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Tom Petty è così vasto da contenere il country

È uscito il disco-tributo ‘Petty Country’ con le canzoni del rocker rifatte da Dolly Parton, Margo Price, Steve Earle, Rhiannon Giddens, Willie Nelson e altri. Ecco com’è nato, in attesa del box set di ‘Long After Dark’

Foto: Ethan Miller/Getty Images

Per Mike Campbell ha perfettamente senso che star del country come Dolly Parton e Willie Nelson rendano omaggio alla musica di Tom Petty and the Heartbreakers, il gruppo di cui faceva parte. «Siamo cresciuti tutti quanti nel Sud. Siamo imbevuti della musica di Hank Williams e di George Jones che ascoltavamo in radio. Abbiamo amato i dischi country di Flying Burrito Brothers e Byrds. Ascoltavamo un sacco di country, ci è entrato sotto pelle».

Non a caso, gli Heartbreakers erano perfetti come band di Johnny Cash nel disco del grande ritorno sulle scene American Recordings, così com’è normale che Kenny Chesney rifaccia dal vivo pezzi come Runnin’ Down a Dream, Free Fallin’ o Mary Jane’s Last Dance. Ma al di là di tutto ciò, l’idea del tributo uscito venerdì scorso Petty Country: A Country Music Celebration of Tom Petty ha cominciato a concretizzarsi solo nel 2018, con l’uscita dell’antologia postuma di Tom Petty An American Treasure che conteneva pezzi meno noti del suo catalogo.

«È lì che tutti si son resi conto di che grande autore fosse», spiega George Drakoulias, produttore di lunga data di Tom Petty e curatore di Petty Country insieme a Randall Poster. «Volevamo quindi celebrarlo come autore e sapevamo che apprezzava l’arte del songwriting della comunità di Nashville».

I due hanno contattato artisti country d’ogni tipo, partendo dai giganti Dolly Parton e Willie Nelson. Quando i due han detto sì, trovare altri artisti non è stato un problema. «Non abbiamo iniziato con Joe Six Pack», dice Drakoulias. «Avere Willie e Dolly ha fatto sì che la gente prestasse attenzione».

Nel giro di poco hanno aderito Luke Combs, Thomas Rhett, Brothers Osborne, Steve Earle e altri. Hanno lavorato soprattutto negli studi di Nashville durante il Covid. «Da lì ci arrivavano mix meravigliosi», spiega Drakoulias. «Avrei voluto essere presente alle session, ma c’era il lockdown».

Forse il pezzo più sorprendente è Southern Accents rifatto da Dolly Parton. «Tom la registrò all’epoca con un’aria di sfida», spiega Drakoulias. «In quel pezzo si ergeva in difesa del Sud, era una canzone emotivamente forte anche perché scritta subito dopo la morte della madre. La versione di Dolly è più elegante, con un’interpretazione vocale pazzesca».

«Si capisce che era commossa», dice Campbell. «Ci ha messo l’anima, che Dio la benedica» (Parton ha anche aggiunto una coda: “Sì, sono orgogliosa di quel che sono, una ragazza del Sud che viene una città del Sud, non me ne vergogno”).

Earle ha rifatto Yer So Bad, da Full Moon Fever. «Ed è stato fantastico», dice Drakoulias. «Ci senti la musica fatta in veranda, ci senti le square dance. Ci sono banjo e violini. Ci ha messo un train beat che ha cambiato il modo in cui la canzone si muove, dando a Steve più libertà nel fraseggio vocale».

Rhiannon Giddens ha tolto i synth da Don’t Come Around Here No More e per reimmaginarla ha coinvolto il violoncellista Yo-Yo Ma e il pianista degli Heartbreakers Benmont Tench. Drakoulias chiama il risultato finale «country bayou» perché ha dentro qualcosa di creolo. «E alla fine del pezzo senti d’aver fatto uno strano viaggio, come se fossi stato a caccia di alligatori o roba del genere. È stata mia l’idea di coinvolgere Benmont, un gran talento».

Tench non è l’unico membro degli Heartbreakers presente nell’album. Mike Campbell ha inciso con Margo Price una nuova versione di un pezzo poco noto, Ways to Be Wicked (era nel disco d’esordio dei Lone Justice del 1985, ndr). «Gli Heartbreakers non l’hanno mai incisa per bene», spiega, «ma ha un testo favoloso, la musica è esuberante e Margo la canta alla grande».

Ci sono anche Wildflowers rifatta da Thomas Rett, un’interpretazione delicata di Angel Dream (No. 2) fatta da Willie e Lukas Nelson, la cruda I Forgive It All di Jamey Johnson e Stop Draggin’ My Heart Around nella versione dei Lady A. E in chiusura George Strait tira fuori una versione del vivo di You Wreck Me. «Ogni occasione per sentirlo cantare “I’ll be the boy in the corduroy pants” va colta al volo».

Ora che Petty Country è uscito, gli eredi del rocker stanno pensando alla pubblicazione in autunno del box set di Long After Dark. «Ho sentito dei pezzi, vedrete che sarà fantastico», dice Drakoulias. «Ho lavorato a un altro box set, quello di Playback. La domanda ricorrente era: ma come diavolo vi è saltato in mente di lasciare fuori un pezzo del genere? E Tom rispondeva: “Jimmy [Iovine] pensava fosse troppo country”. Credo che il pezzo in questione fosse Keeping Me Alive. E io pensavo: ma cosa dici troppo country, è favoloso».

Per il produttore, addentrarsi negli archivi di Petty significa fare un viaggio sentimentale. «Tom era la prima persona che chiamavo quando c’era un terremoto: “L’hai sentito anche tu?”. Lo chiamavo se un politico faceva una stupidaggine. Era un tipo gioioso. Era il migliore. Non posso credere d’essergli stato amico. Non mi manca il Tom Petty rockstar. Mi manca il Tom Petty amico».

Da Rolling Stone US.

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