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Amazon vs recensioni fake: in pratica, uno scontro fra titani

Amazon ha presentato in Italia una denuncia penale contro le recensioni false, quelle scritte dai furbacchioni che esaltano un determinato prodotto in cambio di omaggi o compensi e che, di solito, possono essere riassunte in un "Perfetto!" accompagnato da 5 stelline. Ce ne dovrebbe fregare? Sì, eccome

Per la prima volta – parlando di Europa – lo scorso 20 ottobre Amazon ha presentato ufficialmente in Italia una denuncia penale contro le recensioni false, quelle cioè scritte in cambio di prodotti gratuiti e compensi economici. Ce ne dovrebbe fregare? Sì. Per come sono state concepite fin dall’inizio, le recensioni online svolgono un’importante funzione economica per tutte le parti coinvolte. Dal punto di vista dell’acquirente, ad esempio, potrebbero fornire delle informazioni che il venditore non è tenuto a scrivere sotto al suo prodotto o si è “dimenticato” (…) di aggiungere. Insomma, il punto di vista dell’utente è molto diverso da quello di chi cerca di farti innamorare del suo oggetto, spingendoti a comprarlo.

Per Amazon – come si può facilmente intuire – non si tratta del primo provvedimento legale. Prima di quella italiana, il colosso del commercio online ha già intentato la sua prima causa civile in Spagna, ancora una volta contro un fornitore di recensioni false (Agencia Reviews). È successo anche negli Stati Uniti, dove Bezos di recente ha avviato altre dieci nuove azioni legali – oltre alle decine già esistenti – e in Germania, dove dopo la diffida di Amazon cinque siti web hanno reso noto di aver cessato la propria attività. Per quanto riguarda la denuncia italiana, pare che Amazon abbia individuato uno dei principali fornitori di recensioni false all’interno del nostro territorio: l’operatore è accusato di aver creato attorno a sé una vasta rete di persone incaricate di comprare prodotti su Amazon, recensirli con il massimo del punteggio, in cambio di un rimborso totale della spesa affrontata (e del prodotto, che rimane a chi lo compra).

L’obiettivo numero uno di un business di questo tipo è far salire il proprio prodotto in classifica (c’è chi lo fa anche per vie traverse, screditando cioè i prodotti dei competitor per far salire i propri), ingannando l’algoritmo di Amazon – che in questo modo mette in evidenza prodotti non necessariamente migliori di altri – e quindi l’acquirente finale (quello veramente interessato). Per dare qualche numero, secondo il rapporto di Search Engine Land, le aziende con più recensioni hanno il 54% in più di entrate. Nonostante la piattaforma di Bezos abbia reso noto di aver creato un team ad hoc – formato da investigatori, avvocati e altri specialisti – che si occupa unicamente di stanare i truffatori, sarà difficile però stroncare un mercato che si muove tra più di 11mila siti web e gruppi social (principalmente Facebook e Telegram), gestiti da chissà quante persone.

Il World Economic Forum ha stimato che nel 2021 le recensioni online hanno influenzato 3,8 trilioni di dollari di spesa globale solo nel settore dell’e-commerce. Tuttavia, in media, utilizzando i dati ufficiali e le segnalazioni dei principali siti di e-commerce del mondo (tra cui Trip Advisor, Yelp, TrustPilot e Amazon) si è calcolato che il 4% di queste sono false. Tradotto in termini economici, l’influenza diretta delle recensioni online false sulla spesa online globale ha un impatto di 152 miliardi di dollari.

È un problema, dal momento che, in linea di massima, come mostrato nel Market Monitoring Survey del 2020 della Commissione Europea, i consumatori spesso si affidano alle recensioni quando prendono decisioni di acquisto. Per fare un esempio, il 71% degli intervistati ha dichiarato di considerare le recensioni molto importanti nella scelta dell’alloggio per le vacanze, e nel report di Review trackers si legge che i clienti non si fidano delle aziende con valutazioni inferiori a 4 stelle.

Fonte: Review Trackers

È un comportamento del tutto normale, che appartiene al nostro “essere umani” e parte dalla psiche. Come spiega la psicologa Chiara Cilardo, quando siamo chiamati a fare una scelta – compro questo o quest’altro? – tendiamo a cercare quanti più “indizi di contesto” possibili per due motivi: orientarci e ridurre lo sforzo cognitivo (molto meglio se qualcuno si è già arrovellato il cervello prima di noi ed è arrivato ad una conclusione comparando diversi prodotti).

Ma, nel caso di recensioni non veritiere, tutto questo “sforzo” risulta vano e stabilire delle regole, come si intuisce, non basta. Amazon è infatti dotata di un suo regolamento che vieta ovviamente ai commercianti di promuovere i propri prodotti in questo modo. Quello che non si sa è che chi non rispetta tale normativa è perseguibile dalla legge. Nello specifico: chi scrive recensioni false può essere accusato di diffamazione e sostituzione di persona. È vero, il primo caso può riguardare anche un utente non “pagato” che scrive una recensione ai limiti dell’offensivo. Questo non significa che non possono essere più scritte recensioni negative: l’importante è non oltrepassare il limite del “diritto di critica”. Proseguendo, per chi acquista recensioni false il rischio è di «essere bannati o declassati dalla piattaforma per violazione delle clausole contrattuali» e di essere accusati di concorrenza sleale. Invece vendere pacchetti di recensioni false può portare al carcere, a cui si potrebbe aggiungere la richiesta di risarcimento danni da parte dell’azienda che le ha subite.

Beccare la fonte però non significa risolvere il problema, almeno non nell’immediato. Partiamo dal presupposto che prima di eliminare una recensione, perché segnalata come falsa, la piattaforma necessita di tempi di verifica – che possono protrarsi fino a 100 giorni. Insomma, il tempo di portare a casa qualche risultato c’è e i vantaggi per l’operatore sembrano superare i rischi. Tra l’altro anche una volta eliminata, gli effetti della recensione – il prodotto più alto in classifica, ad esempio – possono durare fino a quattro settimane dopo.

C’è un enorme rischio, però, che passa in secondo piano e che poi, alla fine dei conti, se accadesse sarebbe la fine di tutto: perderci. Gli utenti, una volta scoperto l’inganno, iniziano a diffidare del marchio. E diffidare del marchio significa non comprarlo più. Va da sé che è nell’interesse dello stesso, per questi motivi, mettere sui piatti della bilancia pro e contro e valutarli bene, tenendo a mente una cosa: “sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma”, tirando fuori una vecchia citazioni di un film di Verdone.

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