Magari non sapete come si chiama, ma di sicuro sapete che faccia ha: luminosa, raggiante, incorniciata dai capelli castani. A pochi metri da un pullmino Volkswagen blu, arranca nella neve fangosa del Greenwich Village col suo cappotto verde comprato durante un viaggio di otto mesi in Italia e i suoi stivali di pelle nera. Arranca e s’aggrappa al braccio di Bob Dylan, che affonda le mani nelle tasche dei jeans per scaldarsele. Il folksinger indossa un giubbotto di camoscio marrone decisamente troppo leggero per il clima invernale rigido e quindi avanza ingobbito, una posa spontanea che, un giorno, diventerà un trend di TikTok battezzato Bob Dylan Core. Ma è il febbraio del 1963 e gli smartphone non esistono.
Questa foto di Bob Dylan e della sua fidanzata d’allora Suze Rotolo è stata scattata da Don Hunstein ed è diventata famosa quand’è diventata la copertina di The Freewheelin’ Bob Dylan del 1963. L’immagine incarnava la magia bohémien del Greenwich Village dei primi anni ’60, all’alba della controcultura, e immortalava un artista in procinto di diventare un fenomeno globale. Ma anche quell’attimo, come spesso accade per i momenti chiave della cultura pop, è visto dai fan in maniera molto più romantica di chi l’ha vissuto. «Il nostro appartamento era sempre freddo, quindi indossavo un maglione e, in più, ne avevo preso in prestito uno dei suoi, grandi e spessi», diceva Rotolo nel 2008. «E sopra ho messo il cappotto. Mi sentivo una salsiccia. Ogni volta che guardo quella foto, penso che sembro grassa».
Quand’è stata scattata quella fotografia, la relazione tra Dylan e Rotolo si stava già sgretolando – i due si sono separati nel 1964 – ma la loro storia (e i tanti classici di Dylan che ha ispirato) hanno segnato Suze per il resto della vita. L’artista italoamericana è sempre stata riservatissima a proposito del periodo trascorso con Dylan, fino a quando, nel 2008, non ha pubblicato un’autobiografia fantastica intitolata A Freewheelin’ Time: A Memoir of Greenwich Village in the Sixties. Dopo soli tre anni è morta per un cancro ai polmoni: aveva 67 anni.
La copertina di Freewheelin’ è stata imitata più volte, da Vanilla Sky di Cameron Crowe a Io non sono qui (I’m Not There), il film di Todd Haynes del 2007 su Dylan. La sua estetica ha influenzato anche lo stile del film dei fratelli Coen del 2013, A proposito di Davis: «È stata un po’ il nostro punto di riferimento per i colori e tutto il resto», ha detto Ethan Coen.
Il film biografico su Dylan A Complete Unknown di James Mangold che uscirà in Italia il 23 gennaio, con Timothée Chalamet nei panni dell’artista, è incentrato sui suoi primi anni nella scena folk del Village, con Elle Fanning a interpretare Rotolo (ribattezzata Sylvie Russo). Ma, a parte quel giorno d’inverno, Don’t Think Twice, It’s All Right e Boots of Spanish Leather, chi era questa donna? Ecco tutto quello che c’è da sapere su di lei.
Dylan ha chiesto che Rotolo apparisse nel film con un nome di fantasia
Elle Fanning ha spiegato che Bob Dylan non ha voluto che venisse usato il nome di Suze Rotolo perché era «molto riservata e non aveva chiesto lei di fare questa vita. Ovviamente era una persona che Dylan considerava speciale e cara». Così, al posto suo, incontriamo l’artista Sylvie Russo, impegnata in politica. Il film si prende qualche libertà (la sua trasferta al Newport Folk Festival del 1965 farà alzare qualche sopracciglio ai dylanologi), ma Russo è Rotolo in tutto e per tutto, lavora per il Congress of Racial Equality (CORE) e indossa dolcevita nere a maniche corte.
Nata in pieno maccartismo, Rotolo era figlia di due immigrati italiani comunisti chiamati Giachino e Mary. I genitori si sono trasferiti dal Village a Sunnyside, Queens, verso il 1940, poco prima della nascita di Suze e della sorella maggiore Carla. Il siciliano Giachino (che si faceva chiamare Pete, per via del secondo nome Pietro) è morto d’infarto nel 1958. La madre, giornalista del quotidiano comunista italiano l’Unità, aveva deciso di tornare in Italia con Suze nel 1961, ma il piano è andato a monte dopo che entrambe sono rimaste ferite in un incidente d’auto.
