usando il software d’intelligenza artificiale più diffuso e quindi Jorgensen sta aspettando di avere accesso alla tecnologia utilizzata per i Beatles. Una volta che l’avrà, «mi piacerebbe rielaborare tutto il materiale degli anni ’50. Le registrazioni della Sun sono piuttosto spartane: una chitarra acustica, un’elettrica e un basso slappato. Ma quando separi gli strumenti, è come riscoprirle di nuovo. Il suono non è esile, non ti viene da pensare: beh, tutto qui?».

Jorgensen ha passato decenni a cercare i master di Presley per digitalizzarli, alcuni però mancano all’appello. Per lavorare a certi pezzi del periodo Sun che la casa discografica non ha mai inviato alla RCA, tra cui Blue Moon of Kentucky, è ricorso a fonti di seconda generazione. In alcuni casi, cosa molto grave, le outtake di quelle session sono andate irrimediabilmente perdute. «C’è una bobina su cui c’è scritto “That’s All Right and One Other Selection”, ma non è indicato qual è l’altro pezzo e il nastro è andato». Mancano anche alcune registrazioni dell’epoca RCA effettuate a fine decennio. «Un presidente della RCA, nel 1959, ha avuto la bella idea di risparmiare sui costi di magazzino e ha fatto eliminare tra le 10 e le 20 mila bobine, comprese quelle che contenevano le outtake di Elvis».

Per il box set Memphis non è stata utilizzata l’AI. Contiene comunque versioni remixate di classici come In the Ghetto, Suspicious Minds o Kentucky Rain da cui il produttore/ingegnere Matt Ross-Spang ha eliminato alcune sovraincisioni. «C’erano alcuni dei più grandi musicisti di tutti i tempi ad accompagnare Elvis», spiega Ross-Spang. «Ora si sentono bene le sfumature e la voce di Elvis, si capisce grossomodo come il pezzo suonava nella stanza dove l’hanno inciso». Il lavoro è stato svolto quanto più possibile con apparecchiature analogiche nel suo Southern Grooves Studio di Memphis, fra cui una vera e propria echo chamber per le voci.

Ross-Spang ha anche remixato alcune registrazioni dal vivo a Memphis risalenti agli anni ’70, trovandosi però ad affrontare dei problemi tecnici. «Le cose si complicano quando Elvis, cantando, si avvicina alla batteria», spiega. «Facendolo, nel suo microfono entra il suono della batteria. Quando si dirige verso il pubblico, si sentono le ragazze urlare. Ma questo per me rende tutto più eccitante».

La parte conclusiva del box comprende pezzi tratti dalle cosiddette Jungle Room Sessions del 1976. Sono le ultime incisioni di Presley, quand’era ormai in fase calante. L’anno seguente sarebbe morto, eppure ha inciso molti brani ottimi, tra cui una versione emozionante, anche se cantata con un po’ troppa enfasi, di Danny Boy. «Era ancora un artista più a fuoco di quanto si pensi», dice Ross-Spang. «Ascoltandolo, capisci quant’era concentrato e motivato».

Da Rolling Stone US.

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