Loro fanno sapere di essere appena fuori Roma, di essersi visti e contati ieri sera su una piazzola sulla Nomentana, che la città «è circondata» e che da giovedì «marceranno» fino ai palazzi del potere (= Palazzo Chigi). Ma prima? Prima Sanremo. L’assist, neanche troppo a sorpresa a vedere lo storico, a questa già battezzata come «la protesta dei trattori» – cioè una serie di manifestazioni di agricoltori che stanno attraversando tutta l’Europa, in cui i contadini salgono sui propri mezzi, bloccano il traffico e lamentano alcune decisioni che vanno dalla transizione ecologica al rincaro delle materie prime mentre i prezzi sul mercato, dicono, restano uguali, anche in Italia – arriva da Amadeus, che in conferenza stampa ha fatto sapere di essere pronto ad accoglierli sul palco dell’Ariston durante la diretta. «Le proteste vanno ascoltate», ha spiegato. Anche questo è Sanremo.
Non fosse che l’invito ha suscitato il solito vespaio di polemiche, specie a destra. Basta vedere i titoli dei quotidiani: per Il Giornale «Sanremo sale sui trattori», mentre Libero rinfaccia ad Amadeus il diktat di qualche settimana fa («la politica non entrerà a Sanremo», vi ricordate?) con un «Amadeus sul trattore» – e un oggettivamente d’effetto «lasciatelo zappare». Sì perché le proteste degli agricoltori sono estese in tutto il continente, se la prendono con i governi di turno di qualsiasi colore, e qui hanno la mira sull’esecutivo di Giorgia Meloni. Che pure ha fatto intendere qualche simpatia nei loro confronti, ma che continua a ricevere accuse di immobilismo e latitanza da parte degli organizzatori, sempre più scettici. In più, è chiaro che il ministero dell’Economia non ha intenzione di aprire i rubinetti per aiutarli, in una situazione peraltro difficile per tutto il Paese. Prevedibile a questo punto «l’imbarazzo» della Rai che tutti i quotidiani tirano in ballo: in quella che per tutti è «Tele Meloni», dove si prova a silenziare ogni forma di dissenso al governo, c’è il rischio di ritrovarsi degli oppositori a parlare in diretta nello show più visto di tutte le tre reti e tutto, pensano, per quel diavolo di Amadeus. Ovviamente gli agricoltori hanno incassato l’invito con il sorriso: pare partiranno da Cuneo, direzione riviera, e «uno di noi salirà sul palco». A margine, e senza sminuire nessuno, mettiamoci pure che un ingresso dei trattori in piazza sarebbe di per sé scenico.
Vedremo comunque, in casi del genere la situazione cambia molto rapidamente e non è mai detta l’ultima parola. In ogni caso non sarebbe la prima volta che una protesta di questo tipo arrivi sul primo palco d’Italia. Era successo nel 1984 – conduceva, indovinate?, Baudo – con un migliaio di operai di Genova il cui stabilimento dell’Italsider era a rischio chiusura, e che manifestarono fuori al teatro nella serata d’apertura, fino a essere invitati sul palco; e si sarebbe ripetuto, tra gli altri, con Fabio Fazio nel 2000 e nel 2014, prima con le proteste per le quote latte e poi per le condizioni dei lavoratori nella terra dei fuochi. Qua e là, anche Pino Pagano, disoccupato, che minaccia il suicidio – nel 1995, presenta sempre Baudo, edizione fumantina pure per l’invasione di campo di Cavallo Pazzo – e i gillet gialli. Se Sanremo è il paese reale, allora Sanremo è anche questo.