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«Un sacco di battaglie e conquiste»: Cameron Crowe in tour coi Led Zeppelin

Sold out e guadagni record, ma anche scazzottate, groupie e vita da star. Ai tempi di ‘Physical Graffiti’ gli Zep sono al top. Uno storico reportage di Rolling Stone, un ‘Almost Famous’ in purezza

Foto: Dick Barnatt Redferns / Getty Images via Rolling Stone US

Los Angeles. «A ripensarci, questo tour è passato in un attimo, è stato velocissimo. Ma anche poetico. Un sacco di battaglie e conquiste, col sottofondo del frastuono delle orde. A parte il fatto che è stato il nostro tour di maggior successo a tutti i livelli, mi sono divertito moltissimo». Nel backstage dell’ultimo show del tour americano dei Led Zeppelin, Robert Plant è pronto a celebrare. In due mesi e mezzo di concerti sold out, la band ha ottenuto il consenso della critica, un tempo inafferrabile, con una completa rinascita commerciale dei sei album del proprio catalogo e un incasso di oltre cinque milioni di dollari.

«Non abbiamo avuto alcun problema ad adattarci al tour», dice Plant. «Di solito ci vuole un po’ di tempo per entrare nello spirito. Questa volta no. Non sono mai stato così preso da un tour prima d’ora. La musica funzionava incredibilmente bene. Tutti hanno amato Physical Graffiti. Significa molto per noi. È come se stessimo facendo un’incredibile serie vincente».

Questo viaggio di 33 date non è stato privo di turbolenze. La prima settimana e mezza, con base all’Ambassador Hotel di Chicago, è stata tormentata da problemi di salute. L’anulare sinistro di Jimmy Page, rotto a causa di una porta del treno sbattuta, provocava un dolore costante, «È tutto così dannatamente inutile», brontolava ogni giorno, «non riesco a suonare come dovrei, cazzo». A pochi giorni dall’inizio del tour, Plant ha avuto l’influenza e un concerto a St. Louis è stato rimandato. Non appena il cantante è tornato in azione, John “Bonzo” Bonham ha avuto problemi di stomaco che hanno costretto il batterista, solitamente su di giri, a mantenere un profilo basso per la prima parte del tour. Solo il bassista/tastierista John Paul Jones non ha avuto niente. «Non mi succede mai niente di eccitante», dice.

Ci sono inoltre stati anche alcuni problemi con le sale concerto. Uno show del 4 febbraio al Boston Garden è stato annullato dai funzionari della città dopo che gli arrivi anticipati avevano causato danni per 30 mila dollari. Nelle date di Seattle di metà marzo, a circa 500 spettatori è stato negato l’ingresso al Coliseum per via dei biglietti contraffatti; un presunto bagarino è stato fermato con 1475 dollari in tasca e tre persone sono state arrestate per aver dato a Jimmy Page una chitarra Les Paul da 2100 dollari che apparteneva a un insegnante di musica del posto. A Los Angeles, un’agenzia di stampa ha comunicato che durante un concerto del gruppo c’era stata una retata quando in realtà la retata era avvenuta allo Shrine Auditorium durante lo show di Robin Trower.

«Tipico», dice Danny Goldberg, capo della Swan Song Records. «Che posso dire? A volte sembra che gli Zeppelin abbiano preso il posto degli Stones. I media ci considerano automaticamente i cattivi ragazzi. La colpa è sempre dei Led Zeppelin». Jimmy Page, però, non si lamenta, anzi: «L’ultima cosa che voglio essere è un bravo ragazzo».

Secondo Page, la parte del tour in Texas e sulla West Coast è stata quella in cui il gruppo «ha raggiunto un nuovo picco». Dopo dieci giorni di convalescenza, il dito rotto di Page era guarito al punto che passava i pomeriggi a comporre furiosamente nuovo materiale con la chitarra acustica. Nel mentre Plant si vantava che «la mia voce stava diventando così buona che alla fine mi sembrava di poter cantare qualsiasi cosa». Una sera al Forum, uscito dall’intermezzo spaziale di Dazed and Confused, ha guidato la band in Woodstock di Joni Mitchell e in una versione di Take It Easy.

Ai concerti di Los Angeles (due serate a Long Beach, tre al Forum) il pubblico conosce bene Physical Graffiti. Trampled Underfoot e Kashmir, due brani che hanno ricevuto un’accoglienza tiepida a inizio tour, ora sono i preferiti del pubblico, mettendo in ombra standard più vecchi come The Song Remains the Same e Over the Hills and Far Away. La chiusura del concerto con Stairway to Heaven entusiasma più di ogni altra cosa.

Ma non tutte le reazioni sono state favorevoli. Sul Los Angeles Times Robert Hilburn ha scritto che «oltre a stabilire record di incassi in questo tour, il gruppo inglese potrebbe anche stabilire una sorta di record per il maggior numero di cliché in un singolo concerto: un mini-spettacolo di luci, il vapore del ghiaccio secco che copre il palco (in tre momenti differenti), il nome della band scritto con le luci, un’esplosione sul retro del palco e, naturalmente, l’obbligatorio assolo di 20 minuti». Hilburn ha liquidato lo spettacolo come «una combinazione insensibile di musica e di immaginazione irrimediabilmente limitata».

