Nel lontano 1999, Eminem pubblicava nel suo album di debutto un brano dal titolo ’97 Bonnie & Clyde, in cui raccontava di uccidere sua moglie (la sua vera moglie, Kim Mathers, non un personaggio di fantasia) e di gettarla in fondo a un lago sotto gli occhi della allora figlia duenne della coppia, Hailie. Ciò non gli impedì di essere invitato con tutti gli onori come superospite a Sanremo, nel 2001. Nell’ancora più lontano 1995, Marco Masini pubblicava uno dei suoi singoli di maggior successo, Bella stronza, in cui cantava testuali parole: “Mi verrebbe da strapparti quei vestiti da puttana / e tenerti a gambe aperte finché viene domattina / ma di questo nostro amore così tenero e pulito / non mi resterebbe altro che un lunghissimo minuto di violenza”. Anche in questo caso, nessuno si pose mai il problema se fosse opportuno farlo partecipare a Sanremo, tant’è che da allora fu in gara altre cinque volte, e la sesta sarà quest’anno, con il brano Il confronto.
Nel 2013 Myss Keta – la co-conduttrice dell’Altro Festival, il dopofestival che sarà in onda su Rai Play – pubblicava il singolo Milano sushi e coca, dove la coca del titolo, il cui uso è ampiamente promosso nel testo, non si riferisce certo alla popolare bibita gassata. Anche in questo caso, però, non sembra che ci sia alcun impedimento alla sua presenza alla kermesse. Perché, dunque, tanto clamore attorno alla partecipazione di Junior Cally, un rapper che a quanto pare sarebbe indegno di calcare il palco dell’Ariston in quanto contrario ai valori del contratto di servizio della RAI, perché in passato avrebbe svilito la figura della donna e inneggiato alla violenza?
Il problema di fondo nasce come al solito da una scarsa comprensione del rap, e della musica in generale. Ci sogneremmo mai di boicottare la partecipazione agli Oscar di Anthony Hopkins perché ha magistralmente interpretato il ruolo di un serial killer cannibale ne Il silenzio degli innocenti? Certamente no. Con una canzone, e in particolare con il rap, è un po’ la stessa cosa: spesso e volentieri si tratta di puro e semplice storytelling, di essere così bravi nel calarsi nei panni del maniaco omicida, del maschio frustrato o della regina delle notti edoniste milanesi, da non riuscire più a distinguere il personaggio dalla persona. Ma è una distinzione che resta fondamentale, se non vogliamo trasformarci tutti in analfabeti funzionali. E se non ci riescono i vertici del nostro Paese, che firmano lettere aperte per escluderlo dalla gara e rilasciano dichiarazioni di condanna senza appello, come pubblico abbiamo il dovere di provarci noi. Soprattutto perché il testo che il rapper porterà in gara, No grazie, pare sia uno dei più politici dell’intera competizione, e non risparmia colpi contro ambo gli schieramenti: sarebbe quindi interessante capire che tipo di reazioni genererà – o forse ha già generato? – in quel contesto.
Junior Cally è un rapper classe 1991, cresciuto a Focene, sul litorale romano, in una famiglia con mezzi limitati. Ha cominciato a rappare da ragazzino, con lo pseudonimo di Socio, per poi inventarsi il personaggio di Junior Cally (si legge “Kelly” ed è un omaggio alla cantante Kelly Rowland delle Destiny’s Child, che da piccolo gli piaceva molto). Fino a due anni fa nessuno conosceva la sua identità, perché cantava nascosto dietro a una maschera antigas, un modo di distaccarsi dalla dittatura dell’immagine ed essere più sincero nei brani. Nel 2019 la scelta di abbandonarla e “metterci la faccia”, anche in segno di protesta al dilagare di profili fake e personaggi fittizi online e sui media. La canzone che lo ha messo al centro della polemica sanremese è Strega, un brano del 2017 che peraltro non parla di femminicidio, come alcuni vorrebbero far credere, ma è una metafora che serve a spiegare che con le sue rime è in grado di sterminare (a livello figurato: di questi tempi meglio specificarlo) la concorrenza degli altri rapper. Si può sicuramente tacciare di machismo, ma solo fino a un certo punto, tant’è che la strega del titolo è incarnata proprio da lui, che dall’alto dei palazzi urla alla luna la sua libertà; difficile che un vero sciovinista si identifichi proprio con le protagoniste dello slogan femminista più famoso della storia italiana, “Tremate, tremate, le streghe son tornate”. A destare scandalo è stato soprattutto il video associato al brano, ma anche in questo caso sono stati estrapolati gli unici 15 secondi in cui effettivamente appare una ragazza legata e incappucciata, che ora vengono trasmessi a ciclo continuo da telegiornali e programmi pomeridiani.
In realtà, chi conosce la discografia di Junior Cally sa benissimo che, al di là del linguaggio esplicito che è proprio del rap di ogni Paese e generazione, non ci sono testi davvero sessisti o violenti nella sua produzione; o meglio, non più della media di ciò che vedete tutti i giorni in film e serie tv. Certo, non è un santo: nei suoi 28 anni di vita di vita ha fatto degli sbagli. Come ammette lui stesso in Dedica, essendo cresciuto in un povertà e avendo avuto fame di soldi facili, nel 2014 è stato arrestato, ha avuto dei problemi con l’alcol e ha dei trascorsi per piccoli furti. Certo, non tutto quello che ha detto era opportuno, azzeccato o centrato. Ma da qui a trasformarlo nel capro espiatorio del Sanremo in cui la donna viene scelta per la sua bellezza e la sua capacità di stare “un passo indietro” rispetto al suo grande uomo, ce ne passa.