Pinguini Tattici Nucleari voto: 10
Sono il gruppo preferito di mio figlio (20 mesi), se sono sopravvissuto al lockdown lo devo a questi ragazzi che sanno suonare, anche se fanno finta di fare un pop pacioccone, ma soprattutto sanno scrivere alla grande. Se avete dubbi recuperate Scatole, un capolavoro, Lake Washington Boulevard o Cancelleria, per citarne tre, e in ogni loro pezzo quelle rime, quei giochi di parole, apparentemente semplici, hanno sempre una genialità delicata e come in un puzzle compongono storie, sentimenti, suggestioni, ricordi. Il giorno che capiremo – e capiranno – la loro grandezza, sarà sempre troppo tardi. Hanno quell’insostenibile leggerezza di essere capaci di farsi amare da ogni generazione: per le note senza tempo, le parole senza rete, la narrazione per immagini (e senza paraculaggini). A X Factor il medley non rende del tutto loro giustizia – si poteva dare più spazio – ma ora tutti sanno che hanno anche facce perfette per un film indie americano. Magari dal titolo wertmulleriano, tipo Maledetto cuore che ti sciogli ogni volta che dico addio.
N.A.I.P. voto: 9
Ci vogliono palle cubiche per prendere un pezzo degli Afterhours, difficile, datato, particolare, fottutamente bello come Milano Circonvallazione Esterna, gioiello del fine millennio scorso. Perché è uno di quei pezzi con cui puoi solo farti male. Il grande pubblico non lo conosce e quindi l’empatia è scarsa, ha degli ostacoli ritmici e metrici notevoli per un’interpretazione alla N.A.I.P., infine Manuel non è uno tenero. E quando parla di “una versione che mi rende orgoglioso”, vale più di un Grammy, perché non ha solo mostrato gradimento, ma l’essere fiero di essere stato reinterpretato da uno che ritiene un suo pari e che l’ha “sfidato” con tutte le carte a sfavore. Ma a naso il ragazzo – sì, ha solo 30 anni, anche se sembra coetaneo di Elio (duetto clamoroso ne La canzone mononota, anche per la generosità del secondo) – non è uno che ami vincere facile. A Sanremo gli daremmo il Mia Martini, qui che so potremmo inventarci il Morgan d’oro, l’Asia d’Argento (lo so è pessima) o il Maionchi di bronzo. Premio della critica, dove sei quando servi?
Casadilego voto: 8
Io quando ho sentito Lego House da Ed Sheeran, ho sorriso, mi son detto “beh, figa”. Quando l’ho ascoltata da Casadilego mi è venuta la pelle d’oca. E il bello è che questa ragazza, che ha solo 17 anni, fa sembrare tutto così normale che tu non metti in discussione il suo talento, la sua performance, le sue interpretazioni del testo, della tonalità, delle armonie. A volte, anzi, la dai per scontata (la scorsa settimana non sono neanche riuscito a darle un voto, perché sarebbe stato “è Casadilego, ok, di che vi stupite?”), come quel campione che se non fa una dozzina di dribbling, una tripletta e due assist quasi rimani deluso. E allora hai solo paura che uscita da X Factor, il mercato se la mangi, la omologhi e le faccia perdere quella magia che ha nella voce e nelle mani. E in questo talent, in cui è stata la migliore per qualità media delle prestazioni, il peggio (anzi il meno meglio) lo ha dato quando si è avvicinata pericolosamente al pop. Continuo a cospargermi il capo di cenere per aver sospettato fosse un bluff. Shame on me.
Non chiamatela la Billie Eilish italiana, che fate un torto a entrambe. Lo fate solo perché hanno lo stesso parrucchiere di Ju Morisawa (questa è per pochi, se l’avete capita al volo ho una brutta notizia per voi: siete diversamente giovani).
