Nella galassia composita di una destra mai così mediocre, divisa e a corto di argomenti, la quota leghista è riuscita ancora una volta nell’impresa di distinguersi per inconsistenza. A inizio gennaio, i deputati leghisti hanno presentato alla Camera una proposta di legge che prevede un’ulteriore stretta sulla maternità surrogata – per chi negli ultimi anni fosse vissuto in una caverna: si tratta di un metodo di riproduzione assistita in cui una donna provvede alla gestazione per conto di una o più persone.
Quello del Carroccio è il più classico degli argomenti-fantoccio, dato che in Italia la surrogazione è già una pratica medica vietata, punita con la reclusione da tre mesi a due anni e con sanzioni pecuniarie da 600mila a un milione di euro. La Lega, però, trovandosi col fiato corto e intuendo che lo scettro di leader dello schieramento è ormai pertinenza esclusiva di Giorgia Meloni, ha deciso di provare a conquistare la testa della “battaglia a difesa della vita”, solleticando le simpatie del sottobosco puritano del Family Day, del mondo cattolico più estremista e intransigente e di tutti gli emuli di Adinolfi che chiunque ha incrociato la mattina al bar almeno una volta nella vita.
L’intento è, ovviamente, quello di fornire un ritratto di un Paese allo sbando e in piena “crisi di valori” – e non si capisce come sia possibile credere a questa favoletta, dato che l’Italia non è di certo la patria europea dei diritti civili: solo per rinfrescare la memoria, viviamo nel Paese in cui la marijuana è equiparata alle droghe pesanti e nessuno può contare sul diritto di decidere quando porre fine alle proprie sofferenze.
La domanda sorge spontanea: davvero la Lega si è ridotta a dovere imitare la piattaforma politica di un Popolo della Famiglia qualsiasi? A Rolling Stone non vogliamo crederci e, anzi, siamo disposti a darle una mano per risalire la china: ecco una lista di 4 cose a cui la Lega dovrebbe pensare prima della lotta alla maternità surrogata.
Corruzione internazionale
Anche se – complice la pandemia – è un po’ passato in sordina, il caso dei finanziamenti illegali russi alla Lega ha tenuto banco per mesi, rivelando un piano che il Carroccio allestì ad arte per spartirsi mazzette milionarie in un’operazione petrolifera che avrebbe dovuto anche finanziare la campagna elettorale per le Europee del 2019. Magari, organizzare una campagna di sensibilizzazione per inasprire le pene previste per il reato di corruzione – che attualmente è punito con la reclusione da uno a vent’anni – potrebbe risollevare i consensi di una Lega morente. Suggeriamo anche uno slogan facilone ma potenzialmente efficace: “L’Italia agli incorruttibili”.
Incitamento all’odio e apologia di fascismo
Un’altra battaglia che la Lega dovrebbe attestarsi è quella per l’attuazione della legge Mancino e della legge Scelba. È ormai noto che importanti esponenti del Carroccio abbiano frequentato – e, in alcuni casi, continuino a frequentare – ambienti filofascisti e nazistoidi: basti pensare al consigliere regionale Massimiliano Bastoni, vicinissimo all’estrema destra militante di Lealtà e Azione, e alla “Lega della Terza Posizione” decantata da Borghezio nell’inchiesta di Fanpage sulla “Lobby Nera”: magari organizzare una campagna per epurare i nostalgici dell’olio di ricino che popolano il partito potrebbe funzionare. Sull’incitamento all’odio, poi, il lavoro da fare è tantissimo, dato che le sparate dei rappresentanti leghisti potrebbero riempire zibaldoni interi; a titolo esemplificativo, riportiamo questa dichiarazione di Giancarlo Gentilini, l’ex sindaco “sceriffo” di Treviso: «Era domenica e ho visto nella zona della stazione decine di negri seduti sulle spallette del ponte, altri extracomunitari seduti sulle panchine e sacchetti e zaini attaccati penzoloni ai rami degli alberi. Il giorno dopo sono andato dal prefetto perché non tollero che Treviso diventi una terra di occupazione». Slogan suggeriti: “Fuori i fascisti dalla Lega” e “La Padania non ha colori”.
Sanità pubblica
Nell’agosto del 2019, sfoggiando una certa “lungimiranza”, l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti paventò l’ipotesi di depotenziare ulteriormente la medicina territoriale, in un periodo in cui la penuria di personale sanitario era già una problematica di primissimo rilievo. «È vero, mancheranno 45mila medici di base nei prossimi cinque anni», disse, «ma chi va più dal medico di base? Quelli che hanno meno di cinquant’anni vanno su internet, si fanno fare le autoprescrizioni, cercano lo specialista. Tutto questo mondo qui, quello del medico di cui ci si fidava anche, è finita anche quella roba lì». Dopo due anni di pandemia e qualche milione di morti, queste parole hanno un retrogusto un po’ tragicomico: suggeriamo un’iniziativa per de-privatizzare la sanità lombarda. In questo caso la scelta dello slogan è più difficile (e “Via i terroni dalle Rsa” puzzava già di vecchio dieci anni fa), ma confidiamo nelle doti comunicative del Carroccio (del resto, chi ha creato un evento talmente folle come il festival di Pontida e non ha alcun timore reverenziale nel circolare in pubblico con quei buffi elmetti cornuti e quelle cravatte verdi da rappresentante di aspirapolvere, beh, deve avercelo per forza, un po’ di estro).
Grilletto facile
Negli ultimi anni, la Lega ha avuto qualche problemino con i grilletti facili: dall’attentato di Macerata di Luca Traini nel 2018 alle doti da cecchino dell’assessore di Voghera Massimo Adriatici (che, lo scorso 20 luglio, uccise il 39enne marocchino Youns El Boussetaoui con un colpo di pistola). Forse è arrivato il momento di mostrare più intransigenza verso fucili, proiettili e iconografie militari. Lo slogan, banalmente, potrebbe essere “Niente piombo da Roma in su”.
Siamo convinti che, adottando questo programma, la Lega si trasformerà in breve tempo nel primo partito politico italiano: in bocca al lupo.