“Compro villa a mamma con un pezzo POP / anche se l’ultimo anno ho fatto qualche flop”. Apro il pezzo come Ghali apre il remix di Vossi Bop, la hit di Stormzy che – come spesso accade – è stata “assegnata” a diversi artisti per far sì che avesse un boost in paesi che non fossero anglosassoni.
Le due barre d’apertura di questo nuovo “singolo” sono abbastanza emblematiche del percorso e della situazione di Ghali. Potrebbero essere anche lette in chiave ironica (parafrasando: “Pensa, mi accusi di aver fatto flop nell’ultimo anno, eppure ho finalmente comprato la villa alla mamma – quella che mi auguro di riuscire a comprare fin dai primi pezzi”), ma in ogni caso è lodevole il coraggio di usare un termine che — specie nel rap italiano del pubblico di gazze ladre – sembra quasi un tabù.
Effettivamente, guardando con occhio oggettivo e critico, i flop di Ghali sono un po’ più di “qualche”: alcuni vuoi per numeri (penso a Zingarello, per esempio) altri in termini di posizionamento (sicuramente è il pezzo che gli ha fatto comprare questa benedetta villa alla mamma, ma era davvero necessaria Cara Italia nella costruzione del personaggio Ghali?).
Un po’ per scelta, un po’ per convenienza, un po’ perché il pubblico ha deciso così, Ghali si è ritrovato in pochissimo tempo a diventare una rapstar (o anche popstar) politica. Il motivo, al di là di quelli apparenti di provenienza, era una frase, che colpì per immediatezza e efficacia “Tu mi batterai, il giorno che vedrai Salvini ai miei live”. Poi, quella “fotta” di satira sociale (?) è completamente scomparsa, iniziando a diventare qualunquismo dozzinale.
Ci sono episodi in cui il ragazzone di due metri parla liberamente, ma sono tutti unofficial, come questo freestyle, per esempio. In tutti i brani con i quali invece poteva imbattersi il pubblico di Fazio, che iniziò a invitare Ghali nel proprio salotto senza capire un cazzo di chi aveva davanti, i picchi massimi di espressione politica sono di una banalità sconcertante e che annullano ogni possibile evoluzione del dibattito.
Da quando Ghali è passato dall’essere inconsapevolmente politico a ospite di Fazio, il livello di critica sociale si è azzerato, passando per barre come “ma che politica è questa? Qual è la differenza tra sinistra e destra? Cambiano i ministri ma non la minestra” che più che una critica al governo sembra lo sdoganamento della terza via tanto auspicata da Anastasio.
E anche quando il sociale è entrato nelle sue canzoni, nonostante la parvenza di novità, suonava già vecchio e conservatore. In un momento storico in cui nel resto d’Europa gli ambienti più progressisti parlano di abolizione del carcere, una rivalutazione positiva del luogo di detenzione disumanizzante per eccellenza ci fa chiedere: davvero Ghali è un “simbolo” del progressismo? Davvero possiamo “usarlo” per le nostre battaglie?
Per lungo tempo ho pensato di no, che ci fossimo sbagliati su Ghali. Non che ci fosse qualcosa di sbagliato eh, alla fine un ragazzo di poco più di 20 anni (o poco meno di 30), può fare della sua musica e del suo pensiero quello che vuole. In un momento storico come questo, però, che un artista così pop fosse diretto “avversario” della retorica dell’odio, facendo conoscere una cultura così importante come quella che gli appartiene – come del resto aveva sempre fatto prima del disco – era davvero importante.
Eppure il Ghali post disco era tutto un miscuglio di hit radiofoniche, pezzi in levare, quasi reaggaton, rinunciando all’originalità in favore di artisti come Takagi & Ketra, che in valore assoluto non hanno nulla di sbagliato, ma di certo non possono essere loro forieri di novità, tra una Giusy Ferreri e una Loredana Berté.
Questa notte, poi, è arrivato il remix di Vossi Bop. Me ne avevano parlato nelle scorse settimane, eppure non ero molto curioso. Come molti dei miei coetanei – ma probabilmente non solo – avevo quasi perso interesse per Ghali. Avevo capito, senza alcun tipo di rancore o di disprezzo, che quella musica non fosse più “mia”, che non fosse più “per me”.
Ovviamente il pezzo originale e la base aiutano, e non poco, ma Ghali in questo brano innanzitutto rappa (sì, avete letto bene, rappa), ma poi si lancia in un ritorno a quella “satira” che mi è sembrata una boccata d’ossigeno, un qualcosa che mi ha quasi portato alla commozione.
È importante anche perché questo RMX è un pezzo leggero, quasi “freestyle”. Non è un pezzo conscious o meditato, in cui il messaggio politico è punto nevralgico. E nonostante ciò Ghali è riuscito a inserire un passaggio come “Alla partita del Milan ero in tribuna con gente / C’era un politico fascista che annusava l’ambiente / La squadra da aiutare a casa propria praticamente / Forse suo figlio è pure fan che mi guardava nel mentre”.
In quattro barre Ghali tocca tre punti “deboli” del suo avversario: lo schieramento politico che per pudore si continua a nascondere, la sua passione atavica per il Milan e la famiglia. Con una semplicità disarmante, schernisce chi si trova davanti, ridicolizzandolo e rendendolo inoffensivo, quasi come fosse un Molliccio di Harry Potter.
Questo Ghali è molto importante e, non so se posso parlare a nome di tutti, mi auguro che il futuro ci regali più Ghali così.