Little Pieces of Marmelade voto: 7
Con Alberto Ferrari dei Verdena bene, ma non benissimo. Un po’ il timore reverenziale, un po’ star dietro a quel fenomeno non è facile, un po’ l’italiano che non sanno ancora abbinare bene alle proprie caratteristiche, un po’ forse l’emozione. Che loro fino a qua non pensavano proprio di arrivarci. Per una volta sembra che provino ad andare in sicurezza, a portarla a casa. Ma poi arrivano gli Alabama Shakes e solo per la scelta dovrebbero dargli la finale d’ufficio. Tornano se stessi, quelli che provano a farsi eliminare facendo del rock come fossero in un locale underground in cui far tremare i muri, e si riprendono tutto quello che è loro. Ora però in finale a casse dritte, ragazzi.
Blind voto: 6
Ottimo con Madame – e non era facile, visto che la seconda era al suo esordio in tv, lui invece sembra, anzi è, ormai un veterano –, come sempre fa il suo, il solito. Ottima presenza scenica, costumi sgargianti che porta con coraggio, il sorriso da Pierrot risolto, un uso onesto e massivo dell’autotune (ma poi succede qualcosa sul suo Como Habla, sulla base di Good Times di Ghali, e pur con la voce incerta capisci che non gli serve poi così tanto), un percorso di miglioramento costante. Rassegniamoci, la sua fetta di mercato esiste – il pop trap, o viceversa – e visto che dobbiamo conviverci, meglio lui di altri. Una sola cosa: a chi ricorda Simona Ventura come un giudice scarso, ricordiamoci sempre che lei portò Mahmood e Emma Blind. Che la prima fece incazzare Arisa in un momento epico di tv e l’altra passerà alla storia per i suoi giudizi-monologhi che sembrano più situazionisti delle conferenze stampa di Eric Cantona, più improbabili e deprimenti dei peggiori sketch di Lundini (oddio, anche i migliori, non c’è differenza), più incomprensibili dei calcoli di Zaia sul Coronavirus. Ovviamente accenna al “razzismo” (dove, quando, perché?), ma probabilmente è per non perdere l’allenamento sul populismo un tanto al chilo. Ah, signorina Marrone, un consiglio: se la si prende in giro perché ripete sempre le stesse cose, il consiglio è non scherzarci su sempre con la stessa battuta.
Lo so, sono un cuore nero. Lei, invece, d’oro e di panna: a Hell Raton malato di Covid (epica gaffe di Mika che lo spiattella a Hot Factor, la Collu ha quasi un infarto) ha dato una grande mano, seguendo anche le under di Manuelito che stava in smart working. Per quello merita otto.
Mydrama voto: 5
Era la vittima designata. Troppo più brava Casadilego di lei, troppo tesi i rapporti tra i giudici dopo lo scorso giovedì perché fosse possibile che Manuelito se ne portasse due in finale lasciando un collega a bocca asciutta all’ultima puntata. E poi, sinceramente, non l’avrebbe meritato: pur con grandi qualità, è come se per lei X Factor non ci fosse stato, la lasciamo come l’avevamo trovata, promettente ma incapace di trovare un’identità definita, nonostante su di lei il cast tecnico della trasmissione si sia impegnato molto, regalandole forse i costumi, le scenografie e la fotografia migliore. Di lei ricorderemo più le smorfie offese a ogni piccolo appunto dei giudici che i momenti musicali. Detto questo, in questa semifinale ha cantato meglio di Blind – quello con Izi è stato il miglior duetto della serata –, il suo sorprendente sfidante al ballottaggio. Se ne va dopo la sua serata migliore, ma paradossalmente è forse questo che la condanna. Se il meglio è questo, giusto rimanere ai piedi del podio, con il sospetto che o l’abbiamo sopravvalutata o probabilmente ha sbagliato genere. Oppure se ne va perché nessuno avrebbe retto il discorso di addio di Emma a Blind e lei è stata la vittima sacrificale perché noi tutti ci salvassimo. Se è cosi, grazie. Di cuore.