Rotolo si è poi trasferita nel Village, campando di lavori saltuari (a un certo ha anche fabbricato parti di marionette) e facendo la house sitter di un appartamento in Waverly Place. «Sono nata in un quartiere di New York, per me il concetto di venire in città per trovare (o perdere) se stessi non valeva», scrive nel suo libro. «Ma era al Greenwich Village che andavano quelli come me che sentivano di non appartenere al luogo da cui provenivano. Ero attratta dal Village con la sua storia bohémienne, dove gli scrittori che leggevo e gli artisti a cui mi ispiravo avevano vissuto o erano passati. I loro spiriti mi hanno guidata indicato la strada».
Ha fatto avvicinare Dylan alla lotta per i diritti civili
Rotolo ha incontrato Dylan a un happening folk alla Riverside Church, nel luglio del 1961. Lui aveva 20 anni e lei appena 17 (vi suona familiare? “I once loved a woman, a child, I’m told”). Dylan si è esibito e Rotolo ricorda di aver flirtato e parlato con lui nel backstage per la buona parte della giornata. «Era un tipo divertente, coinvolgente, intenso e insistente», ricordava. «Queste parole descrivono benissimo come era durante tutto il tempo in cui siamo stati insieme; solo, a seconda dell’umore o delle circostanze, cambiava l’ordine degli aggettivi. Per quanto io fossi inesperta in amore, sentivo una forte attrazione per quel tipo. Era come se ci conoscessimo già; avevamo solo bisogno di tempo per approfondire. E lo abbiamo fatto nei quattro anni successivi».
Nell’autobiografia Chronicles Volume One del 2004 anche Dylan riflette su quel momento magico: “Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Era la cosa più erotica che avessi mai visto. Aveva la pelle chiara e i capelli d’oro, era italiana purosangue”. E ancora: “Incontrarla è stato come essere nei racconti delle Mille e una notte. Aveva un sorriso che poteva illuminare una strada piena di gente ed era vivacissima, aveva una voluttà unica, come una scultura di Rodin che prendeva vita”.
Andavano al Museum of Modern Art e discutevano di Arthur Rimbaud e Bertolt Brecht. Rotolo ha dato il via al periodo politico di Dylan, portandolo alle riunioni del CORE e parlandogli del linciaggio del 1955 del quattordicenne Emmett Till, che gli ha poi ispirato The Death of Emmett Till. «Quante notti sono rimasto sveglio a scrivere canzoni per poi farle sentire a Suze chiedendo: “Va bene?”», ha confidato lui, più avanti, al suo biografo Robert Shelton. «Sapevo che sua madre era legata ai sindacati e lei si dedicava ai temi dell’uguaglianza e della libertà da molto prima di me. Le facevo controllare le canzoni. Le piacevano tutte».
Nel libro del 2011 di David Hajdu Positively 4th Street: The Lives and Times of Joan Baez, Bob Dylan, Mimi Baez Fariña, and Richard Fariña, Rotolo ricorda: «Più di tutto, gli ho mostrato un altro modo di vivere: cose di sinistra che lui non conosceva. Sapeva di Woody Guthrie e Pete Seeger, ma io lavoravo per il CORE e partecipavo alle marce giovanili per i diritti civili: era tutta roba nuova per lui».
Il viaggio di otto mesi di Suze in Italia ha messo a dura prova il loro rapporto
Il 9 giugno 1962 Rotolo è partita per Perugia. Un viaggio di tre mesi è diventato di otto, durante i quali Rotolo ha studiato all’Accademia di Belle Arti della città umbra. «Non voleva che partissi, ma allo stesso tempo non voleva pressarmi», ha detto Rotolo. «Alla fine, credo di esserci andata per molte ragioni. Una è che non riuscivo più a sopportare le discussioni che avvenivano nella mia testa: “Devo o non devo?”. Mi è parsa una buona cosa da fare, una vera opportunità. E poi il Village, per molti versi, stava diventando opprimente. Molto, laggiù, ruotava intorno alla scena della musica folk, ma io non ero una musicista e non potevo a continuare a concentrarmi sul folk come invece facevano i musicisti. Così mi è sembrato anche un bel modo per distaccarmene».
