«Se mi sono presentato è stato perché mi sento in un momento della carriera in cui non ho niente da dimostrare e posso quindi concedermi di fare qualcosa di nuovo per stupire innanzitutto me stesso e per trovare un diversivo alla noia di questa vita orrenda». Sono iperboli divertite quelle di Flavio Bruno Pardini, per tutti Gazzelle, a pochi giorni dalla sua prima partecipazione al Festival di Sanremo. Dove, repetita iuvant, è uno dei più attesi: non tanto dal pubblico generalista, che si divide tra chi si sta chiedendo chi sia (nonostante ormai il suo successo sia trasversale e abbia al suo attivo 54 canzoni di cui almeno sei o sette hit nazional popolari) e chi ha preso atto della sua partecipazione per poi concentrarsi su nomi più istituzionali, quanto dal pubblico più giovane e che ha vissuto in prima persona gli anni del fermento del cosiddetto indie italiano.
Non è una novità, negli ultimi anni, che al Festival ci sia un artista che si faccia carico di rappresentare quella scena: quest’anno tocca a lui, e per il tipo di pubblico che ha raccolto attorno a sé in questi anni ci saranno probabilmente migliaia di persone che guarderanno le sue esibizioni con l’orgoglio di chi può giurare ad amici e parenti di esserci stato quando ai suoi concerti c’erano le mitologiche e proverbiali dieci persone. Una consapevolezza che Gazzelle affronta serenamente.
«Una decina di anni fa come spesso accade si era formata una scena, tra l’altro molto romana, e alcuni di noi hanno raggiunto dei traguardi importanti anche in ambienti più mainstream e internazionali. Ma non siamo noi ad essere cambiati, o almeno non io: se ascoltate la mia discografia per intero vi accorgerete che non ci sono stati particolari cambi di direzione verso un mondo più commerciale. Semplicemente è passato del tempo, e sempre più persone si sono accorte di noi. Del resto è quello che vorrei fare: diventare sempre più popolare senza mai snaturare la mia musica e il mio approccio. Un po’ come ha fatto Vasco Rossi, che per me in questo è un esempio: non è mai stato un cantante mainstream o commerciale, ma allo stesso tempo è riuscito a diventare il cantante più popolare in Italia. Più che essere il primo nelle radio mi piacerebbe essere il primo nella vita di qualcuno che magari tra vent’anni farà ascoltare la mia musica ai suoi figli, come mia madre faceva con me con Battisti o De Gregori».
O Venditti, verrebbe da aggiungere, perché nella serata dei duetti e delle cover Gazzelle presenterà, insieme a Fulminacci («Innanzitutto un mio amico, cosa fondamentale perché il contesto Sanremo è molto formale e per come sono fatto io mi sarei sentito a disagio a presentarmi con uno sconosciuto e mettermi a cantare con lui; poi un artista che stimo e che, anche se di qualche anno più giovane, fa parte del mio stesso mondo») una sua versione di Notte prima degli esami: «Quando l’ho provata la prima volta non avevo sotto mano il testo e mi sono accorto che la sapevo a memoria dall’inizio alla fine. Mi ha fatto rendere conto della grandezza di questa canzone. È come Tanti auguri a te o l’inno di Mameli: la sai anche se non lo sai. È un inno che accomuna tutti, da mia zia di 76 anni al ragazzo di 18 che deve fare la maturità. Poi volevo portare un po’ di Roma, visto che nel cast di Sanremo c’eravamo solo io, la Mannoia e Il Tre. Speriamo di cantarla bene».
Un po’ di Roma, nella fattispecie quella Roma Nord più concetto che quartiere, compare anche nel brano in gara Tutto qui: «Roma Nord è il posto in cui sono cresciuto e dove vivo tutt’ora, ma è anche la rappresentazione di un’idea di vita, il corrispettivo del sogno americano tutto villette e staccionate che dalle nostre parti è più attico, box e golden retriever. Io vengo da una famiglia che non è esattamente borghese, e nel frattempo ho raggiunto alcune di queste cose: non ho un golden retriever, ma ho un bulldog francese, che perlomeno russa, per il resto mi sento parte di quel mondo un po’ noioso e prevedibile, che per certi versi ho ricercato per compensazione anche se non mi piace, perché la mia indole è più sregolata e mi porta altrove. Quando nel brano dico di voler scappare da questa cosa intendo una fuga dalla ripetizione dei giorni che si susseguono identici l’uno all’altro. Se qualcuno non capirà questo riferimento poco male: “Roma Nord” suona comunque bene».
Gazzelle sarà uno degli inaspettatamente pochi cantanti a presentarsi con una ballad: «Ovviamente non potevo sapere cosa avrebbero portato gli altri, io ho semplicemente presentato due canzoni, una più spinta e una più classica. È stata scelta la seconda e sono contento così perché mi piace molto. Se mi dite che le ballad sono poche tanto meglio: vorrà dire che si noterà di più il mio brano. Inoltre sono contento di come sta venendo con l’orchestra: se di per sé sapevo che il pezzo si sarebbe prestato a un’orchestrazione, non avevo mai provato a suonare con un’orchestra e sono rimasto impressionato. La prima cosa che ho pensato è che vorrei fare un tour con l’orchestra; la seconda è che vorrei proprio un’orchestra dentro casa e che mi accompagni a fare le commissioni». E ancora: «Io uso lo stesso approccio alla scrittura da sempre: suono qualcosa e ci canto sopra, e piuttosto che correggere quello che mi è uscito di getto butto tutta la canzone. Anche in questo caso è andata così».
A quel punto sta per intonare a titolo esemplificativo l’attacco del brano, si ricorda del regolamento del Festival e si interrompe. Toccherà aspettare la prima.