Home Visit sanguinosa quella dei quattro giudici, tutti se ne vanno a letto con qualche dubbio, se non pentimento. Era inevitabile per Manuel Agnelli, di sicuro quello arrivato con cinque realtà creative di alto livello, più difficile per Emma che non aveva fenomeni (forse uno) e probabilmente sbaglia gli altri due, quasi impossibile per Manuelito che è riuscito a convincere di avere una grande squadra solo Salvatore Esposito. Ma solo Savastano con i suoi metodi potrebbe far vincere Hell Raton, quest’anno. Infine Mika: hai sempre il dubbio che scelga i concorrenti perché possa brillare solo lui. Tante le eliminazioni dolorose, servirebbe un quinto giudice. Magari Asia Argento o Mara Maionchi, visto che la rappresentanza femminile da una parte e l’altra del tavolo è ai minimi storici. Ma noi abbiamo un nome che metterebbe d’accordo tutti: Lillo.
Erio voto: 10
Mentre sei lì con la posa pensosa del critico musicale che ascolta il pezzo in cuffia per poter sentir meglio qualità e difetti, con la faccia del sommelier che assaggia un vino pregiato e cerca le parole giuste per mostrarsi competente e critico, lui ti toglie pure il respiro. Mentre provi ad argomentare che l’uso del falsetto può essere eccessivo, così come la sua firma così potente e persino invadente sulle cover, perdi l’orientamento. Perché quando Erio canta, il tuo corpo protende verso di lui, i sensi sono attratti da quella capacità interpretativa totale e totalizzante, ogni pezzo sembra, anzi diventa suo quando ci mette mano. E alla fine di ogni sua performance sei Julia Roberts in Pretty Woman quando va a vedere l’opera e all’anziana bene che le chiede un parere sullo spettacolo dice «mi si sono aggrovigliate le budella». Caro Manuel penso che Erio farà fare gran figure di merda a molti di noi. Pioveranno bruschette nell’occhio.
Fellow voto: 9,5
Quando si fa questo tipo di pagella, bisogna adottare il metro di giudizio dei tuffi. Moltiplicare il voto che vorresti dare per il coefficiente di difficoltà. Ecco, Federico ha fatto un doppio carpiato all’indietro con quadruplo avvitamento portando Benjamin Clementine nel “dentro o fuori” più importante della sua vita. Incoscienza giovanile e fiducia in un timbro di voce e una capacità interpretativa straordinari (dispiace per Karma, bravo, ma massacrato nel confronto), ieri ha mostrato un salto di qualità, di carattere, di ambizione. Arrivato alle audition come un virtuoso, ora giunge ai live come uno da battere.
L’outfit da oggi era straordinario quanto il suo talento, ha una presenza scenica clamorosa, si muove in modo ipnotico, ha un colore e un calore in quella voce particolarissima che sono irripetibili. Ha anche troppa onestà intellettuale quando Manuel le dice «hai un colore solo, bellissimo, ma non credo tu possa fare ogni tipo di genere e di canzoni» e lei risponde «questo è vero». Li capisci che gli altri sono concorrenti e lei è un’artista. Ma in fondo a lei cosa frega dei live, voleva solo dirci che è nata una stella. Una superNava, per la precisione, che ha inediti di altissimo livello (è il primo disco figlio di questo X Factor che comprerò, il suo) e promette live bellissimi. La sua sfortuna è stata finire nel roster migliore, quello di Agnelli, e insistere su una nicchia contigua a Erio. Manuel l’ha scartata perché troppo brava, forse ingombrante, per rimanere nella sua comfort zone tenendosi due gruppi e per aver maggiore varietà di soluzioni quando i live si faranno duri e gli “specialisti” finiranno per soffrire.
gIANMARIA voto: 8,5
Scegliere Mio fratello è figlio unico poteva sembrare un passo falso. All’inizio qualcosa stona, poi arrivano le sue barre, arriva il gIANMARIA che potrebbe far commuovere i partecipanti di un rave, che si fermerebbero per ascoltarlo e passerebbero dall’euforia alla depressione con la velocità con cui Salvini cambia idea. Come Erio ti porta in universo parallelo ed etereo, lui ti lancia con un’innocenza punk negli abissi della sua rabbia elegante. Qui, tra l’altro, dimostra di avere una voce e un senso dell’armonia notevoli, laddove prima ci aveva catturato con tonalità spezzate e una melodia di rottura.