In quel periodo Dylan ha scritto vari classici tra cui Don’t Think Twice, It’s All Right, One Too Many Mornings e Boots of Spanish Leather (no, Rotolo non gli ha davvero portato degli stivali spagnoli). Distrutto per la sua assenza, le spediva lettere accorate. «Qui non succede granché» scriveva. «Bob Shelton aspetta Jean, i cani aspettano di uscire, i ladri aspettano una vecchietta, i bambini aspettano la scuola, il poliziotto aspetta di picchiare qualcuno, quei barboni schifosi aspettano dei soldi, Grove Street aspetta Bedford Street, la sporcizia aspetta di essere pulita, tutti aspettano che il clima si rinfreschi e io aspetto solo te».
La loro storia è continuata quando Rotolo è tornata, ma il periodo di lontananza, unito alla carriera in ascesa di Dylan, l’ha minata. «Era famoso, intorno a lui succedevano un sacco di cose e c’era molta pressione. Sentivo di non avere più un posto mio nel mondo della sua musica e della sua notorietà, mi sentivo sempre più insicura, come se fossi solo una corda della sua chitarra, solo una ragazza fra le tante. Stavo perdendo fiducia in chi ero e non mi sentivo più come in Italia, dove ero me stessa, potevo andare avanti con la mia vita e non ridurmi a un oggetto che stava accanto a Dylan».
Nell’agosto del 1963, Rotolo ha lasciato l’appartamento sulla Quarta Strada Ovest che condivideva con Dylan e si è trasferita sulla Avenue B dalla sorella Carla. Poco tempo dopo è rimasta incinta. «La decisione di abortire non è stata semplice, ma alla fine ce l’abbiamo fatta», scrive Rotolo. «Tramite degli amici, abbiamo trovato un buon dottore proprio a New York. Tutto è filato liscio: l’unica complicazione è stata il mio malessere psicologico. Mi sono chiusa in me stessa e ho lasciato che la gente pensasse che mi sentivo debole per via dell’intervento. Invece ero depressa e volevo solo dormire per dimenticare tutto».
Ha ispirato la canzone più cattiva di Dylan
La madre di Rotolo e la sorella Carla non erano fan di Dylan, per usare un eufemismo. «Bob e Carla discutevano e litigavano, dicendosene di tutti i colori», ricorda Rotolo. «Lei era molto critica. Lui aveva delle verità da raccontare. Anche quando lui non c’era, lei lo attaccava. Ero nauseata». Le loro divergenze sono giunte al culmine quando Dylan ha pubblicato Ballad in Plain D, in Another Side of Bob Dylan del 1964. “Delle due sorelle, amavo la più giovane”, canta, prima di descrivere Carla come un’arrampicatrice sociale: “Per la sorella parassita non avevo alcun rispetto / Costretta dalla noia a proteggere il suo orgoglio / Scimmiottava innumerevoli idee di altri / Come stampelle per il suo mondo e i suoi giri”.
«Ho capito cosa stava facendo», ha poi detto Rotolo a Victoria Balfour, autrice nel 1987 di Rock Wives: The Hard Lives and Good Times of the Wives, Girlfriends, and Groupies of Rock and Roll. «Era la fine di qualcosa ed entrambi eravamo feriti e scossi. La sua arte era il suo sfogo, il suo esorcismo. Era qualcosa che lo faceva stare bene». Tuttavia Dylan ha espresso pentimento per quel brano, dicendo a Bill Flanagan nel 1985: «Mi guardo indietro e dico: “Sono stato un cretino a scrivere quelle cose”. Di tutte le canzoni che ho scritto, quella forse avrei potuto lasciarla perdere… allora il mio pubblico era molto ristretto. Mi è passata per la testa e l’ho scritta… ma devo tenere presente che posso fare di meglio. Non aiuta nessuno sapere che ero triste: è solo un’altra storia che parla di sfortuna».
A Dylan non piaceva il marito di Rotolo
Suze ha sposato il montatore cinematografico italiano Enzo Bartoccioli che aveva conosciuto durante il soggiorno a Perugia nel 1962. Quando Dylan le ha domandato se Bartoccioli fosse il suo fidanzato mentre era in Italia, ha risposto semplicemente: «Lo conoscevo. È stato allora che l’ho incontrato per la prima volta». Di certo a Dylan non piaceva Bartoccioli. Nelle note di copertina di Another Side of Bob Dylan, intitolate “Some Other Kinds Of Songs… Poems by Bob Dylan”, ha inserito alcuni pensieri su di lui: “Odiavo Enzo, lo odiavo così tanto che avrei potuto ucciderlo, era viscido e spietato e, dopo quello che è successo, ero sicuro che la mia amata l’aveva incontrato in una terra lontana ed era rimasta laggiù più tempo per lui. Schiattavo per la frustrazione, sapendo che lui la rendeva davvero felice. Non l’ho mai conosciuto, ma a volte lo vedevo e avrei persino potuto sparare a quel falso traditore, a quell’idiota romantico. Conosco gli uomini perché io sono uno di loro. Il dolore mi confondeva dandomi il mal di mare e avrei voluto calpestarlo, massacrarlo, ucciderlo, avrei talmente voluto essere come lui che faceva male. Odiavo Enzo”.
