James Hetfield lo definisce «la tempesta perfetta». Poi con uno dei suoi inquietanti sorrisi aggiunge: «ed è bello che si sia scatenata di nuovo nella nostra città». Venti anni dopo S&M (Symphony & Metallica), l’esperimento di interazione tra classica e metal immaginato dal compositore-rockstar Michael Kamen portato in scena insieme ai Metallica al Berkeley Community Theater e premiato con un Grammy Award nel 2001 (per il brano strumentale The Call of Ktulu), i Metallica sono tornati a misurarsi davanti al proprio pubblico con l’orchestra San Francisco Symphony in due concerti al Chase Center diretti da Edwin Outwater e Michael Tilson Thomas (alla sua ultima stagione come direttore musicale), realizzando il film concerto S&M 2, al cinema solo il 18 ottobre.
Le prime idee sull’interazione tra la struttura dell’heavy metal e quella classica erano del primo bassista dei Metallica, Cliff Burton, motore ritmico e sperimentatore della band, capace già a metà degli anni ’80 di infilare il suo amore per Johann Sebastian Bach nelle parti strumentali e nelle soluzioni melodiche degli album Ride the Lightning e Master of Puppets. Quando i Metallica sono diventati giganteschi c’è stato l’incontro con Michael Kamen allo show dei Grammy Award del 1992, la collaborazione nella versione acustica di Nothing Else Matters (uscita come B-side di Sad But True nel 1993) e quella proposta: «Perché non suonate con un’orchestra intera?».
I Metallica ci hanno messo sette anni per rispondere, ma quando lo hanno fatto erano prontissimi.
Quello tra metal e classica del resto è un processo di attrazione fortissimo, praticamente inevitabile per una band con le capacità tecniche e la visione dei Metallica. «Siamo abbastanza abituati a fare canzoni epiche», dice con il solito ghigno James Hetfield in S&M 2. La radice della musica dei Metallica (e dell’heavy metal in genere) è la sublimazione della rabbia, la ricerca della trascendenza, il bisogno di racchiudere il caos all’interno di una struttura sempre più complessa e maestosa, cercando un equilibrio emotivo attraverso il volume. La musica classica invece, come spiega Michael Tilson Thomas «è la creazione di un’oasi spirituale in cui tutte le energie convergono nello stesso punto». Quando in S&M 2 parte l’attacco di For Whom the Bell Tolls, si capisce che i due linguaggi sono complementari. È una creatività che si esprime al massimo solo quando è sull’orlo della distruzione, e i Metallica sono capaci raggiungere il limite.
Quando James Hetfield presenta al pubblico la San Francisco Symphony dice: «Grazie per aver corso il rischio di suonare con noi». In realtà basta guardare i sorrisi sui volti dei 76 membri dell’orchestra mentre si lanciano con il violino, l’arpa o il corno francese dentro una cavalcata come Moth into Flame per capire che in questo progetto nessuno ha la minima paura. L’orchestra si infila nel vortice di volume ed elettricità senza scomporsi, i Metallica non hanno timore di mettere il furore dei loro riff e assoli a confronto con le architetture perfette della classica.
Si è sempre detto che i musicisti metal, e prima di loro i virtuosi dell’hard rock, hanno capacità tecniche da musicisti classici, ma gli unici che hanno avuto davvero il coraggio di provare a suonare con un’orchestra sinfonica sono stati i Deep Purple nel 1969 con il Concerto for Group and Orchestra composto da Jon Lord e i Metalica con S&M nel 1999 (senza contare il visionario esperimento prog rock Journey to the Centre of the Earth di Rick Wakeman con la London Symhony Orchestra, numero uno in Inghilterra nel 1974) . Quando è uscito, S&M è stato una rivelazione: epico, sorprendente, cinematografico. In questo secondo capitolo non c’è più Michael Kamen, scomparso nel 2003, e come spiega Lars Ulrich: «Abbiamo ampliato i nostri orizzonti rispetto a 20 anni fa. È stato un processo molto più collaborativo».
Lo scambio di influenze crea alcuni dei momenti più intensi: l’omaggio a Cliff Burton del primo basso dell’orchestra Scott Pingel (che ha iniziato a suonare il basso a 15 anni perché era un fan dei Metallica) che reinterpreta l’assolo di (Aenesthesia)-Pulling Teeth, una versione pazzesca del tema di Iron Foundry, opera del 1926 del compositore futurista russo Alexander Mosolov, e un momento lirico in cui un James Hetfield gigantesco ma sull’orlo del precipizio (pochi giorni dopo i due concerti del 6 e 8 settembre è entrato in rehab) canta da solo Unforgiven III, accompagnato dall’orchestra che riproduce alla perfezione tutto il brano, compreso l’assolo di Kirk Hammett.
La versione di Nothing Else Matters con gli archi arrangiati da Kamen sul Black Album diventa una sinfonia ancora più complessa e intricata, guidata alla grande da Kirk Hammett: «Quando registri in studio pensi di aver portato una canzone al suo massimo livello espressivo. Diventa grandissima, la migliore versione possibile», ha spiegato Hammett «Poi aggiungi l’orchestra e scopri che c’è ancora spazio, e possono succedere moltissime cose. È un’esperienza incredibile».
La differenza principale la fa il pubblico: 19.000 persone che circondano il palco al centro dell’enorme Chase Center di San Francisco, un anello di rumore ed energia che si riversa sull’orchestra e sulla band. «È come un fuoco che brucia con tanti livelli diversi di calore», dice James Hetfield.
I Metallica sono abituati, l’orchestra no: «Abbiamo dovuto imparare come farci largo nel muro di suoni prodotto dalla voce di migliaia di persone che gridano insieme» ha detto Michael Tilson Thomas, «e il risultato ci è piaciuto moltissimo».
Le immagini spettacolari di S&M 2 non sono solo un monumento alla grandezza dei Metallica, che come dice Tilson Thomas: «Sono una band che non solo ha le capacità di suonare tutto, ma ha anche lo spirito e il coraggio di farlo». Sono anche un omaggio alla potenza della musica vissuta come esperienza collettiva. Più è travolgente, epica e maestosa, spiega Lars Ulrich, più è catartica: «In una band come in un’orchestra tutti dipendono dagli altri. Ogni musicista suona per creare qualcosa di più grande di se stesso».