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Quando Taylor Swift non ha fatto «la brava bambina» e ha inventato le ‘Taylor’s Version’

In un estratto dal libro primo nella classifica del New York Times, la storia della lotta della popstar coi suoi ex discografici. «Dormo bene di notte sapendo che ho ragione e che è una buona cosa aver parlato del diritto degli artisti alla titolarità della loro arte»

Foto: Emma McIntyre/AMA2019/Getty Images

Quando Swift disse che avrebbe inciso nuovamente i suoi vecchi album, offrendo ai fan un modo per riacquistare la sua musica alle sue condizioni dopo che il contratto con Big Machine era giunto alla scadenza, le cose si fecero naturalmente ancora più complicate. In un’intervista andata in onda su Good Morning America, la corrispondente Tracy Smith le chiese se aveva in mente di realizzare nuove versioni di tutti i suoi vecchi master. «Oh, sì» ribatté Swift. «È un progetto?» chiese Smith. «Assolutamente sì» disse Swift. «Avrò parecchio lavoro da fare.»

Taylor sostenne che Borchetta e Braun le avessero detto agli AMA che non avrebbe potuto eseguire i pezzi contenuti nei master di loro proprietà se non avesse rinunciato a incidere nuovamente gli album. Swift voleva assolutamente usare il suo materiale per la performance al galà, dove sarebbe stata nominata nientemeno che Artista del Decennio. Sostenne anche che i due uomini d’affari le avessero detto che non avrebbe potuto usare il suo vecchio materiale nell’imminente documentario di Netflix. “Il messaggio che mi viene trasmesso è chiarissimo” scrisse sui social media. “Fondamentalmente, fa’ la brava bambina e chiudi quella bocca, se non vuoi essere punita”. Si lamentò del fatto che non stava parlando di musica qualsiasi, ma di musica che aveva “scritto sul pavimento della mia camera da letto, video che avevo concepito e finanziato con i soldi guadagnati suonando nei bar, poi club, poi palazzetti e poi stadi”.

Di precedenti per quel tipo di disputa ce n’erano. Nel 2012, in una contesa epica con la Universal per la percentuale dei diritti d’autore digitali, i Def Leppard vietarono all’etichetta di usare la loro musica per qualsiasi cosa che andasse al di là del prodotto fisico e iniziarono a incidere falsi delle loro stesse hit – da cui avrebbero tratto il settanta per cento dei diritti – unicamente per i servizi di download e di streaming. In precedenza, la band inglese degli Squeeze aveva pubblicato nuove incisioni di loro vecchie canzoni in un album intitolato Spot the Difference, Cogliete la differenza. Anche in quel caso, erano in lite con la Universal. Di solito, questo tipo di disputa viene composto a porte chiuse, con avvocati noiosi che passano noiosamente in rassegna contratti e statuti noiosi finché non si trova una soluzione. Quella, invece, si svolse davanti agli occhi del mondo.

Ogni volta che Swift parlava della faccenda sui social media, le sue parole raggiungevano in tempo reale ottantacinque milioni di follower, molti dei quali ricondividevano immediatamente le sue parole, contribuendo a farle arrivare a molti altri milioni di persone. L’hashtag #IStandWithTaylor (io sto con Taylor) divenne uno dei più seguiti sui social media e Swift dimostrò che il mondo dei potentati economici non la intimidiva.

Nel giro di poco tempo, Braun e Borchetta vennero subissati di minacce di morte. Fecero marcia indietro sulla faccenda degli AMA, anche se la loro dichiarazione non fornì una risposta specifica sulla questione riguardante Netflix.

La discordia procedette fino al venerdì precedente la premiazione, quando Braun pubblicò una lettera aperta a Swift, elencando le minacce di morte che, a suo dire, la sua famiglia aveva ricevuto dagli Swifties. Secondo l’edizione americana del Sun, a Taylor fu chiesto di dire ai suoi fan di smetterla di mandare minacce a Scooter e alla sua famiglia. Agli AMA, Taylor arrivò con un costume notevole che indossò eseguendo un medley delle sue più grandi hit per festeggiare l’incoronazione come Artista del Decennio. La sua mise bianca e semplice faceva bella mostra dei titoli dei suoi dischi precedenti – Taylor Swift, Fearless, Speak Now, Red, 1989 e Reputation – in quella che fu inevitabilmente interpretata come una frecciata meno che sottile alla Big Machine, soprattutto perché non includeva il titolo del suo album più recente, Lover, di cui l’etichetta non era proprietaria. Secondo alcuni, lo stile dell’abito era simile a quello della divisa carceraria, paragonando la sua presa di posizione a quando Prince era apparso ai Brit Awards del 1995 con la parola schiavo scritta sulla faccia in segno di protesta contro la sua etichetta, la Warner, che deteneva la titolarità del suo nome e di tutta la musica che aveva inciso utilizzandolo.