Rotolo e Bartoccioli hanno avuto un figlio di nome Luca, che è diventato un musicista. Lei ha trascorso il resto della vita immersa nell’arte, insegnando, dipingendo e creando illustrazioni. In un’intervista al New York Times, dichiarava di essere anche una book artist, per cui reimmaginava i libri «come oggetti d’arte» e combinava «disegno, pittura, collage e oggetti vari».
Nel 1975 Dylan rimuginava ancora sulla loro storia (forse)
Dylan giura che Blood on The Tracks, uno dei suoi dischi più belli, non era autobiografico. «Di You’re a Big Girl Now ho letto che parla di mia moglie», ha detto a Cameron Crowe nel 1985. «Vorrei che qualcuno mi interpellasse prima di scrivere roba del genere. Invece non potrebbe parlare di qualcun altro? A volte questi che interpretano il significato dei testi sono degli stronzi stupidi e disonesti… io non scrivo canzoni personali».
Per decenni i fan hanno ipotizzato il contrario. La natura personale di quelle canzoni strazianti è innegabile, soprattutto alla luce del divorzio da Sara Lownds. Ma il pezzo forte del disco, Simple Twist of Fate, sembra fotografare il rapporto con Rotolo e il dolore che Dylan ha provato quando lei è partita per l’Europa per otto mesi, lasciandolo a New York. “Lui sente il ticchettio degli orologi / E cammina con un pappagallo parlante / La cerca giù al molo dove arrivano i marinai / Forse lei lo sceglierà di nuovo, quanto deve aspettare / Ancora una volta per un semplice scherzo del destino”.
Il titolo originale della canzone riportato nel suo quaderno dei testi è West 4th Street Affair, con un riferimento evidente all’appartamento che i due condividevano nel West Village. E negli ultimi anni, durante i live, Dylan ha aggiunto dei versi nuovi che rendono ancora più chiaro il legame con Rotolo: “Si è svegliato e lei se n’era andata / Non ha visto altro che l’alba / È uscito dal letto e si è rimesso le scarpe / Poi ha spostato le tende / Ha trovato un biglietto che lei aveva lasciato e che diceva / Avresti dovuto incontrarmi nel ’58 / Avremmo potuto evitare questo semplice scherzetto del destino”. È un’ammissione straziante del fatto che, se Suze fosse entrata nella sua vita quando lui era ancora Bobby Zimmerman, la loro relazione avrebbe potuto avere un destino molto diverso.
Non ha parlato di Dylan per 40 anni
L’autobiografia di Rotolo A Freewheelin’ Time ha segnato la prima volta in cui la donna ha parlato pubblicamente della relazione con Dylan, dopo averne rispettato la privacy per decenni. In un’intervista rilasciata al New York Times, ha spiegato che l’autobiografia di Dylan e il film No Direction Home, diretto da Martin Scorsese nel 2005, le hanno fatto cambiare idea. «Ho pensato: certo, si parla di Dylan, lui è il punto focale, ma quella era la mia vita», ha detto a proposito della pellicola. «Quello che abbiamo vissuto è stato in un momento elettrizzante. Mi sono resa conto che questa cosa era importante e avrei dovuto smettere di essere così riservata».
È morta nel 2011 per un cancro ai polmoni
Rotolo era ancora in vita e ha fatto in tempo a vedersi interpretata nel film Io non sono qui del 2007 da un’eccellente Charlotte Gainsbourg. L’attrice anglo-francese è stata una scelta incredibilmente azzeccata, considerando che Rotolo, nel suo libro, scrive che da giovane sfoggiava «un accento francese e lo usavo ogni volta che qualcuno che non conoscevo mi parlava o se ero in un negozio a comprare qualcosa». Non è più qui per vedere Fanning che la interpreta in A Complete Unknown, ma il suo ricordo è vivo.
Da Rolling Stone US.