Page è rapido nel difendere la lunghezza del concerto. «Abbiamo bisogno di quel tempo per trasmettere tutto quello che vogliamo. Se metti un gruppo di supporto, vorrà fare almeno un’ora, probabilmente un’ora e mezza, quindi l’intero spettacolo dura circa cinque ore, compresi i cambi. Alcune sale devono far uscire tutti entro le 23, quindi che ne sarebbe dell’headliner? Così tempo fa abbiamo stabilito che nei nostri concerti ci sarebbero stati solo gli Zeppelin e che la gente avrebbe saputo esattamente cosa stava venendo a sentire. Io stesso mi sono stufato di sentire di gruppi che fanno solo 50 minuti di concerto. Non è giusto. Tutto dipende da quanto un artista ha da dire e gli Zeppelin hanno un sacco di cose da dire».

Per le ultime dieci date, gli Zeppelin hanno alloggiato in un intero piano del Continental Hyatt House di Hollywood. La lobby era sempre piena di groupie in attesa. La gente del posto ha iniziato a chiamare l’hotel Riot House. Come sempre, fuori dalle stanze dei membri del gruppo stazionava una guardia armata. A Page non piaceva il senso di minacciadi questa situazione. «All’inizio del tour abbiamo ricevuto delle vaghe minacce di morte. Immagino che questo renda le guardie armate una necessità, ma… Cristo! Questa cosa mi preoccupa. Non credo che siamo un gruppo odiato. I nostri fan mi trasmettono sensazioni positive e calorose. Non siamo il tipo di band con cui la gente vuole comportarsi male».

Volando avanti e indietro per i concerti a Seattle, Vancouver e San Diego, la band e il suo entourage di 18 persone si recano spesso in pellegrinaggio in locali notturni di Los Angeles come il Troubadour (per Bobby “Blue” Bland e Kokomo), il Roxy (per Suzi Quatro) e il Greenhouse Restaurant, dove Jimmy Page ha incontrato il suo idolo di sempre Joni Mitchell. Page è stato timido nel presentarsi, ma alla fine si sono intrattenuti a parlare un po’ assieme.

Los Angeles ha visto anche un aumento dell’energia di John Bonham. A una festa organizzata dagli Zeppelin in onore dei Pretty Things, Bonham ha colpito con diversi pugni allo stomaco al corrispondente di Sounds Andy McConnell. McConnell, che aveva avuto un incontro amichevole con il batterista nel pomeriggio, aveva puntato una torcia elettrica in faccia a Bonham dicendogli: «Sei un brutto stronzo, vero?». Bonzo in tutta risposta ha sbattuto McConnell dall’altra parte della stanza. «Non si fanno cose del genere a Bonzo», ha detto un roadie degli Zeppelin, «soprattutto quando ha bevuto. Dopo un po’ la Bestia va a caccia e l’unica cosa che lo diverte è far casino».

All’inizio del tour, in Texas, Bonham si è invaghito di una Corvette personalizzata. Il proprietario era stato rintracciato e gli era stata offerta una cifra irrifiutabile. Bonham ha «speso una piccola fortuna» per far rimorchiare l’auto fino a Los Angeles, dove però non è riuscito a farla assicurare. Imperterrito, ha acquistato una Ford Hot Rod da 1400 dollari al solo scopo di guidarla su e giù per il Sunset Strip. In due settimane di corse contro chiunque osasse accettare la sua sfida, è stato fermato solo una volta. «Quando il poliziotto si è avvicinato al finestrino», racconta Mick Ralphs, chitarrista dei Bad Company e passeggero all’epoca, «Bonzo si è fatto bello. Gli ha detto che eravamo musicisti, che avevamo provato tutto il giorno e che ci stavamo sfogando un po’. Non ha preso la multa».

Nel pomeriggio della chiusura del tour, Plant dice che il gruppo rimarrà sempre una road band. «Abbiamo suonato ovunque ci fosse da suonare negli ultimi anni, a parte Bangkok e l’India, che raggiungeremo nel prossimo anno. Non c’è un motivo perché lo facciamo se non il fatto che amiamo suonare. Ci piace troppo andare in tournée. Non possiamo rinunciarci. Nell’ultimo tour abbiamo portato una troupe cinematografica. Il film uscirà presto e quel film vi farà capire perché ci divertiamo così tanto in tournée». Quando gli chiedo la data di uscita del film, il manager degli Zeppelin, Peter Grant, si limita a ridacchiare. «State parlando del più costoso filmino amatoriale mai realizzato», dice ridendo. «Diciamo solo che la produzione è momentaneamente bloccata».

Al di fuori di tre spettacoli inglesi che hanno registrato il tutto esaurito all’Earl’s Court a fine maggio, gli Zeppelin non hanno altri programmi. Plant, Bonham e Jones torneranno dalle loro famiglie in varie parti della Gran Bretagna, mentre Page, l’unico scapolo del gruppo, viaggerà in Europa e in Estremo Oriente. «Sento il bisogno di viaggiare senza meta, di fare nuove esperienze, sono anni che voglio farlo».

Goldberg scoraggia le voci di un altro tour negli Stati Uniti già quest’estate. «Potrebbero tornare a giugno o nel ’77. Una volta che iniziano a lavorare su qualcosa, non sai mai quando torneranno in giro».

Da Rolling Stone US.

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