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Zucchero torna a Campovolo e tuona: «A Sanremo non mi vogliono. È il festival degli influencer»

‘Sugar’ ha presentato i due concerti che terrà a Reggio Emilia nell’arena più grande d’Europa per posti a sedere (9 e 10 giugno 2023) e ha dimostrato ancora una volta di non essere politicamente corretto spronando i colleghi che «devono avere più coraggio», i giovani «che dalla protesta dopo il successo passano al pop» e il nuovo governo Meloni: «Basta che non rompa i coglioni»

Foto: Daniele Barraco

Sanremo? «Non mi vogliono più, questo sarà il festival degli influencer». Bella ciao una canzone divisiva? «Mica tutti devono essere sempre d’accordo». Il titolo che avrebbe voluto scegliere per i concerti nella sua Reggio Emilia? «C’at vègna un cancher, però me l’hanno sconsigliato». È uno Zucchero in gran forma, e per niente (e bonariamente) politicamente corretto, quello che ha presentato il suo ritorno a Campovolo – o più correttamente alla RCF Arena – con due concerti il 9 e 10 giugno 2023 dove ripercorrerà 40 anni di carriera. Due show che potranno contenere 35 mila persone per ogni sera, in una location tutta rinnovata che è diventata la più grande d’Europa per posti a sedere ed è stata ottimizzata proprio per gli eventi musicali (come la pendenza del 5% per migliorarne visuale e acustica). Ma l’evento nell’evento lo si è consumato quest’oggi di fronte ai giornalisti, dove “Sugar” Fornaciari non si è fatto sfuggire nessuna occasione per dire come la pensa.

È partito ricordando il suo attaccamento alla terra che lo ha visto crescere, e adesso lo accoglierà in veste di star internazionale (è reduce da un fortunato tour negli Stati Uniti e ha altri 40 concerti in giro per il mondo da recuperare post-Covid): «Ho quasi paura a esibirmi a Reggio, sarà cambiata come è cambiato tutto in resto. Ma voglio salvaguardare l’immagine che ne avevo quando ero ragazzo, un po’ da romantico. Quelli erano tempi duri, ma con più solidarietà, più abbracci e la gente ancora genuina. A Roncocesi (il suo paese natale, nda) non mancavano mai l’ironia e il sarcasmo che mi facevano stare così bene». E proprio per rimarcare la appartenenza a quel mondo contadino, ha spiegato che per un attimo ha pensato di intitolare così i due live: «C’at vègna un cancher, che è un modo di dire un po’ forte ma da noi si usa come buon augurio. Solo che una volta l’ho detto a un tecnico e non mi ha parlato per un mese. Volevo intitolare così questi concerti, però me l’hanno sconsigliato…». Si chiameranno invece Diavolo in R.E. e i biglietti per le date sono in prevendita da oggi.

Ma Zucchero, che ha ricordato di avere «un carattere burbero e non politicamente corretto, però questa mio lato naïf e fanciullesco è quello che mi salva», sembrava essere in vena di parlare di molto altro e i giornalisti non si sono fatti pregare nel sollecitarlo. Sulla polemica che era scoppiata intorno alla canzone Bella ciao, per esempio, ha raccontato un aneddoto: «Ognuno fa quello che sente di fare, ma non è che tutti devono sempre essere contenti. Io sono uno che divide più che unire. Dopo il mio primo album una troupe andò nei campi a chiedere a mio padre se era felice del mio successo e lui rispose: ‘Booohhh’. Provarono a insistere, se gli piaceva la mia musica e lui gli disse: ‘No, a me piacciono il valzer e la mazurca’. Insomma, noi Fornaciari non siamo politicamente corretti». Fatta questa premessa, ha assicurato che «io Bella ciao la canterei, non mi sembra politicizzata. Anche Diamante parla della fine della guerra. È una canzone straordinaria, cantata in tutto il mondo, però bisogna anche saperla cantare».

