«Non importa quanto manca al Natale, ma chi manca a Natale», they say. Ah il Natale… la malinconia, le assenze amplificate. Il 25 dicembre ha un che di sadico quando vengono a mancare certi punti di riferimento. Siamo adulti, ormai dovremmo averlo metabolizzato, eppure da sei anni a questa parte siamo qui a non darci pace per l’assenza di colui che, nel pop, sul Natale ha modellato la ballad più sopportabile di sempre. Se vi pare poco. Ci manchi molto George Michael, ecco.
Era il 2016 quando il perfezionista del pop si è spento, proprio nel giorno di Natale, nella sua casa nell’Oxfordshire, in Inghilterra. E per un triste scherzo del destino, appena tre anni più tardi, stessa sorte è toccata alla sorella Melanie, anche lei deceduta il 25 dicembre. «Ero al pranzo di Natale a casa mia in Inghilterra, con tutta la mia famiglia riunita, in attesa di sapere se il mio compagno, di cui nessuno dei presenti sapeva nulla, fosse malato terminale di Aids e quindi se lo fossi potenzialmente anche io», ha raccontato George nel docufilm sulla sua vita Freedom Uncut.
Per evitare le lacrime, che guardando il doc a tratti gonfiano gli occhi, di George quest’anno non ricordiamo soltanto le ombre ma celebriamo il considerevole lascito culturale, oltreché musicale e stilistico. Su di lui ne abbiamo lette di ogni. Ma, al netto delle speculazioni, è giusto ribadire una serie di meriti specifici.
Come Freddie Mercury, Elton John, David Bowie, il cantante britannico ha dovuto fare i conti a più riprese con l’implacabile scure della censura di matrice sessuofobica. A cominciare dal primo singolo estratto dal debutto da solista I Want Your Sex, che fu infatti prontamente censurato da molte stazioni radio in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Perennemente al centro di una morbosa attenzione mediatica, pruriginosa per costituzione, George scelse per spirito di rivalsa di mettere sul tavolo il sesso nelle sue sfaccettature meno machiste, ma dovette pagarne le conseguenze. La BBC bandì la trasmissione del brano poiché colpevole di istigazione al sesso occasionale proprio nel momento in cui il flagello dell’Aids iniziava a far paura.
Il cantante rispose alle accuse riportando l’attenzione sull’importanza delle relazioni ma non fu abbastanza, così dovette confezionare un piccolo video sul sesso sicuro per Mtv che fece da lasciapassare alla messa in onda. Una breccia nel paradigma della censura che qualche anno più tardi spronerà una sua illustre collega ad avvalersi dello stesso codice semantico con il libro Sex.
Con la morte del compagno di vita Anselmo Feleppa, nel 1993, l’incantesimo del successo va in mille pezzi. La morte della madre a breve distanza, la dura battaglia legale ingaggiata con la Sony per rivalersi su un contratto discografico incompatibile con il suo bisogno di esprimersi, lo spettro della depressione e un lungo silenzio discografico. Prima di tornare trionfalmente con Older, l’album dell’introspezione nonché il suo più completo manifesto artistico. Un disco che rivela per la prima volta i veri sentimenti del cantante nei confronti dell’amore e della vita. Basta maschere, basta amori di una notte (Fastlove), basta pose da teen idol e soprattutto basta schermaglie sulla sessualità. «È molto difficile essere fieri della propria sessualità quando non porta alcuna gioia, ma una volta associata all’amore, è facile essere orgogliosi di ciò che si è», racconterà ex post nel documentario di cui sopra.
Outside sarà poi un coup de théâtre da scomunica in mondovisione, geniale capovolgimento del paradigma del coming out che troverà il suo climax parodistico in Freeek!, rappresentazione sfidante e caricaturale dei più basici stereotipi gay. L’America più conservatrice non glielo perdonerà, riservandogli i posti bassi delle charts e lo sdegno dei commentatori parvenu. Gli stessi che scriveranno di lui «era apparso gonfio e ingrassato» poche ore dopo la notizia della morte.
Ci si augura che negli annali della musica accanto alla voce George Michael scrivano PIONIERE in caps lock. E sarebbe bello anche che i giovani alfieri del pop parlassero più spesso di lui in questi termini. Quanti grazie non detti da tutti quegli artisti queer a cui Michael ha spianato la strada della libertà d’espressione. Ciao Lil Nas X. Ciao Troye Sivan. Ciao Harry Styles. Nota di merito per Sam Smith che ha spesso ribadito quanto sia stato fondamentale per il suo background musicale avere George come padre artistico elettivo. Maestri, allievi, pagelle, ma che importa? Molte acquisizioni culturali in cui ci crogioliamo oggi le dobbiamo anche ad artisti come George Michael. E il mondo della musica sa.