Phill Reynolds voto: 8
Diremo una bestemmia, ma era fuori gara. Uno così che va a X Factor (come pure Erio, non a caso in giro da anni) è un segnale forte di fallimento del sistema musica che non fa emergere talentacci come i loro. Manuel, è vero, non lo prende perché è troppo caratterizzato sul suo genere di polistrumentista New Orleans con voce alla Tom Waits e potrebbe essere difficile (come per Nava) andare altrove, ma anche perché è un artista fatto e finito, uno a cui lui può dare del tu. Parlano la stessa lingua e un talent non migliorerebbe nulla in Phill (e anzi, forse, gli toglierebbe qualcosa in termini di identità, esattamente come sarebbe potuto succedere a Nava). Ma fa male pensare che non ci sarà quella voce, quell’accarezzare gli strumenti con ruvida delicatezza, quei baffi. Ieri poi tatuato e con la canottiera, con gli occhiali a lente grande, sembrava uno splendido caratterista di un film porno d’epoca. Un genio vero e la sua versione di I Fought the Law rifatta anche dai Clash era bella in modo quasi insopportabile. Al posto suo Agnelli si è portato i Mutonia. Sarà per questo che con gli occhi spiritati ha intimato loro: meritatevelo!
Core de Roma voto: 7,5
Senza nulla togliere a Salvatore Esposito che affianca Manuelito per lanciare la quinta stagione di Gomorra (e dire «stai senza pensieri» al giudice in crisi, ovviamente) e a Simone Marchetti di Vanity Fair, i romanissimi D’Innocenzo e Giallini la fanno da padrone. I primi partecipando molto, anche emotivamente, all’home visit meno interessante (i concorrenti di Emma erano una spanna sotto gli altri) e come sempre cogliendo aspetti e visioni altre, il secondo con il suo chiodo e l’enciclopedica conoscenza musicale riesce a dare pochi ma azzeccati pareri ad Agnelli che probabilmente grazie a lui riesce a risolvere qualche dilemma cornutissimo. Tra tutti e due, certo, ci si chiede come si siano salvati i Bengala Fire.
Mutonia voto: 7
La loro è una bella storia. Cominciano bacchettati da Manuel Agnelli e il loro destino sembra segnato. Poi gli fanno una Adele che è quasi meglio dell’originale senza tradirsi, anzi rivelandosi (un po’ il contrario dei Westfalia). Ieri tirano fuori dal cilindro una Psycho Killer che normalmente è patrimonio dell’Unesco e reinterpretarla è reato e tirano fuori un’altra prova maiuscola. Basta dire che i loro rivali cantavano con loro. Ovviamente come tutti noi a casa: “fa fa fa fa fafffaffafafa”. E arrivano ai live da sfavoritissimi (solo tre settimane fa nessuno avrebbe scommesso su di loro). Se se la giocano bene sono loro i veri eredi dei LPOM.
Ludovico Tersigni voto: 6
Ora comincia il bello. Il ragazzo ha talento e si vede, per ora forse lo hanno protetto troppo. Anche con belle idee – le suonate con Agnelli, le chiacchierate con le nonne da nipote d’Italia, le incursioni al tavolo dei giudici e le attività gggiovani in esterna per ricordare a tutti che c’è stata una svolta generazionale – ma un po’ troppo “plastificate”. Anche ieri il suo puntellare la trasmissione girando Roma in skate facendo la voice-over di se stesso con pensieri profondi (che un paio di volte precipitano nel Bacio Perugina, ma che alla fine reggono) sapeva ancora troppo di biglietto da visita. Il ragazzo ha carattere, ironia, cultura: tiriamole fuori anche senza rete.
