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Taylor Swift fa cantare la gente pure al cinema

Il film sull’Eras Tour è arrivato nelle sale. Se lo volete vedere, non aspettate lo streaming, andate al cinema dove il pubblico urla manco fosse a un vero concerto

Foto press

Il primo grande momento del film sull’Eras Tour di Taylor Swift arriva non appena si spengono le luci. Una ragazza dice a voce alta «oddio, dovevo chiedere il permesso per cantare? Io voglio cantare!». La risposta arriva da una signora seduta qualche fila più in là: «Canta forte e con orgoglio, sorella!». Non c’è stato bisogno di altro. Nulla del resto avrebbe potuto impedire il pubblico di cantare e urlare e piangere. Un po’ come lo show, che è la cosa più ambiziosa fatta dalla popstar, Taylor Swift: The Eras Tour non somiglia a nessun altra cosa abbiate visto al cinema.

Taylor Swift ne ha fatti tanti, di film-concerto, ognuno diverso dall’altro: Speak Now è quello con le cover matte, Red quello con le migliori scene del backstage. Eras è una full immersion in una performance di tre ore che si porta appresso tutto il carico mostruoso di emozioni da stadio (qui sale e date di ottobre e novembre in cui sarà possibile vederlo Italia, ndr). È un film da vedere al cinema senza aspettare lo streaming. Perché funzioni a dovere la catarsi collettiva deve essere visto con altre persone, nel buio di una sala. È il film che si merita il repertorio di Swift. Durante The One, quando lei canta “Sai che i film migliori non sono mai stati fatti”, qualcuno al cinema: “Fino a oggi!”. Giusto.

Taylor Swift ha annunciato l’esistenza del film poche settimane fa, fissando la prima per il giorno 13 (quando sennò?) ottobre. Negli Stati Uniti, altri film il cui debutto era previsto in questo weekend, come L’esorcista – Il credente, sono stati spostati, la prova provata che persino Satana ha paura di Taylor. Vedere un film circondato da Swifties assetati di sangue è un’esperienza unica. Non ci sono introduzioni, preamboli, cerimonie, si inizia subito con l’orologio che segna il conto alla rovescia all’inizio dello show. Il concerto è stato al centro di una vera ossessione mediatica e perciò lo sanno tutti a memoria, anche quelli che non l’hanno visto dal vivo, ma solo attraverso i video dei fan. “She’s a bad, bad girl!”, è la prima cosa che canta il pubblico. Il primo bridge è quello di Cruel Summer. Il primo discorsetto dal palco che tutti ripetono a memoria è “Mi fate sentire così potente… mi fate sentire come The Maaaan!”.

La performance mostrata nel film ha avuto luogo a Los Angeles, nella tarda estate, quando il tour aveva già conquistato mezza America. Sono due ore e 45 minuti di show, mezz’ora in meno di quello vero, al netto di cambi di costume, chiacchiere sul palco, ovazioni. Il regista Sam Wrench è un veterano dei film-concerto, vedi Billie Eilish, Lizzo, Brandi Carlile, BTS, e pure degli speciali natalizi. Non è mai ingombrante, non mette in ombra la musica. Visto sullo schermo, nello show c’è più spazio per musicisti e ballerini, e per i dettagli dei costumi di Taylor come gli stivali Louboutin durante il segmento di Red.

Nel tour e nel film il punto più alto è costituito dalla parte dedicata a Evermore, che nella classifica degli album di Swift è al secondo o terzo posto, ma in questo contesto è esaltato. Il momento più audace è Willow, con la congrega goth di Taylor e un turbinio di mantelli neri e zucche luminose che fanno tanto Halloween (ecco una scena che ci starebbe bene nell’Esorcista). E poi l’elettronica alla Steve Reich/Terry Riley di Marjorie, con la registrazione della nonna che canta l’opera (peccato che nel film non si senta la cantante dire due parole su Marjorie, come in concerto) e la cena di Tolerate It, che fa un altro effetto vedendo i primi piani dei visi. Buona idea quella di tagliare quasi tutta l’ovazione che segue l’esecuzione al al piano muschiato di Champagne Problems: è una dichiarazione d’affetto sincera dei fan, ma chi ha bisogno di otto minuti di L.A. che cerca di attirare l’attenzione della popstar?

La sequenza dedicata a Folklore non è da meno. Sono canzoni concepite e ascoltate per la prima volta ai tempi della quarantena e con questa messa in scena fanno il loro bell’effetto soprattutto l’elegiaca My Tears Ricochet che diventa una specie di seduta spiritica quando Taylor canta “ti parlo ancora quando urlo al cielo” e lo urla davvero al cielo (alle mie spalle qualcuno ha gridato: «Diglielo, Taylor!»). Le ulula più forti si sentono però nel bridge di Illicit Affairs, con Taylor che s’inginocchia e dice: “Don’t call me kid! Don’t call me baby!”.

Foto press

A un certo punto in ogni tappa del tour Swift ha fatto due canzoni acustiche a sorpresa. Per il film è stata fatta una buona scelta: Our Song alla chitarra acustica, dal primo album altrimenti snobbato (altra mossa azzeccata: la Taylor di oggi non cerca di imitare il twang da liceale finto-sudista di quella di ieri), e You’re On Your Own, Kid al piano, ovvero la Taylor adulta che pensa con empatia alla Taylor adolescente, nervosa e sempre troppo impegnata, la ragazzina disperata che era e che sa di essere in qualche modo destinata a rimanere. È un dialogo che attraversa 17 anni di vita, ma si sente anche che entrambe le Taylor sono la stessa donna difficile-ma-vera.

La parte dedicata a Midnights è il gran finale del film, anche se alcune canzoni suonano, come dire, diverse oggi rispetto a poche settimane fa. Voglio dire, metà di questi testi adesso sembrano messaggi inviati alla squadra di avvocati di Joe Jonas. E c’è una sorpresa sui titoli di coda, Long Live dalla Taylor’s Version di Speak Now. Non ho visto una sola persona alzarsi e uscire durante i titoli di coda. Una volta accese le luci, le ragazze intro di me hanno urlato: «Non andartene! Guarda che torna e fa Haunted!». Non stasera, purtroppo, ma chissà che non aggiunga bonus a sorpresa per il prossimo fine settimana.

In queste settimane abbiamo tutti per la testa le immagini di Stop Making Sense, grazie alla riedizione del film di Jonathan Demme sui Talking Heads. È considerato un po’ da tutti il più grande film-concerto di sempre. Eras Tour lo ricorda, entrambi raccontano uno show senza cadere nella trappola di rappresentarlo come un simulacro o come un succedaneo di quello vero. È questo il punto. Entrambi evitano i cliché manipolatori in cui si cade in questo genere di film: niente interviste ai fan, zero drammi nel backstage, nessuna voce fuori campo, solo una serata di musica in cui tutti sono delle star. E in un certo senso, Stop Making Sense è un Eras Tour, si potrebbe dire che Miss America è la Psycho Killer di Taylor, Enchanted il suo ballo con la lampada di This Must Be The Place e “Los Angeles, vuoi tornare al liceo con me?” il suo “Chi ha da accendere?”. È questo il livello di eccellenza a cui aspira il film. In Taylor Swift: The Eras Tour c’è una delle più grandi interpreti live di sempre che punta più in alto che mai. Spiace, Satana: you’re on your own, kid.

Da Rolling Stone US.

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