- Ho una lunga aneddotica in merito – spiega – perché in vita mia ne ho ricevute... abbastanza. A dire il vero soprattutto nei primi anni di lavoro e quasi sempre da politici. Alcune sono state persino divertenti. Come quando scrissi che Ferdinando Adornato, che al tempo era l'intellettuale del Centrodestra, si era laureato con un certo ritardo e lui mi querelò perché sosteneva che nella costruzione della frase io avessi posticipato il giorno della sua laurea.
- E come andò a finire?
- Il giudice disse che si trattava di un ritratto divertito e divertente del protagonista del pezzo. E concluse che non capiva che cosa ci fosse da querelare. Ma questo è solo uno dei tanti casi. Sono stato querelato anche da Cesare Previti, sia da lui come persona che dal suo studio. E poi ho ancora in ballo una querela non chiusa da parte di Nicole Minetti.
- Di solito c'è un argomento “sensibile” qualcosa che fa scattare la reazione legale nel politico?
- Spesso si concentrano su questioni di colore più che di contenuto. Viene messo in campo il tema della reputazione, come è giusto che sia, anche se alcuni politici faticano a rendersi conto che la propria è già abbastanza logorata.
- Ha esordito dicendo che la maggior parte delle querele ti sono arrivate a inizio carriera, crede che questo abbia a che fare in qualche modo con il tema delle querele temerarie?
- Il fatto che quando ero più giovane e meno conosciuto mi arrivassero più querele mi fa mettere a fuoco con più lucidità che si trattava davvero, quasi sempre, di querele a scopo intimidatorio. E il fatto che nel tempo simili azioni scemino è perché ti percepiscono come più sicuro e strutturato e a quel punto è più facile che lascino perdere questo tipo di iniziative.
Anche una
QUERELA
PRETESTUOSA
PRETESTUOSA
ha il suo impatto economico e morale
- Le statistiche sulla quantità di querele contro i giornalisti archiviate che cosa suggeriscono secondo te?
-
Ci dicono che certe azioni legali non dovrebbero neanche partire.
Non rappresentano assolutamente nulla; ma purtroppo anche una querela pretestuosa ha il suo impatto economico e morale, specialmente in una contesto in cui i giornalisti, soprattutto i giovani, quelli meno protetti, senza tutele contrattuali, che magari lavorano in testate più piccole o in qualche sito, non hanno la forza di difendersi. Uno scenario in cui il precariato dura molto più a lungo o in cui le testate chiudono. Penso al caso, molto grave, de L'Unità, dove al momento del passaggio di proprietà non c'era un soggetto che si facesse carico delle spese legali dei processi e i giornalisti dell'Unità si ritrovarono in un limbo in cui non erano più protetti da nessuno. Del resto, come sa bene chi fa il nostro lavoro, la querela spesso non riguarda soltanto un articolo, quindi un testo, ma anche la titolazione, la collocazione in pagina e via dicendo; sono tutte cose che chiamano in causa il giornale in quanto opera collettiva. Ma se il giornale viene meno non è giusto che tutto questo ricada soltanto sul singolo. - Crede che si possa frenare l'andazzo delle querele a scopo intimidatorio per via legislativa magari?
- Se non sbaglio c'erano delle proposte in merito, c'era un'iniziativa di Verini del PD condivisa da altri politici su cui la Federazione Nazionale della Stampa si era molto impegnata già sotto la precedente gestione di SantoDella Volpe, scomparso troppo prematuramente, continuando poi a battersi con Beppe Giulietti. Ma con la fine della legislatura è caduto tutto. Però, per rispondere alla domanda, sì: si può e si deve fare qualcosa a livello legislativo per tutelare un valore primario come quello dell'informazione, costituzionalmente protetto e garantito dall'articolo 21. A volte la gente pensa che i giornalisti siano una categoria molto tutelata, ma non è così. Il film di Spielberg, “The post”, in questo senso dà numerose indicazioni: ci mostra come per fare inchieste di quel tipo serva un giornale forte alle spalle, un editore disposto a difendere i propri giornalisti. Se questi presupposti mancano, i giornalisti, soprattutto i più giovani, sono esposti e le querele temerarie possono diventare veri e propri atti contro la libertà d'informazione perché vanno a toccare i punti più deboli con un potere di intimidazione molto reale.
- intervista di Matteo Grandi