‘365 giorni’, il porno-soft inguardabile che tutto il mondo sta guardando | Rolling Stone Italia
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‘365 giorni’, il porno-soft inguardabile che tutto il mondo sta guardando

È arrivato zitto zitto anche su Netflix Italia il ‘Cinquanta sfumature’ polacco (ma a sfondo siculo-mafioso) che fa impazzire l’America. Di cui nessuna femminista si è accorta. Almeno per ora

‘365 giorni’, il porno-soft inguardabile che tutto il mondo sta guardando

Non c’è mai una femminista quando serve. Distratte dalla statua di Montanelli, le ragazze non si sono accorte che il film più visto al mondo in questo momento è una roba per cui davvero dovrebbero salire sulle barricate. Il film più visto al mondo in realtà non lo so se è vero, ma poco ci manca. Dell’esistenza di 365 giorni, arrivato su Netflix nel silenzio generale (siamo sempre tutti impegnati in dibattiti più urgenti), mi sono accorto scrollando giornaletti e blogghini americani. Uno di loro titolava 10 cose da sapere su Michele Morrone, e io sono cascato dalla sedia. Lo ricordavo tritone di Sirene, incompresissimo capolavoro kitsch-generalista, che ci faceva di colpo sulla bibbia JustJared? Ho scoperto dunque la febbre (no: la pandemia) scoppiata appunto negli Stati Uniti per il film, di produzione polacca: altro dettaglio sufficientemente meraviglioso. E, mentre noialtri stavamo a discutere la riapertura dei cinemini, 365 giorni non solo è arrivato zitto zitto anche sul nostro Netflix: è finito in poche ore tra i titoli più visti.

Ma torniamo alle femministe. Nella prima scena, ambientata su un torrazzo del tipo saraceno di quelli oggi convertiti in resort di lusso, il padre (pardon: patriarca) del protagonista, nonché capoclan di mafia, dice al figlio (in italiano: sulle lingue torneremo): «Le belle donne sono il paradiso degli occhi e l’inferno dell’anima». Il figlio conclude: «E il purgatorio del portafogli». Dopo il menagramissimo «Un giorno tutto questo sarà tuo» (la famìgghia? il resort di lusso?), il padre cade a terra mortammazzato: non è spoiler, succede al minuto tre. Non procedo con la trama, così nonsense da diventare (forse) geniale. Vi dirò solo che, da quella quinta etnea, spunta una polacca – produce la Danzica Film Commission, ve l’avevo detto – e che da Goodfellas (vabbè: L’onore e il rispetto) si scollina molto presto in territorio Cinquanta sfumature di grigio. 365 giorni sarebbe dunque da catalogare come pornazzo-soft (erotico gli farebbe troppo onore), dato che è tutt’un guardare-ma-non-toccare (almeno fino a un certo punto) in cui le donne dovrebbero essere padrone del loro destino e invece sono variamente rapite, raggirate, legate, recluse. C’è una femminista in sala? No, l’abbiamo capito.

Citavo L’onore e il rispetto, avrei potuto scegliere qualsiasi pietra miliare (cioè tutte) di Teodosio Losito, il più compianto e rimpianto showrunner italiano, chissà se in Polonia sanno chi è. Però non c’è solo lui. Se mezzo mondo sta guardando un film inguardabile, è perché l’archetipo è, come si dice oggi, derivativo: Losito non si era inventato niente, figuriamoci questo Fifty Shades of Pierogi. (Davanti a una tavola di sfincioni e sarde a beccafico come per la festa di Santa Rosalia, la polacca chiede i ravioli del Paese suo: anche qui ci vorrebbe una femminista, a denunciare il ritratto della donna poco emancipata che «ah, come cucino io non lo fa nessuno».)

Dicevo: nessuno s’è inventato niente, dunque siamo ben contenti (vabbè, virgola) di vedere grandi successi in sequenza mixata come Scarface e Titanic, ma a prua dello yacht cafone; e ovviamente Pretty Woman, con l’immancabile giro nel quadrilatero della moda, però di Ragusa (o quel che è). C’è pure una scena di tango argentino tra l’italiano e la polacca (cultural appropriation!), che parlano tra loro in inglese perché i mafiosi non sono più quelli di una volta, il mondo degli Harmony è diventato multiculturalissimo (ma – altro disclaimer – ancora troppo bianco), qui si parlano diciotto lingue, quando in realtà di lingua ne conta una sola (chiedo scusa).

Il film è lungo due ore, che già è una roba da pazzi, ma la durata percepita è quella di una serie in ventisette puntate. Probabilmente lo diventerà, considerato il finale apertissimo a un sequel: lo stavano proprio girando, anzi, poi il Covid ha bloccato le scopate. Attendiamo dunque il numero due con sesso mascherato, stavolta non nel senso di bondage, bensì di mascherine chirurgiche, ad occultare solo il volto delle donne sempre biotte. Però son sempre biotti pure gli uomini, cioè la nuova star internazionale Michele Morrone. Insomma c’è parità, come equissima è la regia: Barbara Białowąs e Tomasz Mandes, chiunque essi siano. Cinquanta e cinquanta: non sfumature, ma quote di genere. Persino nei (finti) pornazzi da grandi platee. Forse per questo nessuna ne parla.