Nika Paris voto: 5
Brava, bella, intonata, un po’ E.T., dice Mika. Noi diciamo molto it. It pop per la precisione. Si nasconde dietro una gran voce “commerciale” e un francese eccellente che usa per scontrarsi, oggi, con Serge Gainsbourg. Che a 16 anni non puoi capire, se non sei Kurt Cobain o Fabrizio De André. Concorrente ideale per Mika, ma attenzione che potrebbe rivelarsi un cul de sac. Una sola lingua, finora, una bellissima voce che però sconta il non aver vissuto le esperienze che servono a dare uno spessore altro a certi pezzi, a certe note che sembra amare o in cui sembra volersi rifugiare. Ha talento, ma sembra aspirare ad essere un’iconcina pop, il bel faccino e la bella vocina da esportare dalla Bulgaria con amore. Troppo poco, forse.
Versailles voto: 4
È uno dei più bravi qui in mezzo, stava per buttare tutto con la sua performance peggiore finora (cosa successa a molti in queste home visit). Giocarsi l’arrivo ai live con un proprio inedito è come bluffare con una coppia di sette. Puoi farlo, se sei bravo la sfanghi, ma devi essere soprattutto fortunato. Il suo Patico magari crescerà in questi giorni, ma non ha l’impatto né l’attitudine per valorizzarlo. Fortunatamente Manuelito decide di non farci caso e lo prende lo stesso. Vero è che pure imbavagliato avrebbe battuto i suoi rivali, ma rischiare non è stata una mossa saggia. E il modo in cui reagisce all’ammissione al live, lui sfrontato al limite dell’irritante finora, denuncia tutta la sua consapevolezza di aver toppato.
Westfalia voto: 3
Bravi sono bravi. Oppure lo erano, perché va detto che dopo lo splendido esordio ci siamo tutti fidati di quella prova, Mika compreso. Uno che non si fida neanche della sua ombra. Eppure il credito dato a questi ragazzi ha fatto vittime notevoli. Ieri portano un pezzo brutto ed eseguito di mestiere e senza picchi, i Karakaz per molto meno vengono rimbrottati da Manuelito, eppure finiscono ai live. Anche chi scrive è convinto abbiano dei numeri, ma il sospetto che siano tutto cofana di capelli e niente arrosto c’è.
Mika voto: 2
In una squadra già non irresistibile si perde i Mombao. Loro non lo aiutano, perché portano La cura di Franco Battiato: scelta interessante per mostrare a Mika che non sono solo tribalità chic, riff di batteria e teatralità, ma è mancato loro il coraggio di stravolgerla davvero. Un compito ben fatto, ma da loro ti aspetti che ti tolgano la terra sotto i piedi ogni volta. O che almeno la facciano tremare. Il 2 va a Mika però perché non ha avuto il coraggio di sorprenderci e sorprendersi e perché gioca per vincere e per questo perderà come sempre (ma facendoci ridere e godere con e della sua cattiveria). Rimane il fatto che la loro eliminazione a favore dei Westfalia grida vendetta.
Donne voto: 1
Una di numero. Anzi no, due. Una in meno dell’anno scorso (anzi due in meno, visto che oltre alla categoria di Emma c’erano i Melancholia con una leader femmina). X Factor 2021 ha accettato un solo tipo di diversità rispetto a quella del maschio bianco: quella tricologica. Capelloni improbabili e calvi ieratici non sono stati discriminati (ma chi aveva la frangia fino al naso e chi non si pettinava sì). Scherzi a parte, è inquietante che l’edizione del come as you are si sia rivelato un autogol così clamoroso sul fronte del genere: una rappresentanza così striminzita è da record negativo (e non può essere casuale, ai bootcamp erano 4 donne su 34 concorrenti, percentuale ancora più risibile). E non vale neanche il discorso di un’offerta molto standard, improntata troppo spesso sul bel canto: chi come Nava è andata oltre e altrove rimane a casa. Contiamo molto su Vale LP (7): ieri si capisce che ha garra, cazzimma e qualità artistiche da come si riprende da un errore non facile da recuperare e la sua Che dio di benedica, cover di un gran pezzo di Pino Daniele, è sexy, arrabbiata, sofferta, originale, potente, dolorosa. Un po’ come lei. E meno male che era all’Home Visit con Emma, mica siamo sicuri che gli altri tre l’avrebbero portata ai live.