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Amadeus: «La politica fuori da Sanremo». E la destra si arrabbia

Il conduttore e direttore artistico mette le mani avanti rispetto a eventuali strumentalizzazioni del governo. E già arrivano i commenti di Gasparri, Santanchè & Co. Brace yourselves

Foto: Marco Piraccini/Mondadori Portfolio via Getty Images

La Rai è sempre più spostata a destra, e Sanremo che fa? Resta così com’è, dice Amadeus. A meno di un mese dall’inizio del Festival, il conduttore e direttore artistico è stato intervistato da Repubblica e ‒ oltre ad aver rilanciato l’ipotesi di una sesta edizione consecutiva ‒ ha fatto sapere che «la politica deve restare fuori da Sanremo». Insomma, niente interferenze da parte del governo, che a detta di molti ormai spadroneggia sul servizio pubblico e che già lo scorso anno, tramite il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, aveva chiesto e ottenuto che venissero commemorate le foibe sul palco. Stavolta, dice, ci pensa lui: «Il Festival è il più grande appuntamento musicale del Paese e chiunque lo fa deve farlo in assoluta indipendenza».

L’affermazione di per sé era neutra: si parlava di polemiche da «da destra e da sinistra», e lo stesso conduttore aveva precisato che «se sono stato attaccato da destra e da sinistra è perché sono una persona libera». D’altronde il Festival è un campo di battaglia buono per tutti i colori («me lo disse Baudo durante un famoso pranzo in cui mi diede preziosi consigli che mi aprirono gli occhi»), e negli ultimi anni non sono mancate critiche dalla parte più progressista del Paese, specie per quanto riguarda il ruolo affidato alle donne durante lo show o alcune uscite ritenute maschiliste.

Ma il riferimento è chiaramente per il governo Meloni e la possibilità che possa farsi sentire, magari dettando temi e priorità. Lo dimostrano le risposte piccate degli esponenti della maggioranza, che hanno messo le mani avanti e visto come un’accusa, o una sorta di processo alle intenzioni, le sue frasi. Prendiamo la Ministra del Turismo Daniela Santanchè: «L’anno scorso fu un Sanremo un po’ comunista», ha commentato, ricordando una sua battuta sull’edizione del 2023, «ma noi non interferiremo, noi siamo diversi. Siamo per una Rai pluralista». Stesso canovaccio per Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato. Prima si è lasciato andare a un nervoso «nun me ne po’ frega’ de meno», rigorosamente in romanesco. Poi ha lanciato un’altra frecciatina ad Amadeus: «Ha ragione, la politica stia fuori da Sanremo. Ma anche il Festival non si occupi di politica. Attendiamo fiduciosi». E ancora: «Un tempo si parlava delle canzoni di Orietta Berti, non del contorno». La classica storia dei cantanti che dovrebbero-pensare-a-cantare, senza interessarsi nelle questioni pubbliche e sociali ‒ a meno che non faccia comodo al politico di turno, viene da pensare.

Fatto sta che i motivi di scorno tra la destra e l’Ariston, in questi anni, sono stati parecchi. Salvini, per dire, è abbonato alla guerra: nel 2019, tra i tanti, se l’era presa con Claudio Baglioni, allora direttore artistico, per la vicinanza mostrata al dramma dei migranti, rilanciando poi la vittoria di Ultimo ‒ che era arrivato secondo, dietro a Mahmood, nonostante fosse primo al televoto ‒ come vittoria dell’artista “della gente” in un Festival invece deciso “dalle élite”; nel 2023, invece, aveva criticato la scelta di invitare il Presidente della Repubblica all’Ariston per la prima serata, nonostante Mattarella si fosse sistemato su un palco laterale e non avesse mai parlato.

Sulle frasi di Amadeus non si è ancora espresso, ma intanto quello che sembra proprio uno scontro culturale oggi è proseguito anche sui giornali. «Amadeus tuona, “basta politica a Sanremo”. Ma Saviano, Rula e Fedez li ha invitati lui», ha scritto Enrico Paoli su Libero riferendosi alla presenza, nelle ultime edizioni, di ospiti vari (artisti, giornalisti) che con monologhi e interventi avevano fatto infuriare la destra. Il suo intervento racchiude gran parte del pensiero della maggioranza, secondo cui ad aver portato “la politica” dentro all’Ariston sia stato proprio Amadeus. In realtà ‒ e basta rileggere le sue frasi ‒ il conduttore parla di tutt’altro: non è che i temi politici o sociali debbano restare fuori dall’Ariston, ma che non debbano essere i partiti a dettarli. Una questione antichissima, quindi, ma che quest’anno, in una Rai sempre più TeleMeloni, potrebbe tornare particolarmente di moda.

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