Un ritorno a casa, dopo 40 anni, che evidentemente lo ha rivitalizzato. Perché non ha mancato di lanciare stoccate ai colleghi: «Gli artisti dovrebbero darsi di più, suonare insieme anche senza prove, metterci un po’ più di sangue, di coraggio». E ha sottolineato qual è la sua dedizione verso il mestiere che lo ha reso quello che è diventato: «Io vivo totalmente di musica, non riesco a stare tre anni fermo, infatti ho il calendario sempre aperto, come le sale da ballo, dove mi chiamano e pagano io vado. Cosa faccio a casa? Mi rompi i coglioni! Non so sciare, andare a cavallo, odio il mare e anche il pesce fritto. Faccio delle camminate, ho gli animali nel mio parco e li curo, ma poi devo andare a suonare». Uno sprone che sente di voler dare anche alle nuove generazioni di musicisti: «Secondo me non gliene frega un cazzo di essere ‘impegnati’. Vengono dalla strada, da esperienze dure di emarginazione, e hanno solo bisogno di questo riscatto. E alcuni non posso dire che siano male. Usano nei testi soprattutto quello che dovrebbe fare il rock e non fa più, esprimere un disagio, andare contro. Il problema è che appena hanno successo cambiano anche i testi e diventano pop. All’inizio li sento e dico: finalmente qualcuno che va contro, solo che dopo due successi si sostituiscono al pop, allora quello non mi piace più». Così come non sembra piacergli Sanremo, o meglio, pare che lo stesso Sanremo non lo tenga neppure in considerazione: «A Sanremo non mi vogliono più, con questa direzione neanche in gara. Il prossimo sarà all’insegna degli influencer, anzi, sarà proprio il festival degli influencer. Cioè tutto mirato per fare audience. Funziona così. Siccome io sono contro agli influencer mi lasciano a casa e non ci pensano neanche di chiamarmi». Per dare ancor maggiore valore alla sua considerazione, ha aggiunto: «Non hanno preso neanche una canzone di Francesco Guccini, ci siamo sentiti ieri, purtroppo funziona così adesso».

Ma per essere genuinamente politicamente scorretto, Zucchero si è dilungato anche sulla politica, che a volte ha cercato di lusingarlo, ma alla quale ha sempre detto no: «Per fidarmi dovrei sapere che un politico è al 100% sano, corretto e devoto al suo compito, ma io ho sempre diffidato. Mi hanno chiesto spesso di partecipare a eventi sotto elezioni e ho sempre detto di no». Poi ci pensa un attimo e si ricorda di una volta, agli inizi, in cui invece accettò: «In realtà ai tempi del primo Festival di Sanremo son dovuto andare a Ceppaloni da un certo Mastella, dove si esibiva il fior fiore del rock italiano, Pupo, Christian, i Ricchi e Poveri… non a caso non ho più accettato». Ma la politica ha occupato ampio spazio della conferenza stampa, così non sono mancante le domande sull’attuale governo Meloni: «Le abbiamo provate tutte, proviamo anche questa. Non so quanto durerà. Hanno dato qualche segnale strano, come con i rave, e mi sono chiesto: sta a vedere che non si possono più fare le Feste dell’Unità… Ma cosa volete che abbia paura di loro, basta che non rompano i coglioni. In fondo ha deciso il popolo. Solo che vedo il mondo sempre più basico, sono un po’ disilluso e vorrei vedere delle reazioni. Fosse successo ai miei tempi sarebbe stato diverso».

Anche perché, ha tenuto a precisare, la politica sarebbe importante proprio per sostenere la musica. Il problema, però, è chi viene scelto a decidere: «Beatrice Venezi è il nuovo consigliere per la musica del ministro Sangiuliano? Io ho sempre pensato che un grande virtuoso non possa comporre canzoni che vanno dritte al cuore. Infatti i Beatles erano pessimi musicisti. Così come gli U2 sono mediocri tecnicamente, o anche i Rolling Stones. Ma capiamoci», ha continuato nello stupore generale, «intendo come suonatori. Ho avuto musicisti straordinari, ma non sapevano scrivere canzoni emozionanti. Su Beatrice Venezi, o anche Morgan di cui si è parlato, non è questione se sanno suonare, ma se hanno una visione. Se in Italia pensiamo alla musica solo come classica saremo sempre indietro: se andate in giro per il mondo noi siamo rimasti a Volare».

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