Foto di Alan Gelati
Corrado Formigli
Giornalista e conduttore
di Piazza Pulita (La7)
di Piazza Pulita (La7)
- Quanto la spaventa una querela?
- Dipende. La volta in cui ho avuto paura è quella in cui mi ha denunciato la Fiat, per un servizio fatto per “Annozero". Chiesero a me e alla Rai 20 milioni di euro per aver provocato, a loro dire, un calo nelle vendite di una loro automobile, la MiTo. In primo grado fui condannato con la Rai a pagare 8 milioni e cominciai a ricevere delle mail dalla Fiat con le indicazioni dell’Iban a cui fare il versamento, cosa che ovviamente non mi rendeva molto sereno. La cosa peggiore di quel periodo però fu leggere sulle prime pagine de “La Stampa” e del “Corriere della sera” - i giornali la cui proprietà era coinvolta nella vicenda insomma - la notizia della mia condanna. Nessun giornale ospitava un mio commento. Poi in secondo grado fui assolto con formula piena e nessuno scrisse mezza riga.
- Si è messo contro i famosi poteri forti.
- Quando capitano queste cause, ci si rende conto come l’eventuale causa da parte di un politico, per un giornalista, sia nulla al confronto di un’azione legale intentata da un grande gruppo, da un’azienda. Tu sei un persona fisica, rischi la tua casa, temi per il benessere della tua famiglia, loro sono i poteri forti.
La volta in cui ho avuto più paura è quella in cui
MI HA DENUNCIATO
LA FIAT
LA FIAT
per un servizio fatto ad Annozero
- Poi ci fu il famoso “editto bulgaro”
- Nel 2002 fui coinvolto nella vicenda, lavoravo con Santoro. Io facevo l’inviato, chiusero “Sciuscià” e mi ritrovai disoccupato. Per un anno passai le mie giornate in un ufficio con la mazzetta dei giornali, senza poter fare il mio lavoro, mobbizzato. Alla lunga, quella fu la mia fortuna, perché poi fui più libero di fare il mio lavoro altrove.
- Dopo la causa con la Fiat è diventato più prudente?
-
La bastonata è arrivata, certo. Da quel momento, nelle inchieste, ho cominciato ad adottare degli accorgimenti, sono diventato guardingo con i grandi gruppi, anche perché lo strumento della lite temeraria è debole.
Sai, quando ti ritrovi una causa gigantesca contro un gruppo, che so, tipo Eni, anche il tuo editore comincia a guardarti strano, ti chiede se sei sicuro di non aver sbagliato nulla. Io comunque non mi sono più occupato della Fiat per molto tempo. - Continua
- Ha perso delle cause?
- Non ho mai perso una causa. La querela più incredibile ricevuta è stata questa: tempo fa ho scritto un libro, “Impresa impossibile”, che raccontava le storie di alcuni italiani che hanno combattuto contro la crisi. Tra queste, quella di un cuoco di Palma Campania, una zona ad alta mafiosità. Tra i vari passaggi ce n’era uno in cui dicevo che Palma Campania non è proprio uno di quei paesi in cui si finisce di proposito, a visitarli. Il sindaco di Palma Campania mi ha querelato, quindi usando i soldi dei contribuenti, per una sciocchezza simile. Con tutti i problemi di quel paese, il problema ero io.
- Lei non hai mai perso una causa, i giornalisti però possono sbagliare, non sono immacolati.
- È evidente. Infatti la libertà di stampa è fondamentale, certo, ma almeno quanto il divieto di cialtroneria per i giornalisti. Sbagliare qualcosa, non va dimenticato, può rovinare la vita di qualcuno.
- intervista di Selvaggia Lucarelli