A intervalli regolari, J-Ax capisce che deve riproporsi come ribelle. È già accaduto in passato, e gli ha consentito di far passare ogni successiva, conveniente iniziativa nazionalpopolare come fosse una dimostrazione di ulteriore indifferenza alle convenzioni: impossibile rinfacciare a un tale sprezzante anarchico le canzoni-spot per i gelati della multinazionale Unilever, lo sdoganamento di suore canterine, i featuring con le popstar bisognose di un po’ della sua credibilità “da strada”. Chi lo segue da anni sa quanto all’ex Articolo 31 prema rivendicare di essere il ragazzo di strada uncool che ce l’ha fatta e ha fottuto l’establishment e i suoi comandamenti.
In questi giorni, per ribadire quanto dovremmo ammirare il suo geniale anticonformismo, ha pubblicato quello che definisce «un disco PunkRock. Il genere meno mainstream, meno cool e meno streammato del momento. Scritto, suonato e registrato durante questi mesi folli. È sporco, giovialmente arrabbiato, scorretto», ha spiegato su Instagram (ovviamente). Però attenzione: «Non potrete comprarlo o ascoltarlo in streaming. Ho deciso che manderò un link per ascoltarlo a persone speciali che stimo e amo. Loro potranno a loro volta girare quel link a chiunque riterranno opportuno. Magari arriverà anche a qualcuno di voi. Ha un senso commerciale questa operazione? No. Quanti mi hanno dato del pazzo per averci pensato? Ho perso il conto. Ma i sogni che seguono una logica sono operazioni di marketing camuffati da sogni. Questo è un regalo che ho voluto fare a me stesso e ai folli a cui piace la mia stessa m***a. Se riuscirai ad ascoltarlo significa che fai parte del club».
Precisiamo intanto che gli asterischi nella parola un po’ schifosa sono nostri, al solo scopo di irritare J-Ax che ha usato un’espressione cool del rap – lui che odia la gente cool. Sapete, quella che fa parte delle nicchie, dei club. Ma intanto prendiamo atto della sua poca stima per il popolo bue delle altre piattaforme, visto che l’unico modo per ascoltare Uncool and Proud è su Soundcloud. D’altronde lo diceva già anni fa in Rap’n’Roll: “Si fotta la maggioranza: a loro piace sempre il ritornello che fa tuturututuru”. Quei ritornelli che all’italiano medio (cit.) e alle masse di YouTube e Spotify, affamate di hit estive, si possono dare casomai quando si pubblicano Ostia Lido e Una voglia assurda, che conterranno anche qualche idea in più rispetto alla concorrenza, ma generano il sospetto che lui e l’establishment si siano fottuti reciprocamente ma pure ingravidati – e questo Uncool and Proud non sia che uno dei loro pargoli, che si bulla di essere fuori dal coro come Mario Giordano o Maria Giovanna Maglie, e trova qualcuno che ci crede pure.
Gli stratagemmi retorici ci sono tutti: uno è fare i nomi dei propri eroi: Mia Martini e Rino Gaetano, citati in Killing Cool People come emblemi dei Grandi Incompresi (e questo è un colpo alle élite ma anche alle masse che non li amavano e amano abbastanza, anche se ovviamente per colpa dei Poteri Forti). Un altro è l’immancabile pezzo sugli inganni del successo (Colpa di Vasco) che hanno portato l’eroe del popolo lontano dalla purezza alla quale però sa come tornare; un altro ancora è vantarsi ricordando che «mi dicevano che ero finito, che la gente mi aveva dimenticato, e grazie a voi i miei pezzi e album diventano di platino. L’odio degli altri è benzina per realizzare i nostri sogni. È sempre così. Vi dico questo perché oggi vi voglio annunciare un altro dei miei sogni, uno di quelli che hanno subito il trattamento ‘Non è roba per te’». In sintesi: il sognatore eroe della Gente vs i Poteri Forti (sempre loro). Però, forte forte è anche il sospetto che più che fuori dal coro, J-Ax abbia voluto chiamarsi fuori dai conteggi, dalle classifiche: nessuno potrà misurare se il suo disco avrà ottenuto consensi contenuti come è capitato al suo ultimo tormentone. No, nessuno potrà permettersi di ironizzare sul fatto che la Gente non l’ha premiato. Pari e patta, visto che lui non ha voluto premiare la Gente facendole ascoltare l’album. Riservandolo agli eletti del “club”.