I giudici voto: 4
Autori, produttori, sospettiamo soprattutto Alessandro Cattelan devono aver detto loro che avevano esagerato giovedì scorso. Anzi, a dirla tutta, ieri sembravano essere stati costretti al fair play, tutti a lodare tutti anche perché con i feat della prima manche c’erano troppi colleghi per poter esagerare in negativo. Ma anche dopo, non tirano mai fuori le unghie. Anzi, al massimo se le limano parlando amabilmente tra loro. Il momento più appassionante è quello sul “testosterono” (o testostirolo?) di Mika, che comunque avrebbe fatto addormentare pure Jason Statham in Crank o Christian Bale ne L’uomo senza sonno. Manuel fa intuire che han messo loro la museruola – quando dice “questo non è il nostro show, è il vostro” a Mydrama, capisci che gli hanno rapito i Melancholia e messo una testa di cavallo nel letto –, poi ci toglie ogni dubbio facendo un complimento a Mika, con cui si scambia persino sguardi d’intesa. Emma Marrone cerca di scatenarsi addosso del body shaming con un trucco che se lo guardavi troppo a lungo rischiavi la labirintite (era una citazione, lo so, ma dicendo di cosa faremmo un torto a lei e all’opera a cui è ispirato il make-up), Hell Raton è bono pure con gli orecchini di nonna Assunta, ma ieri aveva la verve di Giuseppe Conte quando risponde ai giornalisti.
Il regolamento di X Factor voto: 3
Sono le due di notte e ho appena finito di sentire l’album dei Melancholia. Una bomba. Qualcosa non va se non sono in finale, lo ha detto un giudice, non il sottoscritto. Hanno detto: è una gara e hanno cantato male Bjork. Verissimo, ma oggi Blind è andato peggio di Mydrama ma hanno fatto valere la storia del primo nel programma. Qualcosa deve cambiare nella struttura del format che in queste settimane ha mostrato la corda. Intanto serve uniformità di giudizio e forse una manche veloce in cui tutti (o almeno i tre di ogni categoria) cantino la stessa canzone potrebbe essere un primo passo. Altrimenti l’assegnazione dei giudici e le attitudini personali finiscono per incidere troppo sulle serate. Il tilt, inoltre, è un’arma troppo facile di ricatto dell’ultimo giudice e un tatticismo elementare che va tolto di mezzo: se il pubblico comanda, e lo fa troppo, siamo ad Amici e allora tanto vale sbracare e invitare Pio e Amedeo e i divi annoiati, tipo John Travolta, non fare i radical chic e far duettare i concorrenti con ospiti che sono andati in tv meno di loro. In ogni caso le ultime due edizioni ci dicono che il format è ancora valido ma è andato in sofferenza. Quest’anno gliel’ha salvato Manuel Agnelli, le sue scelte musicali, le sue presentazioni da Pulitzer e la cazzutaggine con cui ha affrontato tutto e tutti. Ma il re del mondo non capita sempre.
Tha Supreme voto: 2
“Se la elimina sto tipo mi sparo”, su Instagram così si esprime il 19enne, sodale di Hell Raton a Machete. Prima di oggi pensavamo che fosse schivo per ammantare di mistero il suo personaggio animato e di viola vestito, ora sappiamo che parla poco perché quando lo fa le spara grosse. Nel bel mezzo della puntata, con la correttezza di un Trump e il conflitto di interessi di un Berlusconi lancia questo macigno su Blind, dall’alto dei suoi 1,2 milioni di followers, per condizionare il ballottaggio, e non contento si produce anche in una chiamata alle armi “raga correte a votarla”. Una figuraccia per lui e per l’amico. Col sospetto che volesse fare lo sgambetto a un futuro rivale che già vola nello streaming. Sedati i giudici, ecco che l’asilo Mariuccia riapre a casa Machete.
Mika a Hot Factor voto: 1
Quando arriva in quel quarto d’ora extra, spegne il cervello. Sempre distratto – alla prima puntata guardava proprio il cellulare, in un’altra ha ripetuto le cose appena dette da un altro giudice, ieri era troppo impegnato a giocare con i tecnici delle luci che facevan cambiare colore al suo pulloverino da pariolino anni ’80 – si lascia sfuggire sul gong che Hell Raton ha avuto il Covid. Gelo, non si doveva dire. Il cerbiatto mannaro è diventato gatto spelacchiato e rimbambito? Può essere, oppure no. Un giorno capiremo chi manovrava chi tra il Libano e Mr. Machete. Ora tutti nella cantina studio di Vergo! Ops.