Ci vogliono le palle anche per essere povero, per questo la gente in Veneto e Emilia-Romagna, stando a quanto emerge dai CAF, si vergogna di chiedere il reddito di cittadinanza e, nonostante i tanti aventi diritto, solo un terzo ha fatto domanda.
Per ottenere il reddito c’è una lunga trafila di operazioni spiacevoli da prendere in considerazione per la prima volta. La prima: l’ammissione. Devi guardarti allo specchio e dire: sono nei casini. È lì che ti parte la testa, e sono molti infatti che rimandano o negano l’evidenza. Senso di fallimento, paura del giudizio, l’illusione che tutto si risolva, si entra in una nebulosa illusoria, una nebbia che inghiotte e da cui non si sa come uscire. Così ti trovi a sentire storie di amici squattrinati che scommettono gli unici 20 sacchi rimasti sulle partite cercando il colpo, o ti incontri al bar sempre con un amico che non ha il riscaldamento e si vergogna di ospitarti a casa con le stufe a gas – quelle con le bombole, quelle che ogni tanto uccidono qualcuno con le esalazioni notturne.
Capisco che sia brutto chiedere soldi perché ti espone, perché sai che in qualche modo la pagherai, o col karma o con gli interessi. Vivi con poco, una multa può alterarti le finanze, ti metti i vestiti di tre anni fa, non puoi andare a cena fuori o in vacanza, non puoi mai essere come gli altri. E che vergogna dire: non vengo perché non ho soldi. Più facile tergiversare, inventare scuse, addurre malattie immaginarie che prima o poi somatizzi.
Alla società fanno schifo i poveri, sono il nostro più grande terrore. Peggio ancora i new poor, quelli che all’apparenza sembrano normali, invece sono con le pezze al culo. Chiedi i soldi ai genitori, fai pagare la cena al tuo ragazzo, aspetti il film in streaming per non andare al cinema. E guai a piagnucolare perché questi sono lussi, perché i tuoi nonni hanno fatto la guerra e i tuoi si sono fatti con niente. Ma che cacchio di vita fai senza queste piccole evasioni? Diventi un insetto, ti spiaccichi sul divano a guardare Chi l’ha visto? e pensi che prima o poi ci finirai anche tu. Hai 40 anni e non ti puoi comprare una lavatrice. Hai 20 anni e non puoi fare il corso di cucina. Lussi. Il reddito di cittadinanza dovrebbe darti i soldi per la spesa, le bollette, i beni essenziali. Una roba da pidocchi. Ed è tutto documentato, quindi metaforicamente ne devi rendere conto. Già sei in bolletta, ora ti senti in debito. Ti viene la depressione perché sono due anni che cerchi lavoro ma non c’è. Lo psicologo costa 80 euro l’ora e non ci puoi andare. È un lusso anche quello. Così come le carie ai denti da un centone l’una. Te le tieni. Se sei a questo livello sei depresso e andare a chiedere i soldi a uno Stato che in un certo senso è co-responsabile di questa condizione è ancora più doloroso. Hai paura che rispunti fuori con gli interessi tra qualche anno. Ti scoccia rendere conto, ti fa sentire un adolescente.
Io auguro a chiunque di non vivere queste sensazioni perché prima si ammala la mente, poi lo spirito. Spero che chi è in difficoltà si sappia riprendere. Un po’ di soldi aiutano, ma la differenza la fa ognuno di noi, già dal primo piede che mette giù dal letto al mattino. Sono solo soldi, fottetevene e se ve li danno prendeteli, ma non saranno loro a curare quel buco enorme che avete nel petto, quello lo potete tappare solo voi. Lo so che essere poveri fa schifo, lo sono stato anche io, forse lo sono ancora, so che avete le palle a fare la spesa all’Eurospin e a mangiare quella merda e rinunciare al biologico per risparmiare e sono con voi. Sono solo soldi, fottetevene. Tutto scorre. Me l’ha insegnato Bukowski che era poverissimo e mangiava solo una tavoletta di cioccolata la sera ma non si piegava e scriveva, scriveva, scriveva e ha pubblicato a 50 anni. E come lui tutti i miei miti. Se non ve lo dice nessuno ve lo dico io: tirate fuori le palle e ce la farete. Cambiate, scappate, buttatevi, chiedete, partite. Se tutto è fermo muovetelo voi. I soldi sono solo un mezzo.