Quando Taylor accettò il premio di Artista del Decennio, tenne un discorso intriso di messaggi. «Il fatto è che nell’ultimo anno della mia vita ci sono stati i momenti più straordinari e le cose più dure che io abbia mai vissuto, un sacco di cose che non sono mai diventate di dominio pubblico» disse. «Volevo ringraziarvi per essere stati l’unica cosa che sia rimasta costante nella mia vita. Questo ambiente è davvero strano».

Nell’aprile del 2020, Taylor rinnegò un album live pubblicato a suo nome, descrivendo l’operazione come «avidità spudorata» e di cattivo gusto. L’album Live from Clear Channel Stripped 2008 era stato registrato quando Swift aveva diciotto anni, nel periodo di Fearless. Fu pubblicato da Big Machine. Scrivendo su Instagram, mise in chiaro quale fosse la sua posizione. “Questo disco non ha la mia approvazione. Ho la sensazione che Scooter Braun e i suoi finanziatori, 23 Capital, Alex Soros e la famiglia Soros e il Carlyle Group, abbiano visto i loro ultimi bilanci e si siano resi conto che pagare trecentotrenta milioni di dollari non è stata esattamente una scelta saggia e che abbiano bisogno di denaro”. Aggiunse: “A mio avviso… l’ennesimo caso di avidità spudorata nel periodo del coronavirus. Davvero di cattivo gusto, ma molto trasparente”.

Nell’autunno del 2020, Braun vendette i master dei primi sei album di Swift alla Shamrock Holdings, la società di investimenti della famiglia Disney. L’accordo, per la presunta cifra di quattrocentocinque milioni di dollari, fu visto come un’enorme vittoria per Braun, che ottenne un bel guadagno dal suo investimento iniziale. Swift non era certo felice: disse che i master delle incisioni «per lei non erano in vendita».

«Era la seconda volta che la mia musica veniva venduta a mia insaputa» sostenne. «La lettera mi comunicava che era loro intenzione mettersi in contatto con me prima della vendita, per farmelo sapere, ma che Scooter Braun aveva preteso che non contattassero me o la mia squadra, altrimenti non se ne sarebbe fatto nulla». Secondo la sua dichiarazione, Braun continuerà a trarre profitto dal suo catalogo «per molti anni».

Ripensando a quella controversia, Braun riconobbe di avere dei rimpianti. «Da quell’episodio ho imparato una lezione importante» disse. Ammise di aver fatto certe ipotesi su come sarebbero andate le cose. «Quindi, il mio rimpianto è aver dato per scontato che tutti, una volta stipulato il contratto, avrebbero parlato con me, avrebbero visto le mie intenzioni, avrebbero visto il mio carattere e avrebbero detto: “Fantastico, facciamo affari insieme”. Feci quell’ipotesi con persone che non conoscevo e scoprii… che non avrei mai più potuto fare un’ipotesi del genere». Ammise di aver capito che Swift «probabilmente pensava che non fosse stato un comportamento corretto» e aggiunse che «augurava il meglio a tutte le parti coinvolte».

Quanto a Swift, lei disse a Variety che aveva la coscienza pulita. «Be’, dormo bene di notte, sapendo che ho ragione e sapendo che, tra dieci anni, sarà stata una buona cosa aver parlato del diritto degli artisti alla titolarità della loro arte, così come aver suscitato discussioni del tipo: i contratti discografici dovrebbero avere una scadenza più breve? Oppure: come faremo davvero ad aiutare gli artisti se non diamo loro il diritto di rifiutare l’acquisto della loro opera se intendono farlo?».

Tratto da Taylor Swift – La biografia 100% unoffocial. © 2014, 2024 Chas Newkey-Burden © 2024 HarperCollins Italia S.p.A., Milano. Prima edizione HarperCollins luglio 2024

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