Detto questo, se è arduo non avere remore nei confronti di un’operazione fatta in nome della propria coolness di ribelle (eh sì, Aleotti, poche balle) bisogna anche ammettere che Uncool and Proud è a tratti irresistibile. Come già si è visto in passato, quando J-Ax dà spazio alla sua passione (sincera) per punk e metal, è letteralmente trascinante. Si può discutere su quanto i testi oscillino violentemente tra retorica finto-popolare e autenticità tamarra, però è un fatto che, sulle ali del casino ineccepibile creato da Mark The Hammer (uno che sarebbe forse piaciuto a Frank Zappa), Ax riesce a intrattenere mentre sclera divertito contro i radical-chic ma anche gli illusi della meritocrazia, il ’68 ma anche gli anni ’80, i boomer ma anche le “giovani teste di cazzo”, il governo attuale ma anche i fas**sti e Sal***i (anche in questo caso, gli asterischi nelle parole un po’ schifose sono nostri, per coerenza).
Alla fine purtroppo la scorrettezza di cui si compiace è divertente, ma tra rutti, sputi e minacce si ride più spesso per la pesantezza sfrontata che non per la sottigliezza, come se stessimo ascoltando una versione rap-punk del Milanese Imbruttito – il Garbagnatese Incarognito. Per fare un esempio, nella raffica di sfoghi ad alzo zero, spicca un racconto in cui Ax sa essere esilarante persino con un argomento da ascensore come i lavori domestici che lo hanno fatto stare tutto dicembre senza l’acqua calda, e poi tutta l’estate senza il condizionatore. Ma è interessante che nel titolo (Vi meritate la crisi) e nei toni, Ax ricordi una Santanché indignata ma in generale dice esattamente quello che ripetono in continuazione quei boomer che dice di voler sterminare (Boomer Genocide). Perché in fondo, lui, dei boomer che non vogliono diventare grandi è l’eroe trionfante, quello che s’incazza con l’idraulico e l’elettricista e l’imbianchino, “perché a farmi i lavori trovo sempre gente di m***a?”, e vagheggia di saldare i conti sparando (di nuovo); quello che negli spogliatoi della palestra o del calcetto esulta per essersi liberato dell’ex e delle Rotture di cazzo (anche se nel suo caso l’ex che si è tenuto la casa, tecnicamente, è Fedez), poi irride i più giovani: “Non mi sono fatto l’eroina ma mi sono fatto tua madre” (Nei cessi dell’Aquafan). Quello laureato all’Università della Vita che medita, da vecchio, di sparare (anche) ai rapinatori, “tanto in prigione se sei vecchio non ti inculano più” – ed è vero che fa ridere, ma è altrettanto vero che prima o poi lo vedremo succedere.
Forse, semplicemente, l’età inizia a pesargli davvero e gli conviene giocare d’anticipo e proiettare un’immagine di vecchiaccio irriducibile, di Old punk ancora in grado di tagliare (con il vetro rotto di una Beck’s) i tre pischelli che lo vogliono fare fesso, per poi vantarsi con gli altri maschi perché ha una compagna altrettanto ribelle – nel pezzo conclusivo, così come anni fa cantava La mia ragazza mena, oggi insiste: “La tua tipa quando scopa pensa a Coez, la mia a Iggy Pop”, il tutto sulla melodia di I Don’t Wanna Grow Up (Tom Waits/Ramones) – e non è affatto strano che ami questo pezzo.
A questo punto la domanda è: lo perdoneremo anche stavolta, semplicemente per il fatto che quando ha un microfono in mano sa intrattenere come pochi? Spiace ammetterlo, ma è probabile di sì. In fondo, da quando i retorici professionisti hanno imparato l’arte del LOL, ci siamo ritrovati a perdonare più facilmente le furberie dei giocolieri dell’anticonformismo. E pochi tra loro sono divertenti e abili come J-Ax.